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Politica Internazionale
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venerdì 28 luglio 2017
L'ambiguo comportamento di Macron
All’interno dell’Europa non c’è soltanto il problema di chi non condivide i problemi con gli altri stati membri, ma vi è anche chi si comporta in maniera non univoca, quando vi sono interessi economici tali da essere usati sul piano politico, per riequilibrare un malcontento presente all’interno del proprio paese. L’elezione di Macron a presidente della Repubblica francese era stata accolta con sollievo per lo scampato pericolo che all’Eliseo potesse sedere Marine Le Pen ed anche con una certa soddisfazione per quella che poteva sembrare un proseguimento entusiastico dell’adesione all’idea di un Europa come terreno comune. In realtà gli avvisi che arrivavano da diverse parti politiche e sociali francesi, anche non da parte della destra, erano tutt’altro che entusiastici; si parlava del nuovo presidente francese come una sorta di neoliberista, pronto a sacrificare le conquiste sociali a favore delle leggi dell’economia; tuttavia non ci si attendeva un dirigista ed un alfiere della nazionalizzazione, specie dopo che le imprese francesi avevano operato all’estero con la massima libertà e senza l’intralcio dei governi locali. Il caso della nazionalizzazione dei cantieri navali francesi da parte di un industria italiana di proprietà statale ha sollevato l’ennesimo dubbio sulle reali politiche che Bruxelles porta avanti e dovrebbe garantire. Lo scenario francese, al momento è però condizionato da un vasto calo di popolarità del presidente francese, in parte dovuto a motivi fisiologici ed in parte, quella più sostanziosa, dovuta alle politiche che si stanno attuando, che non sembrano risolvere i problemi dei francesi. In politica la classica risposta ad una difficoltà interna è quella di intraprendere azioni sul piano internazionale, capace di distogliere l’attenzione dal piano interno. Macron ha congegnato il suo piano cercando di colpire un paese, anche se alleato, che non deve essere piccolo, altrimenti la portata del suo intervento sarebbe ridimensionata, ma che ha della debolezza politica manifesta, sia per difficoltà congiunturali, sia per la scarsa autorità del suo esecutivo. Questo paese è molto vicino, addirittura al confine della Francia ed è l’Italia. Contro Roma l’azione di Macron si articola in due piani distinti: ilprimo è di contrasto internazionale sulla questione libica ed il secondo mira a negare il legittimo acquisto dei cantieri navali francesi, la cui quota maggioritaria era prima in mano sudcoreana. Entrambe le azioni di Macron rivelano una grande scorrettezza, per avere intrapreso una azione con modalità non certamente inquadrabili in un dialogo tra alleati. Il presidente francese con l’atteggiamento sulla Libia, sembra ricalcare l’azione del suo predecessore Sarkozy, colpevole di avere condotto una azione incauta ed irresponsabile. Per ora Macron è stato più cauto, ma è impossibile non ricordare gli interessi francesi sul petrolio libico e, nello stesso tempo, la chiusura manifestata contro l’Italia per la gestione dei profughi. Certo, Roma avrebbe bisogno di un governo maggiormente autorevole e capace di prendersi delle grandi responsabilità in campo internazionale, sia come figure ministeriali, che come sostegno del mondo politico; al contrario la presenza di un governo a termine, con un sostegno altamente variabile, consente alla Francia ed a Macron di mostrare il suo volto peggiore: quello della Grandeur, che si rifà al gollismo più retrivo, caratterizzato dalla assoluta mancanza di rispetto degli alleati. Con un governo forte l’Italia avrebbe modo di dare risposte adeguate sulpiano economico, facendo valere la centralità strategica di alcune imprese in mano francese, per riportarle sotto il controllo italiano, anche statale, e, nello stesso tempo, operare sul piano internazionale in modo efficace per arginare le iniziative di Parigi. Il problema centrale, però è un altro: quale è l’affidabilità di Macron in rapporto alla crescita, sopratutto politica dell’Europa? Siamo forse ad un uso di Bruxelles per accrescere il proprio potere e quello di Parigi, con lo scopo di conquistare una maggiore importanza per il paese francese, probabilmente in una competizione a due con la Germania? Se così fosse, e, per la verità lo sembra molto, le speranze riposte su Macron, in relazione allo sviluppo dell’Europa, sembrano essere vane. Ciò potrebbe essere un nuovo fattore di destabilizzazione all’interno di una unione sempre più vissuta come mezzo per accrescere i vantaggi dei singoli paesi, piuttosto che come obiettivo finale di una effettiva organizzazione sovranazionale.
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