Praticamente alla vigilia della fine del suo mandato come Commissario per i diritti umani, che scade il 31 agosto, Michelle Bachelet, già presidente del Cile, ha rivelato di avere ricevuto pressioni per non pubblicare un rapporto già pronto, che denuncerebbe gli abusi di Pechino contro la minoranza musulmana uigura, che conta una popolazione di circa dodici milioni di persone presenti nella regione settentrionale dello Xinjiang. La Cina avrebbe inviato una lettera, firmata anche da altri quaranta paesi di cui non sono stati rivelati i nomi, dove l’intento era di dissuadere il Commissario per i diritti umani a non pubblicare il rapporto. L’elaborazione del rapporto in questione è in corso da tre anni, ma comprende anche i risultati della visita del Commissario effettuata lo scorso maggio, che ha provocato pesanti critiche da parte di Amnesty International, Human Rights Watch ed anche del Dipartimento di Stato USA, per l’atteggiamento ritenuto troppo accomodante da parte dell’inviata delle Nazioni Unite verso le autorità cinesi, che sono state fatte oggetto di critiche con toni ritenuti troppo moderati. Malgrado il periodo di lavorazione piuttosto ampio per l’elaborazione del rapporto, la pubblicazione è stata rimandata più volte per ragioni ufficiali non conosciute, anche se si ipotizza che Pechino ed i suoi alleati, abbiano operato materialmente in questo senso. Una giustificazione fornita dalla stessa Commissaria è che il ritardo è dovuto alla necessità di integrare al rapporto i risultati della visita contestata di maggio, in ogni caso l’obiettivo della pubblicazione sarebbe entro la fine del mandato della Commissaria, cioè entro la fine del mese di agosto, anche se mancano conferme ufficiali in tal senso. Molti paesi occidentali hanno richiesto espressamente la pubblicazione del rapporto ma il governo cinese avrebbe espresso richieste per esaminare più attentamente i risultati della ricerca; a complicare la situazione è intervenuta una ricerca da parte di quattordici testate giornalistiche internazionali, che sono riusciti ad esaminare documenti ufficiali cinesi che avrebbero confermato la persecuzione degli uiguri, attraverso continue e sistematiche violazioni dei diritti umani subite da almeno più di due milioni di persone con la pratica dell’internamento, anche patita da minorenni, in centri di rieducazione, dove oltre la somministrazione di violenza fisica e psicologica, gli uiguri vengono utilizzati come forza lavoro senza retribuzione, in una condizione paragonabile alla schiavitù. Pechino nega queste ultime accuse definendo i centri di detenzione come istituti di formazione professionale. L’accusa a Bachelet da parte del Segretario di Stato degli USA è quella di non avere chiesto conto alla Cina notizie sugli uiguri scomparsi e su quelli deportati in altre regioni cinesi, sradicati dai loro luoghi di origine, anche alcune Organizzazioni per i diritti umani hanno definito la gestione della Commissaria come troppo arrendevole verso la Cina e chiedendone la sostituzione con persone più determinate. La volontà di dimettersi dal suo ruolo di Commissaria per i diritti umani si sarebbe materializzata proprio dopo il suo ritorno dalla missione in Cina e sarebbe stata giustificata con motivi personali. La coincidenza appare quanto meno sospetta, potrebbe essere proprio stato il caso di una pressione cinese troppo forte a determinare la vera ragione delle dimissioni e la consapevolezza di non sapere affrontare una prova del genere, cioè di non essere in grado di affrontare le conseguenze di un rapporto troppo poco severo da parte dei paesi occidentali o il contrario da parte dei cinesi. In ogni caso una fine ingloriosa per il suo mandato di Commissario dei diritti umani, che in un modo o nell’altro segnerà la figura politica della Bachelet.
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giovedì 25 agosto 2022
La Commissaria per i diritti umani delle Nazioni Unite, denuncia pressioni da parte cinese per non pubblicare un rapporto sugli uiguri
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