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giovedì 17 gennaio 2019
Bruxelles e Londra hanno entrambi bisogno di una decisione rapida sull'uscita del Regno Unito dall'Unione
La questione dell’uscita del Regno Unito dall’Europa appare sempre più difficile: il quasi scontato voto contrario all’accordo raggiunto dalle due parti, ha assunto proporzioni ancora più vaste di quelle pronosticate, perchè ha sommato la contrarietà di chi è favorevole ad una uscita praticamente senza accordo con Bruxelles con i contrari all’uscita dall’Unione. Alla fine, quindi, l’accordo, considerato troppo moderato non ha soddisfatto il parlamento inglese, che resta bloccato in una sorta di incomunicabilità al suo stesso interno. La premier inglese ha evitato la mozione di sfiducia, anche se per pochi voti, e ciò impedisce la possibilità di una nuova consultazione elettorale, che avrebbe potuto contribuire a dare maggiore chiarezza allo scenario. Per ora l’unico provvedimento messo in atto dalla premier è un incontro tra il governo ed i leader di opposizione, lasciando però fuori i laburisti, il maggior partito di opposizione ai conservatori. Tralasciando ogni eventuale considerazione sulla opportunità di questa scelta, la domanda è quale risultato possa ottenere questo incontro, che non sia stato raggiunto fino ad ora; ciò rivela, ancora una volta, come la premier sia incapace di trovare una soluzione che possa incontrare una soluzione interna condivisa, compatibile anche con le esigenze europee. Ciò non permette di sperare in una soluzione rapida e di fronte a queste difficoltà Bruxelles si è mostrata comprensiva delle difficoltà inglesi, ma, al tempo stesso, ha sollecitato Londra affinché riesca a trovare una soluzione entro il 29 marzo, data definitiva entro la quale deve concludersi il processo di uscita dall’Unione. La questione del limite del 29 marzo non è secondaria perchè a maggio ci saranno le elezioni europee e, se il Regno Unito non sarà ancora formalmente uscito, si potrebbe porre la questione di fare partecipare alla competizione elettorale un membro in uscita. L’idea che unisce tutte le capitali europee è quella di sfruttare al meglio il poco tempo restante, anche con un atteggiamento di flessibilità verso Londra. Dal punto di vista interno, per risolvere questa situazione sembrerebbe più appropriato, piuttosto che continuare con estenuati trattative politiche o anche di nuove elezioni, la ripetizione del referendum, senza, però, ripetere quegli errori che sono stati compiuti nella scorsa consultazione. Un quesito posto in maniera esclusiva come dentro o fuori l’Europa è la causa della profonda incertezza della situazione attuale. Non si può, infatti, limitare ad una domanda così ristretta il destino di un paese; inoltre il referendum che ha sancito l’uscita del Regno Unito dall’Europa,peraltro con uno scarto contenuto tra i favorevoli e contrari, si è svolto in una situazione di totale disinformazione, da un lato perchè si dava per scontata la vittoria di chi voleva restare nell’Unione, dall’altro perchè i fautori dell’uscita hanno tenuto volutamente nascosti diversi aspetti che avrebbero potuto invertire il voto di chi si diceva favorevole all’allontanamento da Bruxelles. Dalla data del referendum il dibattito sulle conseguenze dell’uscita dall’Europa ha polarizzato l’informazione inglese e, di conseguenza, si può affermare che ora la società britannica sia più informata e consapevole di che cosa comporti l’allontanamento da Bruxelles. Per facilitare ancora più le cose si dovrebbe rendere più esplicita anche la natura dell’accordo per la separazione con l’Unione e non, possibilmente, costruirla di nuovo da zero, ma, almeno, fermare alcuni punti fondamentali. La possibilità di un nuovo referendum incomincia a trovare disponibile anche i vincitori dell’affermazione dell’uscita , che vedono in questa immobilità un punto di debolezza per il paese e per come avevano concepito la nuova sovranità britannica slegata dall’Unione. Se si dovesse scegliere questa opzione, sembra difficile organizzare una consultazione referendaria in poco tempo, e comunque entro la fine di Marzo, nel mentre quale sarebbe lo status del Regno Unito nei confronti dell’Europa? Aldilà della disponibilità degli stati europei la questione deve essere definita: anche per l’Europa questa incertezza risulta essere imbarazzante perchè investe una serie di aspetti sia normativi, che economici. Dal punto di vista tecnico del principio, infatti, se Londra vuole uscire e non riesce a trovare una intesa interna, Bruxelles ha tutto il diritto di preservare la propria integrità, sopratutto di fronte a membri titubanti, ed imporre condizioni intransigenti, che sarebbero giustificate dalla rigidità inglese e dai privilegi concessi quando Londra era dentro l’Unione e che non ha saputo apprezzare, tuttavia le implicazioni economiche dell’uscita dall’Unione, senza accordo, non saranno negative solo per il Regno Unito, ma anche per il mercato delle merci verso il paese inglese. Alla fine il problema è sempre di natura economica e se ciò può rappresentare un ostacolo, può essere anche un motivo che possa concorrere alla soluzione
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