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giovedì 6 luglio 2017
La crisi migratoria come sintomo del fallimento dell'Europa
Il piano, che Bruxelles sta elaborando per gestire l’emergenza profughi, sembra basarsi su di un progetto che vuole coinvolgere i paesi africani per impedire le migrazioni. Al momento la distinzione che si attua è quella tra migranti per causa delle guerre, come i siriani, e migranti economici, mentre non vi è alcuna distinzione per chi è costretto ad emigrare dalle carestie di cibo e di acqua, per cui queste persone sono fatte rientrare nella categoria dei migranti economici. Queste distinzioni contengono in se una certa dose di ipocrisia, sopratutto se si pensa al trattamento riservato a quelli che fuggono realmente da conflitti presenti nelle loro zone di origine. Questa premessa è necessaria per inquadrare la situazione in cui l’unione intende muoversi per evitare che i problemi che sta patendo l’Italia, siano l’occasione di un grave conflitto diplomatico interno all’Europa. La posizione geografica del paese italiano favorisce il movimento migratorio dalla coste libiche, che si sta incrementando in maniera non più sostenibile per Roma; il problema è che questa emergenza non vuole essere suddivisa tra gli altri membri europei: all’ostilità più volte manifestata dai paesi dell’est europeo, si è aggiunta l’assenza di collaborazione dei maggiori paesi mediterranei, come Francia e Spagna. Inoltre vi è il ruolo, sempre più importante, giocato dalle Organizzazioni Internazionali non appartenenti all’Italia, che svolgono un ruolo meritevole, per quanto riguarda l’aspetto del salvataggio dei profughi, ma che non conducono queste persone nei porti dei loro paesi, ma in quelli più vicini, cioè sempre in Italia. La soluzione, nella prima fase, è quella di affidarsi ai libici per fermare il flusso dei migranti, attraverso una contribuzione economica sostanziosa; questa ipotesi presenta molte lacune, che, vanno, dalla reale volontà e capacità dei libici di svolgere questo compito, fino alla questione del trattamento ricevuto dai migranti, che, secondo numerose testimonianze, violerebbe i più elementari diritti delle persone. Questa soluzione, anche al netto delle perplessità sopra esposte, resta un piano di breve periodo, troppo soggetto a tante variabili, che ne possono precludere l’efficacia. Anche i maggiori contributi, previsti per l’Italia rappresentano una soluzione che deve essere intesa a gestire l’immediato, il proponimento è essenziale per evitare altre morti, ma non risolve la mancanza di coinvolgimento degli altri stati membri, condizione necessaria per una soluzione a livello europeo, quale elemento essenziale per continuare il dialogo tra i paesi all’interno dell’Unione. Sovvenzionare gli stati africani soltanto con denaro, una eventualità prevista da Bruxelles, appare ugualmente criticabile, sia perchè i governi ed i sistemi politici di questi stati presentano aspetti oscuri nella gestione della cosa pubblica, sia perchè sarebbe più utile sviluppare sistemi economici e produttivi in maniera congiunta, in modo da controllare direttamente l’impiego dei finanziamenti e la progressione dei progetti. Bloccare alla fonte il traffico migratorio è possibile soltanto consentendo una crescita dei paesi da dove questo fenomeno proviene, ciò è possibile con un impegno gravoso di risorse, non solo economiche, che soltanto una organizzazione sovranazionale come l’Unione Europea potrebbe garantire. Ma il problema è proprio questo: la mancata collaborazione all’Italia, lasciata sola, aldilà di tante parole, a gestire una situazione, che doveva essere più equamente divisa è il segnale e la conferma di una debolezza politica incapace di sorpassare le situazioni contingenti presenti nei singoli stati, come elezioni, gruppi di pressione al fine di potere avere una visione d’insieme, capace di permettere sforzi ed obiettivi comuni. L’incapacità di Bruxelles di gestire le crisi migratorie, probabilmente oltrepassa anche la questione finanziaria, che è stata centrale fino ad ora, proprio perchè investe la capacità di dimostrare che i valori democratici sui quali si fonda l’Europa non sono solo sulla carta. Senza trovare un’intesa valida la conseguenza dovrà essere quella di ridiscutere tutto il sistema della alleanze e della ripartizione delle contribuzioni verso Bruxelles, fino ad arrivare a porre regole certe, altrimenti il fallimento dell’Europa non potrà che essere riconosciuto.
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