Il primo vero contrasto, dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, si svolge sulla materia della pesca e sull’accesso a porzioni di mare, ritenute riservate da alcuni soggetti; in particolare il problema è sorto tra la Francia e l’isola di Jersey, che, seppure, non rientra nel Regno Unito è rappresentata da Londra nelle relazioni con l’estero: le isole del canale, infatti, sono dipendenze autonome inglesi ed hanno amministrazioni proprie. Appare significativo che il primo conflitto diplomatico, dagli accordi tra Londra e Bruxelles, riguardi proprio la materia della pesca, che è stato uno degli ostacoli più duri del negoziato e comunque uno degli ultimi ad essere definito. L’amministrazione di Jersey ha praticato una serie di restrizioni contro i pescherecci francesi, ritardando il rilascio delle licenze di pesca, introducendo delle limitazioni e dei controlli ai pescatori francesi, come il numero di giorni nei quali esercitare l’attività, quali tipi di prede possano essere catturate e con quali attrezzi; in sostanza, secondo Parigi, si è voluto introdurre degli elementi di novità, che hanno lo scopo di intralciare l’attività di pesca francese e che sono in netto contrasto degli accordi sulla pesca stipulati tra Regno Unito ed Unione Europea. L’impressione è che l’amministrazione di Jersey abbia voluto approfittare dell’inizio del periodo che segue l’accordo, forse interpretato come una fase interlocutoria e di incertezza, per contrastare i pescatori francesi, che sono i principali frequentatori delle sue acque; tuttavia ad ogni azione corrisponde una reazione e quella della Francia è stata di minacciare l’interruzione della fornitura della corrente elettrica, che giunge sull’isola di Jersey con cavi sottomarini provenienti dal paese francese. La minaccia di Parigi è stata recepita come sproporzionata dall’isola di Jersey, nonostante l’azione della dipendenza britannica fosse in palese violazione degli accordi post Brexit, e ciò ha provocato l’invio di due motovedette della marina militare di Londra, fatto che ha contribuito ad innalzare la tensione tra le due parti; ma, se da un lato, Londra ha mostrato la forza, giustificando la presenza delle sue navi militari solo come misura precauzionale e con lo scopo di monitorare la situazione, dall’altro ha voluto bilanciare con un atteggiamento diplomatico coincidente con la necessità di ridurre le tensioni mediante un dialogo costruttivo tra Francia e l’amministrazione di Jersey. La difesa della pesca deve restare un punto fermo nell’atteggiamento post Brexit da parte del governo londinese, giacché proprio tra i pescatori inglesi vi furono i maggiori sostenitori dell’uscita dall’Europa a causa degli interessi del comparto della pesca inglese. La Francia, altresì, ma espresso la totale determinazione possibile affinché l’accordo sulla pesca, tema altrettanto sentito in terra francese, sia rispettato ed attuato in modo conforme a quanto sancito dagli accordi firmati dopo la Brexit, mentre Parigi non ha voluto commentare le minacce dell’interruzione dell’energia elettrica verso Jersey, fatto, che, forse, permette di stabilire che la ritorsione potesse essere fuori misura, rispetto agli ostacoli contro i pescatori francesi. La questione pone in rilievo come il rapporto tra Regno Unito ed Unione Europea dopo la firma degli accordi conseguenti alla Brexit, non sia ancora del tutto definita ed inoltre come il silenzio di Bruxelles su questa specifica vicenda colga le istituzioni centrali europee del tutto impreparate di fronte a fatti particolari che riguardano la materia del trattato; anche l’atteggiamento francese, la minaccia di interrompere l’energia elettrica non sembra potere essere condivisa dall’Unione, pone l’attenzione su possibili azioni dei singoli stati per difendere le violazioni dei diritti dei cittadini in quanto cittadini nazionali, in questo caso francesi, piuttosto che nell’accezione di cittadini europei. La distinzione non è di poco conto perché segnala, che in prima istanza, il singolo stato sembra preferire agire in prima persona, piuttosto che ricorrere a Bruxelles; sarebbe interessante conoscere le ragioni di questo tipo di reazione, se sono cioè riconducibili ad una scarsa fiducia della risposta europea, sia per i tempi di reazione, che per l’effettiva efficacia o se sono dovute alla necessità di evidenziare una capacità di azione nazionale superiore a quella comunitaria, funzionale ad affermare la politica del governo in carica. IL fatto saliente è che l’Europa, una volta firmato l’accordo lo dia come vigente senza considerare le eventuali eccezioni come in questo caso. Comunque sempre meglio che il Regno Unito che ha colto l’occasione per mostrare i muscoli: una chiara ammissione di inadeguatezza del governo di Londra.
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