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Politica Internazionale
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lunedì 3 settembre 2018
Le cause politiche del populismo
L’allarme per il pericolo di uno strravolgimento dell’Europa a causa del crescente populismo si fa sempre più netto. La crescita dei movimenti populisti, a cui si affianca quella altrettanto pericolosa dei movimenti di una destra sempre più estrema, contaminata da fascismo e nazismo, sembra essere arrivata come un fattore inaspettato ed inatteso; infatti ne le istituzioni di Bruxelles, ne quelle dei singoli stati e neppure i partiti progressisti, quelli del centro e quelli della destra moderata sono stati capaci di costruire una strategia valida per prevedere, prima, ed affrontare, poi, la deriva populista, con tutto ciò che comporta. Le cause però arrivano da lontano e riguardano per prima cosa lo stravolgimento degli obiettivi perseguiti dai partiti di sinistra. La rincorsa all’elettorato di centro, con bisogni anche contrastanti con quelli dei ceti più bassi, disoccupati, operai e impiegati di basso livello, ha spostato l’attenzione da tematiche di grande valenza sociale verso interessi più particolari, che hanno disorientato l’abituale elettorato di quell’area politica. Si è generata una sorta di abbandono politico di vaste aree sociali, che non hanno più visto tutelate le loro istanze ed i loro bisogni, generando un progressivo distacco dalla politica, confluito prima nella pratica dell'astensione e poi nel voto di protesta a favore dei movimenti populisti. Anche coloro che si impegnavano direttamente nella politica attiva hanno lasciato i partiti ed i circoli a causa di un abbandono delle strutture centrali contro il modello del partito diffuso a favore di strutture più leggere ma sempre più distanti dalle periferie; questo distacco ha creato dei dirigenti totalmente inconsapevoli dei reali bisogni della gente, che, nel frattempo, ha dovuto fronteggiare crisi economiche spesso provocate da personaggi che sono diventati contigui ai dirigenti dei partiti progressisti. Non solo, le ricette per rimediare a queste crisi hanno riguardato provvedimenti penalizzanti per i ceti più bassi e ciò ha aumentato il risentimento per il tradimento subito. Anziché preoccuparsi di creare poltiche a favore delle disuguaglianze sociali e per la redistribuzione del reddito i partiti rimasti progressisti soltanto nel nome, hanno attuato provvedimenti economici che hanno aumentato queste diseguaglianze, dannose anche dal punto di vista economico, perchè non hanno mai contribuito a risollevare le economie nazionali con un incremento di spesa, mai arrivato da parte dei ceti ricchi. La lezione inglese, dove il fallimento di Blair, non ha insegnato niente alle forze politiche progressiste, ha determinato l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, mentre sul continente si è arrivati ad una fase dove i maggiori paesi, governati da forze popolari o di sedicente sinistra, eliminavano le conquiste sindacali e riducevano lo stato sociale a favore di banche e finanza, cioè coloro che erano i responsabili materiali delle crisi economiche. Se nei partiti progressisti c'è stata una trasformazione contro natura, nei partiti di centro o della destra classica si è vista una trasformazione altrettanto netta, che ha tradito le politiche di coesione sociale e la meritocrazia a favore di posizioni di convenienza, che sono spesso sfociate in episodi di tecnocrazia a favore di determinati settori sociali, e, che comunque che sono andati, nei risultati, nella stessa direzione dei partiti progressisti. Quindi la presenza preponderante attuale dei movimenti populisti, ai quali si affiancano sempre più quelli di estrema destra, rappresenta un elemento di forte preoccupazione, ma da cui non può prescindere una analisi attenta delle responsabilità e delle cause della loro affermazione. Senza questa deriva dai propri ideali dei partiti di sinistra, centro ed anche destra, il populismo sarebbe rimasto un fenomeno numericamente contenuto e confinato ai margini della vita politica e sociale, così come non ci sarebbe la ripresa dell’estrema destra, abile a captare i bisogni dei ceti più sfortunato e rivolgerli contro i fenomeni migratori in una guerra tra poveri in versione nazionalista. Il disagio ed il malcontento della popolazione europea è un elemento tangibile che si è voluto sottovalutare per percorrere politiche che hanno esaltato la diseguaglianza ed ancora ora non si presentano correttivi efficaci. Una piena assunzione di responsabilità con una conseguente revisione che parta, prima di tutto, dai comportamenti politici e che investa le organizzazioni delle strutture dei partiti, con un'ottica di ritorno al passato per privilegiare la dimensione territoriale, appare il punto di partenza che deve condurre ad un profondo cambiamento orientato ai problemi reali dei cittadini, in aperto contrasto con programmi teorici e distaccati dalla realtà. Solo così si potrà iniziare un confronto reale con le politiche populiste e, forse, scongiurarne la pericolosità dei loro effetti.
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