La posizione del Cremlino, fin dai tempi dell’URSS, è stata filopalestinese ed in questo contesto si deve collocare la visita di esponenti di Hamas a Mosca, non ricevuti da Putin, ma dal ministro degli esteri russo e, comunque, accolti, in maniera simbolica inequivocabile, nella sede del Cremlino, conferendo così il massimo grado di ufficialità e rilevanza dell’incontro. Si tratta di un chiaro segnale politico rivolto sia ad USA ed occidente, che allo stesso Israele. Mosca è coinvolta direttamente nella vicenda degli ostaggi, perché sono sei le persone sequestrate di nazionalità russa, di cui tre con doppia nazionalità; mentre il dato dei cittadini russi deceduti nei bombardamenti della striscia di Gaza arriva a 23 persone. Oltre ad Hamas, il ministro degli esteri russo ha confermato anche un prossimo incontro con il leader dell’Autorità palestinese. Malgrado la differenza di vedute con Hamas, contrario alla soluzione dei due stati, la Russia deve sfruttare il momento per riposizionarsi come attore rilevante nell’area mediorientale ed ha tutto l’interesse a mantenere le relazioni con tutti i soggetti coinvolti nella questione attuale. Se si vuole avere una visione più ampia circa gli interessi di Mosca nel vicino oriente, occorre considerare i rapporti particolari intrattenuti con Iran, Siria e lo stesso Israele. La volontà di Putin sarebbe quella di svolgere un ruolo di mediatore del conflitto, che potrebbe consentire alla Russia di uscire dall’attuale isolamento diplomatico, provocato dall’aggressione all’Ucraina. L’azione di Mosca prevede di evitare il monopolio americano della gestione della crisi, anche attraverso le accuse a Washington di non avvallare le aspirazioni palestinesi ad un proprio stato e neppure le diverse risoluzioni dell’ONU, che hanno più volte condannato Israele. La proposta russa in sede di Consiglio di sicurezza non è stata accolta, perché non prevedeva la condanna di Hamas, ma la violenza contro tutti i civili di entrambe le parti, sottintendendo la violenza di Tel Aviv nei confronti di Gaza; questo ha provocato un deterioramento dei rapporti tra Russia ed Israele, che, tuttavia, non possono essere compromessi per ragioni comuni. Occorre ricordare che Israele non ha condannato la Russia per l’invasione ucraina e non ha neppure aderito alle sanzioni internazionali. Inoltre non ha fornito a Kiev, il cui presidente Zelensky è ebreo, il sistema antimissile normalmente usato per proteggersi dai razzi lanciati da Hamas. Nello stesso tempo la Russia non ostacola Israele nelle sue azioni di difesa contro Hezbollah, provenienti dalla Siria, nonostante la protezione che Mosca continua a fornire al regime di Damasco. Tel Aviv ha bisogno anche dell’aiuto di Mosca per contenere la politica iraniana nella regione, che è interesse comune in quanto Teheran proclama da tempo l’esigenza di eliminare lo stato ebraico ed attua questa strategia attraverso la sempre maggiore influenza su milizie integraliste sciite, Hezbollah e la stessa Hamas, perché, per certi versi, l’unico alleato possibile è proprio l’Iran, rimasto a sostenere materialmente la lotta di liberazione della Palestina, rispetto al ritiro sempre più evidente degli stati arabi sunniti nel supporto ai palestinesi. Teheran attua una politica di aiuti materiali nei paesi di Libano e Siria, che, specialmente per quanto riguarda Damasco può compromettere gli interessi russi, oltre la delicata stabilità regionale. Nei confronti del conflitto con Kiev, Mosca ha tutto l’interesse che l’attenzione internazionale si sposti sul medio oriente e per questo motivo il presidente ucraino è arrivato ad affermare che dietro gli attacchi di Hamas ci fosse proprio il paese russo. Avvallare questa ipotesi è molto difficile, l’azione di Hamas è stata preparata con tempi lunghi e forniture consistenti, che sembrano provenire da altri paesi. Resta però un fatto tangibile che questa crisi tra israeliani e palestinesi gioca a favore di Mosca, anche se l’attenzione dell’Alleanza Atlantica non è certo venuta meno, ma il maggiore impegno dei militari USA, soprattutto con mezzi navali, per proteggere Israele dall’Iran implica un impegno più diversificato ed anche l’azione diplomatica non è più concentrata solo sull’obiettivo europeo.
Nessun commento:
Posta un commento