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venerdì 28 luglio 2017

Il parlamento USA vota le sanzioni alla Russia

Con l’approvazione di entrambi i rami del parlamento statunitense delle sanzioni contro la Russia, si evidenzia come la società politica americana, intesa come quella appartenente alle strutture costituzionali, sia lontana dal presidente degli  Stati Uniti e dai suoi sentimenti verso Mosca. Anche per Putin si è ora arrivati all’evidenza, che avere puntato tutto sull’elezione di Trump si è rivelato un calcolo sbagliato. Il voto di Camera e Senato degli USA, rivela una profonda distanza dalla massima carica monocratica statunitense, che si adegua anche alla base sociale del paese, che ha espresso il giudizio di gradimento più basso della storia per un presidente eletto da così poco tempo. Il calcolo di Mosca è stato viziato da una analisi poco approfondita dei sentimenti americani verso la Russia e dalle reazioni latenti sulle ripercussioni delle violazioni del diritto internazionale; i funzionari russi hanno dato una importanza troppo rilevante al ruolo dell’inquilino della Casa Bianca, non tenendo conto di tutti i poteri che ne possono bilanciare l’azione. Il grande sbaglio di Mosca è stato quello di identificare l’appoggio a Trump degli americani, derivante da insoddisfazione di origine interna, che non potevano essere di eguale valore per la politica internazionale e sopratutto per la percezione negativa che la società americana continua ad avere per la Russia anche dopo la caduta del comunismo. Il protagonismo di Putin è piaciuto solo ad una piccola parte degli americani, il resto ha identificato il nuovo ruolo che Mosca rivendica sulla scena internazionale come la riedizione dell’imperialismo sovietico, sopratutto a danno degli interessi geostrategici americani. Inoltre, non deve essere dimenticato, il caso dell’ingerenza del Cremlino sulle elezioni presidenziali ed i ripetuti attacchi informatici riconducibili a Mosca, hanno innalzato il livello di diffidenza verso i vecchi nemici. Ciò comporta per Trump un ulteriore ridimensionamento del suo programma elettorale, che, in politica estera, prevedeva il riavvicinamento con la Russia sulla base di nuovi rapporti diplomatici. Le ragioni dell’approvazione delle sanzioni sono insite proprio nell’azione della Russia nell’interferenza nelle elezioni presidenziali e nella sua azione contro l’Ucraina, compresa anche l’annessione della Crimea. In special modo la strategia di Putin era di evitare, con l’elezione della Clinton, una rinnovata attenzione mediatica sulla questione ucraina, con la conseguenza della cessazione delle sanzioni da parte americana, che avrebbe potuto provocare una scelta analoga anche da parte dell’Europa. Per Mosca le sanzioni sono fonte di difficoltà economica ed isolamento politico sulla scena internazionale, che è stato solo in parte mitigato con l’ingresso nello scenario siriano. Certamente il provvedimento del parlamento americano non è ancora effettivo e Trump potrebbe mettere il proprio veto presidenziale, tuttavia l’ampia adesione, trasversale nei due partiti, democratico e repubblicano, espone il veto del presidente statunitense ad una clamorosa smentita parlamentare, che porrebbe Trump in chiara difficoltà politica, sopratutto dopo il mancato raggiungimento dell’obiettivo di una nuova disciplina sul tema della sanità. Le reazioni di Putin, alle decisioni del parlamento americano, sono state di forte contrarietà: il presidente ha parlato di isteria contro la Russia e di deterioramento dei rapporti con gli USA, che può portare alla conseguenza di pregiudicare le attese possibilità di normalizzare il dialogo tra i due paesi. Si tratta di una reazione che esprime sorpresa per un provvedimento che, probabilmente, non era atteso e, che, se anche il presidente americano potrà attenuare, rivela come la distanza delle attese del Cremlino, sia ancora lontana dagli obiettivi, nei rapporti con gli USA, che la Russia si era prefissa con l’elezione di Trump. 

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