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martedì 2 maggio 2017
Hamas assume posizioni più moderate
Hamas prova a darsi un nuovo volto ed un nuovo assetto, più moderato, per smarcarsi dall’identificazione con le posizioni più estreme dell’islam e per provare a trovare un nuovo terreno d’intesa con Israele. La posizione di Hamas, fino ad ora, è stata la più intransigente nei confronti dello stato israeliano, spesso molto lontana ed in contrasto con il Presidente dell’Autorità palestinese, Abbas; ciò è stato fonte di divisione tra le due principali componenti, che costituiscono il movimento per la liberazione della Palestina. L’estremismo di Hamas si è sviluppato, sia in modo concettuale, che pratico, assumendo una strategia intransigente verso Israele, ad onore del vero alcune volte giustificata dall’atteggiamento di Tel Aviv, che è sempre stata contraddistinta dalla negazione del diritto ad esistere dello stato israeliano e dalla adozione di una via militare per cercare di risolvere la questione. Tel Aviv imputa ad Hamas il ripetuto lancio di razzi verso il suo territorio e l’adozione di una pratica di guerriglia, mediante l’uso avanzato delle gallerie,delle quali Hamas fa uso, sia per introdurre terroristi, che per consentire i rifornimenti alla striscia di Gaza, da anni sottoposta a sanzioni ed isolamento proprio da Tel Aviv. La prima decisione approvata da Hamas è quella di interrompere le relazioni con i Fratelli musulmani, particolarmente invisi al governo egiziano, per recuperare le relazioni con Il Cairo; questa decisione implica una rinuncia ad un alleato identificato con l’integralismo musulmano ed ha la doppia valenza di cercare di liberare dall’influsso religioso la questione palestinese, insieme a quella di guadagnare il favore delle autorità egiziane, sia per ragioni tattiche, che di vicinanza ed infine per l’amicizia che lega i governi egiziano ed israeliano; in questa ottica Il Cairo potrebbe aiutare la causa palestinese, guadagnando anche una visibilità internazionale, capace di rompere quell’isolamento che la sua condotta dittatoriale, gli ha provocato all’interno della comunità internazionale. Quello di rompere le relazioni con la fratellanza musulmana è soltanto il primo atto, di un atteggiamento più moderato, attraverso il quale presentarsi al mondo. Hamas arriva così al riconoscimento, per ora, implicito di uno stato israeliano quale vicino di uno stato palestinese compreso nei limiti fissati dal trattato del 1967. Si tratta di una novità assoluta per un movimento che ha sempre sostenuto l’integrità palestinese dal Giordano fino al mare. Hamas arriva anche a distinguere la comunità religiosa ebrea da quella sionista, responsabile dell’occupazione della Palestina, ciò rappresenta una novità assoluta nella visione dell’organizzazione che governa la striscia di Gaza. Certamente per Israele si tratta di aperture che non sono sufficienti e che Tel Aviv ha già condannato come non credibili, tuttavia l’apertura di Hamas meriterebbe un approfondimento, sopratutto se si volesse risolvere senza indugi la questione. Appare anche importante e rilevante che queste novità arrivino proprio alla vigilia di quando il Presidente dell’Autorità palestinese, Abbas, incontrerà a Washington il presidente statunitense Trump. Il nuovo inquilino della Casa Bianca, già in campagna elettorale ha manifestato simpatia per Israele, ma non del tutto a senso unico e potere ascrivere tra i suoi meriti il raggiungimento della questione israelo-palestinese gli servirebbe ad aumentare il proprio prestigio internazionale; il fatto che Abbas porti, come dote all’incontro, la volontà di posizioni più moderate di Hamas, potrebbe facilitare i colloqui e permettere agli USA di adottare un atteggiamento più risoluto in favore della soluzione dei due stati. Il cambiamento di Hamas pone Israele in un situazione di difficoltà, perchè diventa un elemento aggiuntivo per favorire il dialogo tra le due parti e che Tel Aviv non potrà continuare a non considerare con giustificazioni di circostanza. Se la naturale diffidenza è normale, la platea internazionale non potrà accettare ancora atteggiamenti contrari alla risoluzione della questione, come la volontà di costruire altri insediamenti sul territorio palestinese. Tel Aviv rischia di andare contro ogni possibilità di pacificazione con i palestinesi in maniera palese e troppo evidente, anche per una amministrazione americana come quella attuale, che si è dimostrata da subito ben disposta verso Israele. Ora occorrerà verificare con quale atteggiamento Trump affronterà i colloqui con Abbas, se ci saranno spiragli positivi Israele non potrà non tenerne conto ed indugiare ancora per procrastinare una soluzione solo quando sarà favorevole soltanto a Tel Aviv.
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