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giovedì 22 luglio 2021

Londra vorrebbe negoziare di nuovo le regole per l'Irlanda del Nord

 Le regole della Brexit, che riguardano il transito delle merci dalla frontiera nordirlandese, sono sgradite a Londra per i problemi pratici che stanno generando e ciò ha indotto il governo britannico a chiedere a Bruxelles una modifica di questa regolamentazione. Nel suo discorso alla Camera dei Lord, il ministro per la Brexit ha espressamente affermato la necessità di modifiche essenziali per il protocollo per l’Irlanda del Nord già concordato con l’Unione Europea. La situazione istituzionale che si potrebbe creare e che è stata recepita come una possibile minaccia a Bruxelles, potrebbe essere il ricorso all’applicazione dell’articolo 16, che può permettere ad entrambe le parti il recesso dalle regole firmate e che regolano l’intera uscita della Gran Bretagna dall’Unione. Una eventualità che potrebbe avere conseguenze nefaste per i rapporti tra Londra e Bruxelles e che comprende diverse possibili soluzioni: dalla rottura totale fino ad una, molto improbabile, ripresa dei negoziati. Tra le due parti, pur se entrambe hanno molto da perdere con una eventuale sospensione degli accordi faticosamente raggiunti, la Gran Bretagna appare avere maggiori svantaggi in prospettiva, con l’assenza di norme comuni per i reciproci rapporti commerciali. Se l’intenzione del ministro inglese è stata quella di minacciare un ritiro dagli accordi, l’impressione è che sia stata una mossa quasi disperata, che segnala l’incapacità di Londra di gestire una situazione liberamente sottoscritta; del resto la reazione europea è stata quella ampiamente attesa: un rifiuto a rinegoziare il protocollo, giudicando inaccettabile questa soluzione, pur dicendosi disponibile alla ricerca si soluzioni per risolvere i problemi. La posizione europea sembra essere una manifestazione di buona volontà, ma non del tutto reale, nel senso che esibire una prova di forza potrebbe essere favorevole ai britannici, viceversa un atteggiamento più fermo, nel rispetto di quanto firmato, ma comunque collaborativo espone Londra alla ricerca di soluzioni non traumatiche. Il motivo del contendere restano i controlli europei imposti alle merci in entrata dalla frontiera nordirlandese, ritenuti da Londra eccessivi; tuttavia questa scelta è stata obbligata per non introdurre i controlli doganali con quello che è uno stato non più appartenente all’Unione. Probabilmente Londra ha sottovalutato le difficoltà pratiche di questi controlli o ha provocato queste difficoltà proprio per rinegoziare l’utilizzo dell’unico contatto fisico terrestre con l’Unione; anche le spiegazioni britanniche, alla ricerca di un nuovo equilibrio, anche in aiuto di Bruxelles per proteggere il proprio mercato unico, appaiono pretestuose e sospette. La lettura più probabile è che il governo inglese patisca una situazione creata da sé stesso, che è un misto di incompetenza e sfrontatezza, dove lo scopo è quello di aggirare le norme firmate per accedere al mercato europeo da una scorciatoia, peraltro ampiamente prevista dall’Unione Europea. Una ulteriore valutazione da fare è che il protocollo che riguarda l’Irlanda del nord è il tema più delicato per i nazionalisti più estremi, che rappresentano una quota rilevante dell’elettorato di Boris Johnson e, nonostante una approvazione a grande maggioranza del parlamento inglese, restano un tema molto contestato, diventando un fattore di equilibrio degli assetti del partito conservatore. Le difficoltà del governo inglese devono tenere conto di tutte le componenti per potere mantenere il potere e la questione della Brexit è stata determinante per raggiungere il potere attraverso le ultime elezioni: un mancato appoggio delle parti più estreme dei nazionalisti può vanificare il progetto di governabilità del premier londinese. Allo stato attuale delle cose, il giudizio sul governo inglese sfiora l’inaffidabilità perché pretende di rinegoziare norme appena firmate, che non sono certo state imposte dall’Europa: l’ennesima conferma, che, malgrado tutto, l’uscita inglese dall’Europa, sul lungo periodo, non potrà essere che vantaggiosa per Bruxelles, perché, sul piano politico, quello perso è un membro che non garantisce alcuno spazio di progettualità condivisa e rappresenta una lezione che non si può non applicare ad altri membri di convenienza, come era lo stesso Regno Unito, per riportare l’Unione Europea all’interno dei suoi scopi fondativi, lasciando perdere una inclusività forzata e non giustificata dalla convenienza generale.

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