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lunedì 6 aprile 2020
Il futuro dell'Europa, oltre la pandemia
La pandemia in corso ha provocato la deflagrazione del confronto tra Europa settentrionale e meridionale, che era già in corso, ma con toni meno accesi. Se nell'immediato l'urgenza più grave è contenere gli effetti sanitari della pandemia, fattore che ha già provocato divisioni con la mancata collaborazione dei paesi europei, l’aspetto economico si preannuncia altrettanto, se non più, grave. La recessione è ormai un fatto non atteso, ma certo e, peggio, va ad innestarsi su di una situazione economica già difficile a causa della crescita contenuta, dovuta ad aspetti strutturali, ma anche all’irrigidimento delle politiche finanziarie, che hanno avuto il solo obiettivo di contenere il deficit: un obiettivo funzionale soltanto ad alcune economie continentali a danno di altre. La gravità della pandemia ha colpito, nella fase iniziale, di più i paesi dell’Europa mediterranea, che hanno richiesto misure finanziarie a livello comunitario, slegate dalle logiche punitive a cui è stata sottoposta la Grecia e che sono state, invece, invocate, da Olanda e Germania. La gravità della posizione olandese appare ingiustificabile come la prassi adottata in campo fiscale, tale da attrarre imprese da altri paesi, specie da quelli cui vuole negare l’aiuto, che prevede una forte diminuzione della tassazione rispetto agli altri paesi europei da potere configurare l’esistenza di pratiche di concorrenza sleale. Il comportamento di Berlino, pur mostrandosi meno rigido, non può suscitare qualche sospetto sul fatto di volere accanirsi contro i suoi principali concorrenti manifatturieri, per trarne cospicui vantaggi per le industrie tedesche. Ora queste considerazioni sono sia di natura economica, che politica e proprio il secondo aspetto assume una gravità molto rilevante all’interno dei rapporti tra gli stati europei ed i loro possibili sviluppi. L’assunto da cui non si può derogare è la necessità dell’Europa ed il bisogno di contrastare i partiti ed i movimenti euroscettici. Se per il sud Europa la necessità di combattere lo scetticismo è quella di avere nell’Unione un interlocutore disposto ad alleggerire le sue posizioni circa la rigidità finanziaria, nel nord Europa è il mezzo per contrastare la contrarietà all'Unione è quello di mantenere l'atteggiamento contro quello che è considerata l’attitudine a creare debito dei paesi meridionali. Le due tendenze appaiono uguali e contrarie e quindi difficilmente conciliabili, ma un fattore di concordanza può senz’altro essere la necessità di crescere come soggetto unico nel contrasto della globalizzazione e dei suoi principali interpreti: Cina, Russia ed USA, specialmente se Trump dovesse essere rieletto. Una dissoluzione dell’Unione, nonostante tutto, non converrebbe a nessuno proprio economicamente, mantenere unito e privilegiato il mercato europeo, che è anche il più ricco del mondo, rimane una necessità di sopravvivenza per ogni membro dell’Unione, preso singolarmente. Occorre anche considerare che ad accrescere il pericolo di una dissoluzione dell’Unione, anche solo parziale, ora esiste il precedente inglese, che potrebbe favorire in modo più forte, soprattutto nel breve periodo, sentimenti analoghi. La via d’uscita è solo politica: considerare l’Unione come un insieme non solo economico e finanziario, come, di fatto è stato finora, ma una struttura sopranazionale di tipo politico capace di affrontare in modo unitario i problemi di ogni singolo territorio; naturalmente ciò implica sacrifici in termini di perdita parziale di sovranità in ambo i sensi, ma può significare un nuovo guadagno di gradimento a favore di Bruxelles. La pandemia purtroppo ha generato un inquietante numero di vittime e altre se ne annunciano dal punto di vista economico e sociale: soltanto un’azione dell’Europa a sostegno delle popolazioni può risolvere in modo pratico problemi dai quali i singoli stati potrebbero uscire devastati; è una necessità umana ed economica alla quale le istituzioni europee devono rispondere assolutamente, pena la loro stessa sopravvivenza. La pandemia rappresenta anche l’occasione di armonizzare le procedure fiscali in maniera da eliminare le differenze che generano una concorrenza pericolosa e che niente ha da spartire con il libero mercato: si tratta di un ulteriore fattore per innalzare la percezione positiva dell’Europa.
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