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lunedì 6 luglio 2020

Attacchi informatici contro l'Iran

Il confronto militare tra l’Iran e Israele e quindi gli Stati Uniti, starebbe continuando, seppure non in maniera tradizionale, ma sotto forma di guerra cibernetica. Gli ultimi incidenti accaduti nella Repubblica islamica sono sembrati più sabotaggi, che fatti fortuiti. Sono quattro i gravi fatti che si sono susseguiti e che hanno alzato il livello di allarme in Iran: esplosioni nei depositi di gas all’interno di un’area militare della capitale, un incidente in una struttura sanitaria, che ha provocato 19 vittime, dovuto allo scoppio di bombole di ossigeno, un incendio in una centrale termoelettrica nella zona sud occidentale del paese, preceduta da un ulteriore incendio avvenuto in centro di assemblaggio di una centrifuga nucleare. Se, nei primi momenti, gli apparati di sicurezza iraniani propendevano per incidenti, gli ultimi sviluppi potrebbero avere cambiato le impressioni degli inquirenti, lasciando alle cause di cattiva manutenzione soltanto l’incidente avvenuto nella clinica. Il governo di Teheran ha scelto la via della cautela e della prudenza, ma alcuni organi di stampa hanno già insinuato la possibilità di attacchi informatici di provenienza israeliana. I precedenti esistono e sono inquadrati nello sviluppo del virus che danneggiò il programma nucleare iraniano.  Teheran è uno dei firmatari del programma di non proliferazione nucleare, abbandonato da Trump, e secondo l’Organizzazione internazionale dell’energia atomica l’Iran non è vicino all’arma nucleare, nonostante la decisione di riattivare alcune centrifughe e di progettarne di nuove a seguito del ritiro americano dall’accordo sul nucleare iraniano, firmato con l’Unione Europea, la Cina e la Russia. Ci sono particolari misteriosi relativamente all’incendio del sito che ospita le officine di assemblaggio delle centrifughe: infatti alcuni giornalisti sarebbero stati avvisati preventivamente che una organizzazione dissidente, forse composta da militari all’interno degli apparati di sicurezza iraniani, avrebbe effettuato un attacco. La presenza di una tale organizzazione all’interno delle forze armate iraniane, appare però poco probabile, proprio per il livello di controllo presente nella società iraniana ed ancora di più nelle sue strutture militari. Ad usare questo stratagemma potrebbero essere state potenze straniere, non per nascondersi al paese iraniano, ma per celarsi all’opinione pubblica internazionale e non subire condanne pubbliche. D’altronde è concretamente possibile che la Repubblica islamica stia cercando di arrivare all’arma atomica, sia per bilanciare l’alleanza ufficiosa tra paesi sunniti ed israeliani, sia per avere uno strumento concreto da esibire all’interno della sua politica di espansione come potenza regionale. Le azioni di sabotaggio andrebbero allora inquadrate in una sorta di pressione psicologica per ridurre la possibilità della presenza di una nuova potenza nucleare nella regione mediorientale, con questa spiegazione si comprenderebbe una potenziale azione israeliana come azione ulteriore in uno scambio di ostilità con Teheran che sta andando avanti da tempo. Allo stesso modo la provocazione verso l’Iran potrebbe favorire una risposta, che consentirebbe agli Stati Uniti di Trump una azione eclatante in periodo elettorale. In ogni caso non si tratta di azioni a senso unico, ancora due mesi prima gli israeliani hanno accusato l’Iran per il sabotaggio di acquedotti, alterati attraverso il mezzo informatico, nel controllo dei flussi e dei sistemi di purificazione e depurazione. Si tratta comunque di un conflitto combattuto in maniera nascosta, per sfuggire agli avversari ed al biasimo internazionale, che resta altamente pericoloso per gli sviluppi negativi che può provocare, ma contro il quale sembra inutile fare appello a favore di un senso di moderazione e di cautela, che non esiste nella pratica e negli obiettivi di alcuni governi.

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