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martedì 23 gennaio 2024

Trump sempre più favorito, anche senza il consenso dei repubblicani moderati

 Quello, che era l’antagonista più accreditato di Trump, il repubblicano Ron DeSantis, governatore dello stato della Florida, si è ufficialmente ritirato dalla corsa alla nomination per partecipare all’elezione presidenziale USA. Dopo la consultazione repubblicana nello Iowa, dove ha riscosso scarsi consensi, i sondaggi per il voto in New Hampshire gli accreditavano soltanto una percentuale del 5,2 e ciò ha determinato il suo ritiro; DeSantis ha comunicato che il suo sostegno andrà, quindi, a Trump. DeSantis, che alcuni vedevano in grado di contrastare Trump nella corsa alla nomina a sfidante di Biden, proviene da posizioni politiche simili a Trump e si identifica con il nuovo corso che sta dominando nel Partito Repubblicano, influenzato dalle idee del Tea party e, per questo, assicura il suo appoggio all’ex presidente, in aperto contrasto con la candidatura di Nikky Halley, da lui ritenuta troppo moderata e rappresentante della vecchia impostazione dei Repubblicani. DeSantis si era guadagnato un certo credito, grazie alla sua elezione come governatore della Florida, proprio contro i candidati indicati da Trump, tuttavia la sconfitta, distanziato di circa 30 punti percentuali nello Iowa, ha dimostrato che gli elettori repubblicani lo hanno percepito come una copia di Trump, proprio per posizioni molto simili su temi come immigrazione ed aborto. La perdita di consensi, dopo che i sondaggi lo distanziavano di soli 10 punti da Trump, è iniziata proprio con la difesa dell’ex presidente dalle accuse penali, facendo, quindi, perdere i consensi degli elettori più moderati. Sebbene formalmente DeSantis avesse già rinunciato alle primarie del New Hampshire, per concentrarsi su quelle della Carolina del Sud, la distanza di circa 55 punti percentuali registrata nei sondaggi ha provocato la decisione del ritiro, anche per occuparsi a tempo pieno della sua carica di governatore della Florida. DeSantis è il terzo candidato a ritirarsi dalla contesa repubblicana, determinando così un confronto a due tra Trump, sempre più favorito e Nikky Halley, già governatrice della Carolina del Sud ed ambasciatrice USA alle Nazioni Unite. La strategia elettorale di Nikky Halley è quella di riscuotere i voti dei repubblicani più moderati, che non si riconoscono nella maniera istrionica di governare di Trump e sono contrari alle sue posizioni oltranziste contrassegnate dallo scarso rispetto per le leggi federali. Il caos creato dalle vicende giudiziarie di Trump non incontra il favore degli elettori repubblicani più tradizionalisti, che preferirebbero un personaggio più misurato e più affidabile, tuttavia la platea conquistata da Trump appare più ampia perché trasversale all’elettorato repubblicano classico, capace di riscuotere consensi nei ceti più diversi ed anche dagli elettori più poveri. Nonostante queste analisi Nikky Halley prova a presentarsi come una sorta di cambio generazionale, forte della sua età, 51 anni e di una sostanziosa esperienza politica. Una affermazione netta di Trump nel New Hampshire potrebbe togliere, però, ogni velleità alla sfidante, riducendone notevolmente le possibilità di raggiungere la nomination. Questa vicenda dimostra come quello che era, una volta, il ceto politico dominante del  partito repubblicano non abbia ancora recuperato le proprie posizioni ed, anzi, assista quasi in maniera passiva alla trasformazione del partito, iniziata con il Tea party, fino ad arrivare ad una formazione politica personalistica dello stesso Trump e, sostanzialmente, in suo ostaggio. Se questa analisi sociopolitica è valida Nikky Halley ha poche possibilità di vincere, proprio perché troppo vicino alle istanze di una parte del partito che appare come minoritaria. Per gli USA e per il mondo, questa non è una buona notizia perché rileva il proseguimento della tendenza di radicalizzazione del partito repubblicano, nonostante la sconfitta di Trump alle ultime elezioni ed i suoi guai giudiziari. Dopo quattro anni, la mancanza di un ricambio politico e generazionale, esclusa la figura della Halley, dimostra come il partito sia in ostaggio di Trump e ciò provochi preoccupazione a livello internazionale. Dal punto di vista del Partito Democratico, forse una candidatura di Trump può convenire, perché porterà alla mobilitazione l’elettorato non abituato ad andare alle urne, che voterebbe qualsiasi candidato per evitare il bis di Trump alla Casa Bianca; in questa ottica un successo, anche se difficile, della Halley potrebbe favorirla alla corsa per la carica di presidente, proprio perché elemento più moderato. Entrambi soluzioni, Biden o Halley, sarebbero certamente gradite alla maggior parte del panorama internazionale, che teme con Trump, un sovvertimento degli equilibri occidentali. 

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