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martedì 27 settembre 2016
Migranti: l'Europa non deve chiedere aiuto alle dittature
Esiste una evidente contraddizione, tutt’altro che risolta, nel proponimento di contenere il flusso dei migranti verso l’Europa mediante un accordo con l’Egitto. Questo intendimento, che proviene da Berlino, ricalca lo schema adottato dall’Unione Europea con la Turchia, che tanti dubbi ha suscitato. Appare chiaro che le ragioni morali di stipulare un accordo con una dittatura, un regime che ha perso ogni contatto con la democrazia, e quindi appare la cosa più lontana possibile dall’Europa, siano in contrasto con ogni principio che tutela i diritti civili più elementari e, che dovrebbero essere alla base di ogni scelta politica proveniente dal vecchio continente. La Germania caldeggia questa soluzione perchè teme il disfacimento dell’Unione Europea ed, attraverso di esso, l’ampio mercato che si è ricavata. Ma è una soluzione che può valere soltanto nel breve periodo, in un lasso di tempo maggiore, questa soluzione, potrà rappresentare un elemento di ricatto destinato ad aggravarsi. Del resto l’esperienza con la Turchia non è certo confortante: la scelta di arrivare a patti con una sorta di dittatura si è rivelata un compromesso, che anche sul lato pratico, non ha permesso di risolvere il problema dei rifugiati. Certo il problema di fondo è che alcuni stati europei, quelli dell’Europa orientale, si rifiutano di dividere il problema con gli stati del sud; si tratta di un atteggiamento che sfrutta il vuoto legislativo di Bruxelles ed anche il sentire comune delle nazioni del nord Europa. Tuttavia la soluzione di accordarsi con paesi dove sono in vigore delle dittature diventa soltanto una aggravante della vicenda. Se, storicamente, gli stato occidentali, prima delle primavere arabe, subivano questo problema in maniera limitata e circoscritta, proprio grazie alla presenza di dittature sulla sponda meridionale del Mediterraneo, l’evoluzione attuale non dovrebbe permettere di ripetere questa soluzione, sarebbe come non avere preso atto dei cambiamenti storici in corso e delle nuove sensibilità che dovrebbero essere state recepite. Però, al contrario, si può affermare che le esigenze pratiche rendono non applicabili queste condizioni. Il problema reale è che non si considerano abbastanza le problematiche morali per trattare con una dittatura, non in senso astratto, ma proprio in termini di convenienza. L’atteggiamento di Gheddafi sembra essere stato dimenticato dagli stati europei, ma è stato bene assimilato da alcune dittature come elemento di pressione sugli stati occidentali: attraverso la regolazione dei flussi migratori si riesce a ricattare gli stati più vulnerabili a questo fenomeno. Ma Turchia ed Egitto sembrano avere compiuto un salto di qualità, rispetto ai vecchi dittatori che si accontentavano di strumenti finanziari per fermare, almeno temporaneamente, il traffico delle persone. Ankara, prima, ed ora Il Cairo, hanno compreso che oltre all’aspetto economico, possono ottenere anche forme di vantaggi ben maggiori, attraverso accordi internazionali ufficiali. La prima cosa che viene assicurata è una visibilità internazionale che serve a rompere un isolamento dovuto proprio alle condizioni imposte nei propri paesi. Questo aspetto non è certo secondario, in quanto accresce, sopratutto sul piano interno, il prestigio del dittatore, che si vede riconosciuto da un soggetto internazionale, un ruolo sancito da un trattato. Questo aspetto va a costituire una sorta di complicità con chi ha ridotto i diritti civili ed usa mezzi coercitivi nei confronti degli oppositori ed, in generale, sulla popolazione per affermare il proprio potere. Questo trattamento riservato alla cittadinanza del proprio stato rappresenta una garanzia della mancanza dei requisiti minimi, che dovranno essere offerti ai profughi nelle strutture dove dovranno essere ospitati. In pratica ci si accorda sulla possibilità concreta che i migranti finiscano in gigantesche prigioni, senza alcuna garanzia sul loro trattamento. Tralasciando le ovvie considerazioni morali su potenziali situazioni che persone che fuggono da condizioni di violenza e miseria, potranno subire, occorre concentrarsi sui reali benefici di questa scelta per gli stati europei. Appare evidente, che l’obiettivo di chi non ha più niente da perdere sarà comunque tentare di arrivare dove si era prefissato. L’approccio con il problema dei flussi migratori si deve risolvere con altri metodi, investendo le somme stanziate per gli accordi con le dittature, essenzialmente in due modi. Il primo è quello di ridurre le migrazioni per mancanza di alimenti e quelle determinate dagli effetti del clima, intervenendo nei paesi di origine, attraverso protocolli rigidi, che assicurino l’effettiva destinazione degli investimenti, mentre la seconda modalità, che riguarda i paesi attraversati da conflitti, deve essere gestita con procedure di accoglimento condiviso, senza costringere i profughi ad essere vittime dei trafficanti di uomini, stabilendo criteri di arrivo il più veloce possibile. In questo modo verrebbero tolte le possibilità di ricatto da parte di paesi con governi non presentabili e si potrebbe anche rinunciare ad avere rapporti con essi.
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