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Politica Internazionale
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mercoledì 20 novembre 2019
La politica USA sulle colonie israeliane cambia direzione
Quanto dichiarato dal Segretario di stato americano, circa la legittimità delle colonie israeliane sul territorio palestinese, segna una deviazione significativa della politica estera americana in quanto va sancisce e legittima una posizione in palese violazione del diritto internazionale. Nonostante che gli Stati Uniti si siano premurati di dichiarare che questa nuova posizione non costituisce un precedente, nella realtà Washington crea la variazione di una situazione, che nonostante la violazione israeliana, era stata regolata in maniera ufficiale tramite il diritto internazionale e che lo stesso dipartimento di stato americano, tramite un parere legale ufficiale, aveva ritenuto valido fin dal 1978. Su quel parere legale il paese statunitense aveva basato la sua politica estera relativa alla materia degli insediamenti di Tel Aviv nei territori che erano stati conquistati dal conflitto del 1967. Dal punto di vista politico è l’ennesimo comportamento ambiguo di Trump, che non riesce a dotarsi di quel carattere istituzionale necessario per dirigere un paese e che ne denota l’assoluta inaffidabiltà sul piano internazionale, come già dimostrato con l’abbandono degli alleati curdi. L’intenzione del presidente USA è, senza dubbio, quella di favorire Benjamin Netanyahu, un politico con il quale Trump ha molte affinità, ma che risulta in grave crisi dopo le ultime due elezioni, che hanno bloccato il paese israeliano. Non è dato sapere se la mossa di Trump possa aiutare effettivamente l’ex premier di Tel Aviv, mentre è sicuramente certa la critica della comunità internazionale, con possibili ripercussioni, politiche e commerciali, anche su Israele, e l’atteggiamento di profonda ostilità dei palestinesi. D’altro canto affermare che l’insediamento delle colonie non rappresenta una contrarietà al diritto internazionale e, nello stesso tempo, dire che gli USA non intendono prendere una posizione sullo status dei territori occupati, che è lasciato al negoziato israelo-palestinese, rappresenta una contraddizione in termini, che denuncia tutta l’approssimazione ed il dilettantismo dell’amministrazione americana. Bisogna ricordare che la questione palestinese, pur affinacata da altre emergenze internazionali, rimane centrale nello scenario diplomatico mondiale e fondamentale per gli equilibri regionali; ma questa dichiarazione contribuisce ad allontanare la soluzione dei due stati, che è probabilmente temuta da Washington. Forse gli USA di Trump temono che uno stato palestinese autonomo possa rappresentare un pericolo maggiore per Israele e la politica americana ed allontanano così questa soluzione, appoggiando uno stato che infrange il diritto internazionale. Questa soluzione può essere funzionale al mandato dell’attuale presidente americano, cioè sul breve periodo, ma sul lungo periodo lascia uno stato di cose che non prevede soluzioni e, nell’immediato, spinge i palestinesi verso atti di violenza e possibili alleanze pericolose per gli equilibri regionali. L’indirizzo che viene dato alla questione rischia di peggiorare le cose per le due parti, mentre la credibilità americana è ormai definitivamente compromessa e con la parzialità esperessa nella dichiarazione a favore degli israeliani, gli USA si pongono al di fuori del processo di pace, perchè non più imparziali. Una delle ragioni di questa svolta potebbero essere le esigenze elettorali di Trump, che dopo le recenti sconfitte elettorali, tenterebbe di recuperare l’appoggio dell’influente comunità ebraica statunitense, che, dai sondaggi, sembra propendere per il partito democratico. In ogni caso, qualunque sia la ragione, la mossa di dare legittimità alle colonie israeliane sacrifica anni di prestigio internazionale per la politica americana e conferma i dubbi per una amministrazione che è senza un indirizzo sicuro e certo grazie all’assenza di un progetto con una visione ampia sulle dinamiche internazionali e che si muove in maniera sclerotica e funzionale soltanto ad esigenze del momento. Con queste caratteristiche il ruolo di prima potenza mondiale può essere sostenuto soltanto dalla capacità militare ed economica, ma solo con queste caratteristiche gli USA si adeguano alla Cina e perdono credibilità e prestigio, qualità essenziali per per essere il soggetto mondiale di maggiore rilevanza.
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