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mercoledì 13 marzo 2019
l'Iran cerca di essere l'alleato privilegiato dell'Iraq, rispetto agli USA
La visita del presidente iraniano Rohani in Iraq segnala un punto di svolta nella strategia di Teheran, sia in campo diplomatico, che economico, per fronteggiare le sanzioni americane. I due paesi dividono una frontiera comune di circa 1.500 chilometri ed, al momento, sembrano avere superato la storica rivalità presente quando Saddam Hussein era al potere. Il paese irakeno è composto da una alta percentuale di sciiti, circa il novanta per cento, ed ha per questa caratteristica una notevole affinità con l’Iran. Teheran ha individuato nel paese vicino una possibilità per superare le sanzioni statunitensi, che stanno condizionando pesantemente l’economia iraniana. Il progetto è quello di incrementare gli scambi tra i due paesi, che ora ammontano a circa 12.000 milioni di dollari, fino a 20.000 milioni di dollari; per fare ciò sono stati firmati accordi in settori importanti per entrambi i paesi, quali: energia, trasporti, agricoltura e industria. Tuttavia, il problema che più assilla l’Iran è quello di aggirare gli effetti che le sanzioni producono sul sistema dei pagamenti verso Teheran. Washington ha costruito un sistema sanzionatorio che si basa molto sulle transazioni di denaro verso il paese iraniano, penalizzando gli istituti bancari che consentono il flusso di denaro verso la repubblica degli Ayatollah. Le rispettive banche centrali avrebbero pensato un sistema di esportazione degli idrocarburi iraniani in Iraq e da qui venduti a paesi terzi mediante pagamento non più in dollari ma in euro. Se gli Stati Uniti hanno già minacciato Bagdad ed i suoi istituti bancari, occorre, però, tenere presente le esigenze del paese irakeno, che dipende in maniera molto forte dagli approvigionamenti di gas dell’Iran. Le sollecitazioni di Washington a diversificare i fornitori si scontrano con la maggiore economicità del gas iraniano, dovuta ai minori costi di trasporto, proprio per la contiguità tra i due paesi. L’Irak si trova, però, nella scomoda situazione di avere come principali alleati due paesi che sono profondamente nemici tra di loro, questa difficoltà potrebbe essere convertita in una opportunità dal governo di Bagdad, che non può rinunciare al rapporto con gli Stati Uniti, ma nemmeno, proprio per le ragioni espresse prima, può allontanarsi dall’Iran. L’Irak potrebbe giocare un ruolo, se non di pacificazione tra le due parti, almeno tentare di ridurre la tensione: occorre ricordare che esiste il punto di partenza della guerra allo Stato islamico, dove il ruolo fondamentale di Teheran è stato riconosciuto, seppure implicitamente, anche da Washington. Gli USA, malgrado le minacce, non possono sottoporre a sanzioni il paese irakeno, perchè le conseguenze sarebbero l’impoverimento di una nazione già in sofferenza economica e ciò potrebbe comportare un ritorno dell’estremismo islamico. Dal punto di vista diplomatico la visita del Presidente Rohani potrebbe avere come obiettivo proprio quello di rendere maggiormente privilegiato il rapporto tra Irak ed Iran, rispetto a quello tra Irak ed USA; ciò potrebbe rientrare nella strategia di contrastare la coalizione delle monarchie sunnite con gli USA (ed Israele) e rompere l’accerchiamento internazionale in cui si trova Teheran. Resta il fatto che a Washington un interlocutore di matrice sciita è essenziale nello scacchiere mediorientale, tuttavia Bagdad potrebbe avere non gradito la direzione data da Trump alla politica estera americana, che ha interrotto l’equidistanza di Obama tra sciiti e sunniti, per favorire i rapporti con questi ultimi. Questo sbilanciamento, però, obbliga Washington alla maggiore cautela possibile nei confronti di Bagdad, ma offre anche l’occasione a Teheran, vittima delle sanzioni Usa a seguito del ritiro unilaterale della Casa Bianca dal trattato sul nucleare, di sfruttare le maggiori affinità con l’Irak. La questione non è secondaria perchè l’amicizia con l’Irak serve agli Stati Uniti per presentarsi in una sorta di equidistanza di fronte alla questione religiosa che divide l’Islam, ma è anche importante dal punto di vista geopolitico, perchè permette di mantenere le sue truppe fin sui confini con l’Iran. La sensazione è che questa visita apra ad una varietà di scenari diversi, ma tutti in grado di influenzare il futuro della regione.
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