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martedì 14 maggio 2019
La crisi iraniana ulteriore motivo di attrito tra Washington e Bruxelles
La difficile dialettica tra USA ed Unione Europea ogni giorno sembra peggiorare. Dopo il problema della forza armata europea e la minaccia di sanzioni da parte di Washington, per la questione degli armamenti europei, il contenzioso si sposta sul rispetto del trattato del nucleare iraniano. Mentre è risaputo che le due parti sono su posizioni opposte, gli sviluppi delle vicende nel Golfo Persico, dove due petroliere saudite sarebbero state sabotate, aggravano il confronto. L’episodio delle petroliere sabotate, senza conseguenze per equipaggio e le stesse navi, sembra essere stato creato appositamente per innalzare la tensione tra Arabia Saudita e quindi USA, con l’Iran. Teheran ha smentito di avere avuto una parte attiva nei sabotaggi e l’entità non certo grave dei danni sembra fare propendere per un atto usato come pretesto, proprio nel momento che Bruxelles e Washington discutono dell’applicazione del trattato sul nucleare iraniano. La base di partenza della firma dui questo accordo non era un segnale di amicizia dell’occidente verso l’Iran, che resta un paese dove le libertà democratiche ed i diritti civili sono sempre più negati, ma un ragionamento di opportunità per contenere in maniera legale un potenziale sviluppo nucleare di tipo militare della Repubblica islamica. Trump ha rovesciato questo assunto anche a causa delle pressioni delle monarchie sunnite e di Israele, innescando una situazione di tensione dovuta al rinnovo delle sanzioni verso l’Iran, imposte anche alle aziende europee che intendono collaborare con Teheran. Forse l’intenzione del presidente americano è quella di provocare una rivolta nella popolazione, che costituisce la vera vittima del blocco economico, che provoca la crisi finanziaria del paese. Ancora una volta si tratta di un calcolo errato, perchè l’opposizione non ha alcuna possibilità all’interno di un regime che esercita un controllo rigido. La pressione americana sulla diplomazia europea ha il fine di ottenere l’allineamento di Bruxelles sulle posizioni della Casa Bianca, ma ciò appare molto difficile: il raggiungimento della firma sul trattato del nucleare è uno dei maggiori successi diplomatici dell’Unione ed un ritiro unilaterale come quello americano rappresenterebbe un perdita di immagine e credibilità difficilmente recuperabili, per un soggetto internazionale che, al momento, ha proprio nelle diplomazia uno dei maggiori punti di forza. Per la conspevolezza dell’importanza di questo aspetto, infatti, l’Iran percorre la propria strategia di cercare il rispetto dei patti da parte dei soggetti firmatari che non si sono ritirati. L’attualità della questione aumenta di importanza con lo sviluppo delle vicende del Golfo Persico, dove il pericolo di un incidente che potrebbe innescare anche un conflitto è sempre più presente, unito alla visita del Segretario di stato americano alla riunione dei ministri degli esteri dell’Unione, visita che ha determinato il rinvio di un giorno del programmato incontro con il ministro degli esteri russo. La presenza non programmata in Europa del Segretario di stato americano in un contesto così particolare potrebbe essere letta come la volontà di cercare di esercitare una pressione più diretta sull’atteggiamento dell’Unione, anche in vista di possbili sviluppi militari. Trump ha minacciato più volte l’Iran ed il verificarsi di sabotaggi o azioni di disturbo verso navi di paesi alleati potrebbe autorizzare gli USA a produrre delle risposte non propriamente diplomatiche, anche perchè Washington ha inviato nel Golfo Persico una propria flotta navale. La posizione europea è di grande preoccupazione ma resta inamovibile sulla questione del trattato: Bruxelles potrebbe sfruttare questa occasione per esercitare finalmente un ruolo da protagonista per risolvere la crisi potenziale in maniera diplomatica e ribadire l’assoluta autonomia politica rispetto ad un presidente americano sempre più sconsiderato.
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