In Germania, l’istituzione di un processo contro due torturatori siriani, potrebbe diventare una prassi rivoluzionaria per giudicare i crimini contro l’umanità, anche se commessi al di fuori dei confini nazionali. Anche in altre nazioni europee, come Francia ed Austria, si sono aperte istruttorie contro i crimini siriani, ma la particolarità del sistema tedesco può permettere un processo che si annuncia come una novità. In Germania il sistema giudiziario non richiede che la vittima di un reato o l’indagato abbiano nazionalità tedesca, come condizione affinché possa esplicarsi l’azione giuridica. Le condizioni perchè si siano verificate queste circostanze sono dovute alla disponibilità tedesca ad ospitare i profughi siriani in fuga dalla guerra e dal regime sanguinario di Assad; ma, sebbene la maggioranza degli immigrati siriani siano stati vittime della repressione, sul suolo tedesco sono stati anche accolti esponenti del govero di Damasco. In particolare due funzionari dei servizi segreti siriani, che hanno dichiarato di avere disertato e per questa ragione di avere chiesto ospitalità alla Germania. Tuttavia i due sono stati riconosciuti da diversi profughi che ne hanno denunciato l’attività repressiva costituita da incarcerazioni arbitrarie ed atti di tortura particolarmente violenta, condotta fino dalle prime fasi della rivolta siriana, che si è poi trasformata in guerra civile. La quantità degli oppositori che sarebbero stati torturati con la complicità dei due imputati pare essere molto elevata, si parla di alcune migliaia di persone, tanto da giustificare l’incriminazione per crimini contro l’umanità. La Germania, oltre al caso dei due indagati che dovrebbe sfociare in un processo storico, sta investigando anche su altri 27 funzionari del regime siriano per motivi analoghi, mentre la Svezia sarebbero 25 procedimenti in corso, in Austria 24 ed anche la Norvegia si appresterebbe ad aprirne uno. La portata di questo atto appare molto rilevante, sopratutto se estesa agli altri paesi dell’Unione mediante una direttiva da recepire nelle legislazioni nazionali. L’Europa potrebbe così recitare un ruolo di primo piano nella difesa dei diritti civili in maniera pratica e con effetti concreti, superando le numerose dichiarazioni di intenti a cui non è mai seguito nulla e che hanno reso l’azione di Bruxelles inefficace. I campi di applicazione di un tale intendimento potrebbero mettere l’Europa all’avanguardia nel contrasto dei soprusi arbitrari nei confronti dei diritti umani e nel loro mancato rispetto; tuttavia vi è bisogno di un’azione convinta degli stati europei nel loro insieme: la Siria ora è un soggetto che pare più facilmente vulnerabile, perchè non ha un potere contrattuale economico tale da condizionare l’attuale azione tedesca ed in futuro una potenziale azione europea o di singoli stati dell’Unione. Il principio con cui si muove la magistratura della Germania potrebbe anche venire applicato ad esempio all’Arabia Saudita, per la repressione nello Yemen o alla Cina, per la gestione della questione degli uiguri, i musulmani cinesi, o anche per la Turchia, membro dell’Alleanza Atlantica, per la questione curda. La riflessione, evidentemente, deve articolarsi su piani distinti ma contigui: il primo è di natura, appunto, di politica internazionale, perchè le eventuali condanne di esponenti di paesi più rilevanti di quello siriano, potrebbero innescare rappresaglie di tipo diplomatico; il secondo rientra nella gestione più pratica degli eventuali condannati e sulla effettiva legittimità di tali sentenze, non certamente dal punto di vista morale ma da quello giurdico, inoltre anche la custodia dei condannati o comunque l’esecuzione della pena sembrano essere una materia suscettibile di contrasti con i paesi di provenienza delle persone giudicate colpevoli, che potrebbero innescare ritorsioni su cittadini dei paesi che hanno emesso le condanne. Questi argomenti mettono in un’ottica differente anche l’azione tedesca, che è doverosa contro i funzionari siriani, ma che sarebbe stata probabilmente più cauta verso cittadini di altri paesi. Resta il fatto che per l’Europa, prendere spunto dalla Germania, potrebbe essere una occasione da non perdere per potere esercitare finalmente un ruolo da protagonista sul palcoscenico diplomatico, anche in considerazione delle mutate condizioni internazionali, che vedono gli Stati Uniti, principale alleato europeo, alla ricerca di un progressivo isolamento, che richiede nuovi assetti e maggiore indipendenza di azione e di indirizzo dell’Unione Europea.
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