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martedì 19 marzo 2019
Bruxelles propone sanzioni per le imprese dei paesi che impediscono alle aziende dell'Unione l'accesso agli appalti pubblici
Il dibattito in corso nell’Unione Europea ed, in particolare nella Commissione Europea, in occasione della visita del presidente cinese, assume particolare rilevanza, sia proprio per la visita del capo di stato cinese, sia per gli sviluppi verso cui questa discussione potrà condurre. Non è diventato un argomento urgente soltanto ora, quello di garantire reciprocità ed uguaglianza di trattamento alle imprese europee quando operano al di fuori dell’Unione; la situazione attuale, infatti, presenta diversi ostacoli in numerosi paesi a cui appartengono aziende che operano in Europa liberamente e che ostacolano le aziende europee con barriere doganali, sopratutto nell’ambito delle commesse pubbliche. Nazioni come Cina, India, Turchia ed Indonesia, solo per citarne alcune tra le più importanti, impediscono, di fatto, l’accesso alle imprese europee al mercato degli appalti pubblici, mentre gli stessi paesi concorrono liberamente allo stesso mercato nel territorio europeo; la presenza della Cina, poi, assume valori preponderanti ed obbliga a considerazioni che oltrepassano le riflessioni di tipo economico,per investire gli ambiti della sicurezza e della protezione dei dati. Se il capo della Casa Bianca ha da tempo sollevato questo problema, per cercare di imporre una visione protezionistica e contraria alla globalizzazione senza controlli, con modi non certo diplomatici, si può essere in disaccordo sulle sue modalità, ma non si può non riconoscere che questa difficoltà esista realmente. Ci troviamo in una congiuntura mondiale sfavorevole per l’economia in generale e dove l’Europa accusa sofferenze legate alla scarsa disponibilità di investimenti, che comprimono la capacità di creare lavoro e redistribuire la ricchezza. Il ruolo della Cina, che ha grandi disponibilità finanziarie, ha assunto una importanza strategica che ha implicato il pericolo di un ingresso nelle economie europee che comporta contropartite che possono essere troppo elevate nel settore economico, ma anche nella politica. Dietro alla amancanza di reciprocità del trattamento delle aziende vi è una sorta di protezionismo al contrario, che crea allarme nei settori politicie sociali dell’Unione. Per la Commissione europea questo pericolo è reale ed il primo passo che vuole attuare è quello di creare meccanismi capaci di applicare restrizioni per le aziende dei paesi che ostacolano l’ingresso delle imprese europee nei mercati degli appalti pubblici. Per fare ciò occorre l’adesione dei governi dei paesi membri, che appare tutt’altro che definita. Germania, Spagna, pur pesantemente colpiti da questo fenomeno ed i paesi nordici sono contrari a questa decisione perchè individuano una volontà protezionistica, contraria alla politica di apertura al mercato che deve contraddistinguere Bruxelles. Ora la distinzione tra politica ed economia non è sempre possibile, ma in questo caso quello che appare importante è il raggiungimento di un obiettivo comune che possa oltrepassare i benefici a breve termine di un possibile investimento. Se da un lato la reciprocità di trattamento delle aziende di paesi diversi negli stessi mercati, dovrebbe apparire come un fatto di giustizia economica, perchè assicura una stabilizzazione della libera concorrenza, eliminando i fattori di squilibrio, dall’altro lato l’importanza di una decisione comune che tuteli gli aspetti politici dell’assicurare proprio la libera concorrenza, dovrebbe avere un valore ancora più alto dell’opportunità del guadagno economico come fatto singolo ed isolato. Troppe volte è stato lamentato a ragione, l’immobilismo di Bruxelles: in questo caso, dove la Commissione sembra avere preso l’iniziativa, Bruxelles meriterebbe più sostegno, anche come riconoscimento di unitarietà dell’azione politica a nome dell’Unione. Gli atteggiamenti di chi si dice contro il protezionismo, rivelano, invece un evidente protezionismo politico particolarmente affine a quel sovranismo, al quale quei governi dicono di essere contrari. La crescita dell’importanza dell’Europa non deve essere riferita solo al suo potenziale come mercato, ma anche all’autorevolezza come interlocutore politico proprio per consentire una dialettica che faciliti il lavoro per le sue imprese in modo da creare ricchezza per i suoi cittadini. Porre delle condizioni sull’accesso agli appalti pubblici può essere il primo passo per combattere anche quegli scompensi, basati sulla mancata considerazione dei diritti sul lavoro e le troppo basse retribuzioni, che facilitano l’industria privata dei paesi emergenti e che hanno creato le condizioni dell’attuale concentrazione della manifattura.
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