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mercoledì 5 dicembre 2018

Il caso francese sintomo della democrazia malata

I disordini in Francia hanno provocato la retromarcia, anche se parziale, del governo. Il caso particolare francese espone una società in profonda crisi, perchè al governo c’è un personaggio eletto soltanto per evitare la destra estrema, ma che non rappresenta in maniera organica il tessuto sociale del paese. L’attuale presidente francese, infatti, al primo turno raggiunse soltanto il 24 per cento dei voti ed ha raggiunto la massima carica dello stato grazie alla congiunzione di un sistema elettorale fallace unito alla paura di una parte politica troppo avulsa dal sistema politico francese. Queste considerazioni non sono nuove e rappresentano riflessioni già fatte sul sistema francese, ma che è bene ricordare sempre per evitare derive pericolose come quella attuale. L'attuale presidente francese rappresenta un misto di tecnocrazia e liberismo, che finge di prestare attenzione ai problemi sociali ed economici della gran parte del paese, ma che impone soluzioni calate dall’alto, che paiono funzionali soltanto ad una parte, che è minoritaria, della società francese. Le ricette economiche del Presidente della Francia sembrano ancora una volta salvaguardare la parte più ricca del paese andando ad aumentare una diseguaglianza sociale troppo elevata, che rappresenta il principale pericolo per la stabilità del paese. Da qui ad arrivare a considerare una crisi della democrazia il percorso è breve. Una crisi che riguarda le democrazie europee, l’Europa, la sinistra e la destra liberale. Il problema sembra essere un legame troppo stretto con l’aspetto finanziario su quello politico, che porta a stravolgere le fondamenta del pensiero occidentale. Certo non c’era bisogno dei sintomi così evidenti che si manifestano in questi giorni in Francia, dove la protesta è espressione di una forma autonoma dai soggetti tradizionali, inclusi anche i sindacati, e che non sembra essere governata da alcuna entità, ma pura espressione di una rabbia causata da un disagio sempre maggiore. Questa protesta ha superato anche il populismo ed il qualunquismo, che pure sono stati l’evidenza più grande dei guasti della democrazia usata in maniera distorta, fino a diventare una sorta di oligarchia nelle mani della finanza. Spesso i fenomeni accaduti in Francia sono stati anticipazioni di accadimenti che si sono verificati anche nel resto dell’Europa. Per l’avanzata dell’estrema destra non è stato così, eppure l’esplosione della rabbia sembra essere stato soltanto rinviato a questi giorni, provocato da chi aveva evitato l’insediamento di parte politica pericolosa. Ancora una volta è impossibile comprendere perchè si continua a proporre ricette economiche che puntano ad impoverire la parte più consistente di un paese, aspetto che si riflette anche in Europa, producendo uno scontento sempre più diffuso, che è difficile da contenere. Quella che manca è una cultura della redistribuzione, del rispetto del lavoro, troppo tassato rispetto ai patrimoni, del merito, che risulta sempre meno importante ed infine dell’importanza dell’ascensore sociale, troppo bloccato a favore delle rendite di posizione di una parte sempre più piccola del corpo sociale. Queste soluzioni hanno un ampio spettro di potenziali applicazioni, che dovrebbero decretare la differenza di una visione politica più progressista rispetto ad una più conservatrice o il contrario, ma rappresentano una serie di valori comuni, che dovrebbero essere quelli da cui ripartire, per aggregare forze un tempo su fronti opposti, ma che il momento contingente dovrebbe aggregare per la salvaguardia dei sistemi democratici. Il punto di partenza è una visione che abbia al centro il benessere del corpo sociale inteso come struttura fondamentale della società e che, obbligatoriamente, riguardi il maggior numero di persone. Ciò deve attuarsi con una azione politica slegata dagli interessi della finanza, che troppo hanno influenzato lo sviluppo, purtroppo negativo, dei tessuti politici, che hanno abbandonato la loro funzione principale: il benessere sociale. Senza questi presupposti il contrasto  al populismo perde in partenza ed apre a territori inesplorati nei quali anche questi fenomeni potranno essere superati da scenari di difficile previsione, ma che non escludono il ricorso all’autoritarismo ed anche alla violenza.       

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