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giovedì 23 gennaio 2020
Le Nazioni Unite sanciscono il diritto dei migranti climatici
Il Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite ha sottolineato come la questione delle migrazioni climatiche abbia una rilevanza giuridica tale da sollecitare i governi mondiali a considerare l’emergenza climatica come fattore giuridico in grado di diventare la causa di una possibile concessione dell’asilo a questi specifici migranti. Si tratta di una novità considerevole all’interno del diritto internazionale, perchè prende atto delle conseguenze del cambiamento climatico sui problemi relativi all’ambiente ed alle cause che costituiscono pericolo per la vita delle persone. Implictamente si tratta del riconoscimento giuridico per la categoria dei rifugiati climatici, ovvero coloro che, a causa di eventi naturali causati, ad esempio dal riscaldamento globale, vedono ridursi il terreno a loro disposizione, come per gli effetti dell’innalzamento delle acque dei mari, con la conseguenza di difficoltà abitative, problemi alle coltivazioni ed all’approvigionamento idrico. La classificazione delle conseguenze dannose del cambiamento cliamtico si articola, sostanzialmente, in due tipologie: i danni dovuti ad effetti prolungati nel tempo, come l’aumento della percentuale salina dei terreni, l’innalzamento marino o la desertificazione ed i danni dovuti ad eventi improvvisi e non previsti come le inondazioni. Si comprende come queste calamità naturali possano costringere parti anche consistenti della popolazione a varcare i confini nazionali per trovare riparo in altre nazioni. Secondo il comitato dei diritti umani della Nazioni Unite, l’assenza di politiche nazionali ed internazionali volte a contrastre gli effetti del cambiamento climatico, giustificano il diritto dei migranti climatici a non essere respinti. Se questo pronunciamento, per certi versi rivoluzionario, anche se è fondamentalmente soltanto una presa d’atto di un problema conclamato, porta una novità nel diritto internazionale, apre contemporaneamente una vasta gamma di eccezioni ed obiezioni, sulle quali i legislatori nazionali proveranno senz’altro a regolamentare i loro ordinamenti. Una delle prime ciriticità da risolvere sono i modi ed i tempi di accoglienza, dato che, si possono presupporre, almeno in certi casi, il ripristino delle condizioni antecedenti agli eventi disastrosi. Più difficile la gestione di situazioni dove si verifichino condizioni irrimediabili, in questi casi sarebbero auspicabili forme di accordi preventivi tra gli stati, in grado di gestire i fenomeni migratori, attraverso una collocazione preordinata e con una accoglienza non limitata al primo soccorso, ma improntata ad una integrazione reale e definitiva da parte dei paesi di accoglienza. Le questioni climatiche hanno, senza dubbio, un effetto diretto sulle risorse alimentari e della disponibilità di acqua potabile, legate in maniera indissolubile alle carestie, all’impossibilità di irrrigazione e quindi della produzione agricola e zootecnica, fino ad arrivare a compromettere le normali condizioni igieniche e quindi causa di malattie a larga diffusione. Gli effetti dei cambiamenti climatici sono sicuramente responsabili di queste casistiche indirette di fenomeni migratori, che non rientrano direttamente nelle due casistische climatiche stilate dal comitato dei diritti umani. Tuttavia non pare possibile scindere, dal punto della gravità e delle cause generatrici del fenomeno, i migranti climatici dai migranti per mancanza di cibo e di acqua; quindi anche per coloro che sono costretti ad abbandonare i loro paesi per assenza cronica di risorse alimentari dovrebbe essere pensata una soluzione preventiva, mediante accordi internazionali da sottoscrivere da parte dei singoli stati, magari con una coordinazione delle Nazioni Unite. Ma in tempo di sovranismi ed egoismi nazionali ciò appare molto difficile, anche se la situazione contingente appare già complicata non si nota alcuno sforzo per prevenire le conseguenze del cambiamento climatico, che anzi, viene negato, e senza cambiamenti di atteggiamento la pressione migratoria è destinata ad accentuarsi. L’importanza della decisione del comitato dei diritti umani non risolve il problema pratico dell’accoglienza e neppure quello del cambiamento climatico dovuto al riscaldamento globale, ma apre una discussone sulla legittimità di rifiutare i migranti che diventano tali per cause a loro esterne e, spesso, dovute proprio ai paesi che li rifiutano.
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