Nei primi sei mesi di quest’anno, le richieste di asilo verso i ventisette paesi dell’Unione Europea, sommati a Norvegia e Svizzera, hanno raggiunto la cifra di 519.000 domande, segnando un incremento di più 28%, rispetto al periodo di riferimento dello scorso anno. Di queste richieste il 30% riguardano la Germania, il 17% la Spagna ed il 16% la Francia. Con questi dati si potrebbe raggiungere tendenzialmente, la cifra di oltre un milione di richieste, numero analogo al dato record del 2016. Il 13% delle richieste di asilo proviene dalla Siria, pari a circa 67.000 persone, con un aumento, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, del 47%. Le cause di questa vera e propria migrazione sono da ricercare nell’aggravarsi della guerra civile, che ha causato il peggioramento delle condizioni economiche e l’ostilità dei turchi, che negli anni passati avevano assorbito gran parte dell’emigrazione proveniente da Damasco, contro la popolazione siriana. La rotta migratoria maggiormente seguita dai cittadini siriani è quella balcanica e ciò influisce sulle nazioni che raccolgono le richieste di asilo, come Bulgaria, con il 6%, ed Austria, con il 10%, anche se queste destinazioni rappresentano sempre più soluzioni di transito verso la Germania, che ha una percentuale di richieste del 62%, grazie al radicamento della comunità siriana, favorita, negli anni precedenti dalla cancelliera Merkel. Subito dopo la Siria, il secondo paese per domande di asilo è l’Afghanistan, con 55.000 domande; pur essendo un bacino migratorio che ha sempre assicurato quote sostanziose di migranti, la decisione degli USA di abbandonare il paese ha favorito il ritorno dei talebani, che, una volta al potere, hanno notevolmente compresso i diritti umani e praticato una politica economica disastrosa, che ha aggravato una situazione già difficile, costringendo il paese a reggersi, quasi esclusivamente, sugli aiuti umanitari internazionali. Mentre la provenienza dei migranti da zone africane ed asiatiche, non rappresenta una sorpresa, si registra un aumento delle richieste da zone dell’America latina, come Venezuela e Colombia, che insieme raggiungono il 13% delle domande, nella loro totalità praticamente dirette verso la Spagna, spiegando così la seconda posizione europea di Madrid, nella classifica delle richieste di asilo. Questi dati, molto preoccupanti, vengono registrati a poca distanza dalla chiusura del patto sull’immigrazione e a meno di un anno dall’appuntamento elettorale europeo. Le ormai consuete resistenze di Polonia ed Ungheria alla distribuzione dei migranti, aggravano la situazione interna dell’Unione Europea e mettendo in risalto la poca efficacia e lungimiranza delle politiche per regolare gli afflussi. L’accordo di Giugno tra i ministri degli esteri dell’Unione ha previsto una sorta di tassa, nella misura di 20.000 euro per persona all’anno, per quei paesi che si rifiuteranno di contribuire alla distribuzione dei migranti ed è stato condizionato dal voto contrario di Budapest e Varsavia; proprio in Polonia, ad ottobre, si effettuerà un referendum sul tema dell’accoglienza dei migranti, indetto dal governo di destra in carica. Ancora una volta Bruxelles si presenta con divisioni al proprio interno e senza sanzioni in grado di dividere il carico migratorio, presentandosi all’opinione pubblica mondiale debole e facilmente ricattabile dalle dittature anti occidentali, che usano il tema migratorio come vera e propria arma di pressione dell’Europa. Questo stato di cose determina, in un periodo dove la coesione occidentale è sempre più necessaria, un lato vulnerabile a discapito non solo dell’Unione, ma anche dell’Alleanza Atlantica. Accordi come quello tra Unione Europea e Tunisia, oltre ad essere poco efficaci, vengono firmati con regimi dittatoriali, che approfittano della debolezza singola, in questo caso dell’Italia, e globale di una istituzione che non riesce ad essere unita e che permette il prevalere degli interessi nazionali rispetto a quelli sovranazionali. Il caso italiano, vera e propria frontiera meridionale dell’Europa, chiarisce ancora di più la situazione: 65.000 arrivi pari al 140%, se confrontati con lo stesso periodo del 2022, eppure Roma riceve ben pochi aiuti dai membri dell’Unione, preoccupati a salvaguardare le proprie singole situazioni. Finché non sarà superata questa logica, con una situazione che sarà sempre più grave, per guerre, carestie ed emergenze climatiche, l’Europa e l’occidente saranno sempre sotto ricatto.
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