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giovedì 19 ottobre 2017
Il presidente della Cina rafforza il modello cinese
L’inaugurazione del diciannovesimo congresso del Partito comunista cinese è avvenuta con il discorso di apertura del presidente cinese Xi Jinping, di fronte ai 2300 delegati. Il successo economico del paese cinese è stato l’argomento principale, attraverso il quale, la massima carica dello stato, ha sottolineato i successi passati della via cinese al socialismo e gli obiettivi futuri per lo sviluppo della nazione. Questo modello politico ha portato nel paese la stabilità sociale, grazie al progresso conseguito, ed è, quindi, alternativo alla democrazia, non ritenuta adatta per il popolo cinese, che non deve prendere i sistemi politici di altri paesi. Ciò che viene ribadito con tanta enfasi non è una novità: credere che con il progresso economico si possano aprire soluzioni democratiche per la Cina, è puramente illusorio, dato che proprio questo stesso benessere sembra funzionale ad una sorta di convincimento bonario che deve mettere fine ad ogni velleità di cambiamento del sistema politico. In sostanza il modello cinese si può riassumere come benessere economico in cambio di compressione dei diritti; del resto questa tendenza, seppure mascherata, sembra affermarsi anche in ambito occidentale, sopratutto quando si verificano le condizioni del mantenimento del posto di lavoro, in situazioni produttive disagiate, alle quali corrisponde una diminuzione di conquiste sindacali e, spesso, di salario. Anche se la Cina non ha un tessuto sociale delle società economiche mature, tipiche dell’occidente industrializzato, la tendenza che si sta affermando procede in questa direzione ed è, quindi, necessario per il Partito comunista aumentare la platea del benessere nel paese, per evitare derive democratiche orivolte contro ilpotere centrale. Tuttavia esiste anche il paradosso che un paese autoritario possa porsi come rappresentante del libero mercato internazionale, contro le tendenze protezionistiche espresse dagli Stati Uniti, attraverso il suo attuale presidente Trump. La volontà cinese si dimostra, infatti, orientata al profitto ed alla crescita economica, che non si può conseguire che tramite l’espansione dei mercati internazionali, sia dal lato dello scambio delle merci, che da quello della liberalizzazione degli investimenti. Xi Jinping si rende conto della necessità di dotare il paese di una struttura industriale più agile e meno sottoposta ai vincoli dirigisti della vecchia classe politica, ancora troppo legata a schemi sorpassati ed a logiche superate e troppo spesso coinvolta in gravi episodi di corruzione. Restano però le difficoltà ad avviare un ricambio della classe dirigente in grado di sviluppare una economia mista, cioè con il giusto equilibrio tra pubblico e privato; malgrado la grande liquidità disponibile da parte dello stato cinese, risulta anche vero che il grande indebitamento degli enti locali del paese non viene fatto rientrare nel computo totale e questa ragione potrebbe avere, in parte, provocato la necessità di affermare una volontà di apertura ad investimenti stranieri, chiamati a evitare lo scoppio di una bolla finanziaria, che potrebbe comporomettere la crescita economica. Certamente esiste anche la volontà di aprire le porte verso l’esterno per motivazioni politiche in grado di dimostrare la volontà di maggiore collaborazione della ina con il resto del mondo. Questo aspetto è ritenuto fondamentale dal Presidente cinese, anche come mezzo per accreditare il paese come grande potenza sempre più alternativa agli USA. La percezione è che Xi Jnping intenda usare il modello interno anche verso l’estero, cioè puntare tutto sull’espansione economica come mezzo per oscurare le proprie mancanze sull’aspetto dei diritti. Fino ad ora, a parte qualche raro episodio, l’intento cinese è riuscito in modo praticamente completo, la vastità di investimenti sottoscritti in diversi paesi, hanno impedito una critica della cronica mancanza di diritti del sistema politico cinese, tuttavia se la Cina ambirà ad esercitare anche politicamente e non solo economicamente il suo predominio, la questione non potrà non essere affrontata in maniera diretta. D’altra parte la sua presidenza si contraddistingue sia dalla repressione del dissenso interno, che dalla concentrazione di potere sempre maggiore come sua caratteristica peculiare, tanto che è ipotizzabile l’introduzione del suo nome nella costituzione cinese: un privilegio fino ad ora concesso solo a Mao Zedong e Deng Xiaoping. Il futuro per la Cina si annuncia, quindi, all’insegna del sempre maggiore sforzo economico, un maggiore benessere ma senza aperture sui diritti.
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