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martedì 21 agosto 2018
Le migrazioni problema sempre più globale
I fatti delle migrazioni che stanno coinvolgendo i cittadini del Venezuela, che, a causa, della difficile situazione politica ed economica del paese, stanno cercando di fuggire nelle nazioni confinanti: Ecuador, Brasile e Colombia, testimoniano come la questione migratoria sia diventata un problema mondiale da affrontare con soluzioni condivise. La popolazione venezuelana è di circa 31.700.000 persone e soltanto negli ultimi quindici mesi ben due milioni di persone hanno cercato riparo all’estero. La situazione del Venezuela rappresenta un esempio di come il fenomeno migratorio possa ormai estendersi a tutte le aree del mondo e sia diventato un problema globale. Se la questione raggiunge parti del pianeta che dovrebbero avere una certa stabilità occorre interrogarsi su come prevenire il fenomeno e poi come affrontarlo in maniera concreta. La situazione venezuelana mette in risalto come il pericolo dell’impoverimento di una nazione non riguardi più soltanto il continente africano o quello asiatico, ma potenzialmente può riguardare ogni nazione. Certamente i paesi del cosiddetto primo mondo hanno delle istituzioni che dovrebbero preservarli da situzione analoghe, ma che non possono impedire di essere il punto di arrivo dei disperati. Anche le reazioni dei paesi americani confinanti con il Venezuela, dimostrano preoccupanti analogie con i paesi europei e sono destinati a favorire la crescita di movimenti di destra, sintomo di chiusura ma anche di impreparazione alla gestione del fenomeno. Tra l’altro in Brasile si avvicinano le elezioni e questa situazione contingente può favorire in modo concreto il candidato della destra estrema, andando a ripetere le condizioni politiche che si sono prodotte in diversi stati europei anche a causa della questione migratoria. Certamente le condizioni politiche instabili, causate da mancanza di democrazia e presenza di corruzione, favoriscono l’insorgere di condizioni di povertà, che concorrono ad alimentare i flussi migratori; ma a queste vanno aggiunte le situazioni di conflitto, le condizioni climatiche e la carenza alimentare, che sono spesso connesse. In sostanza la mancanza dei presupposti di sopravvivenza, che investe una gamma molto ampia di situazioni, determina l’aumento del fenomeno migratorio verso società che non sono disposte a rinunciare a parti del loro tenore di vita. La gestione a breve periodo obbliga la ricerca di soluzioni temporanee spesso insufficienti ad una gestione efficace del fenomeno e che spesso determinano delle reazioni contrarie nelle comunità locali. Se è difficile trovare rimedi coordinati all’interno di soggetti che fanno parte di organizzazioni sovranazionali, come l’Unione Europea, ancora più difficile è cercare soluzioni condivise tra stati, che, nella migliore delle ipotesi, hanno solo rapporti di buon vicinato. L’errore più grosso è quello di non sapere prevedere il fenomeno e farsi cogliere impreparati; ciò rappresenterebbe una opportunità per le Nazioni Unite per uscire dall’apatia attuale e riguadagnare parte del prestigio perduto. La creazione di regole, magari inquadrate nel diritto internazionale, potrebbe favorire la prevenzione del fenomeno, basata sullo sviluppo dei paesi poveri e sulla sanzione dei paesi dove la mancanza di democrazia crea immigrazione. Certo i flussi migratori non si possono cancellare, così come la necessaria presenza dei campi profughi, che hanno il merito di fornire una prima assistenza; tuttavia regole internazionali condivise e strumenti efficaci in mano alle Organizzazioni internazionali sembrano essere l’unica soluzione percorribile per potere arginare il fenomeno e non creare tensioni all’interno dei paesi di destinazione. Il tutto tenendo sempre presente che senza un inizio di una politica di redistribuzione a livello mondiale, anche sbilanciata a favore dei paesi ricchi, le migrazioni, che sono comunque destinate a salire, diventeranno un fenomeno inarrestabile, capace di sovvertire gli equilibri e gli assetti economici mondiali.
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