Dopo una pessima figura per la trattiva con Trump sul tema dei dazi, peraltro non ancora formalmente chiusa ed anzi con nuove minacce da parte del presidente americano, l’Unione Europea colleziona una nuova performance negativa di fronte all’opinione pubblica internazionale. Nemmeno la più sfrenata arroganza da parte di Netanyahu, che ha affermato di volere occupare e quindi annettersi la striscia di Gaza, ha saputo produrre una reaziona, anche piccola, da parte di Bruxelles. Si è assistito alla debolezza contrapposte alla forza, la scelta di non reagire a tanta sfrontatezza. Eppure la pressione internazionale, con la volontà di riconoscere la Palestina come stato, poteva rappresentare una occasione per dimostrare una qualche vitalità, soprattutto perché, a questo livello, il riconoscimento palestinese è poco più di una manifestazione di volontà di fare pressione ad Israele, senza effetti pratici immediati, se non quelli mediatici; tuttavia nelle istituzioni comunitarie vige il silenzio ed anche l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione, Kaja Kallas, non ha espresso alcun commento e l’ultimo messaggio apparso sul social network X è quello di condanna ad Hamas con la richiesta del rilascio degli ostaggi. Nel silenzio generale degli organi di governo dell’Unione Europea, quello che traspare è la volontà di non interferire con un governo israeliano, che rappresenta ciò che c’è di più lontano dai valori europei. La carneficina ed il genocidio perpetrato da Tel Aviv, attraverso le armi e la fame usata come arma, dovrebbero scandalizzare in automatico ogni democrazia e fare scattare isolamento e sanzioni economiche e politiche per Israele, almeno al pari di quanto, giustamente, applicato alla Russia: quale sono le differenze delle sofferenze imposte alla popolazione civile? Non basta che uno sia uno stato riconosciuto ed un altro un territorio sprovvisto di riconoscimento unanime; la sofferenza delle persone imposta da regimi invasori dovrebbe suscitare gli stessi sentimenti. Al contrario mentre in fasce sempre più numerose di popolazione questo accade, lo stesso non vale per i governi e le istituzioni, soprattutto quelle dell’Unione Europea, che con questo atteggiamento possono solo riscuotere una delegittimazione delle loro figure ed una percezione di inutilità delle figure collegiali e, in ultima analisi, della stessa Unione. Occorre capire quali sono i motivi che tengono in ostaggio Bruxelles anche di fronte all’evidenza di una mostruosità di tale genere. Se per stati come la Germania, che, peraltro, ha mostrato aperture al riconoscimento della Palestina ed ha condannato Israele (e per questo è stata accusata di nazismo), si può comprendere la naturale ritrosia a criticare lo stato ebraico, meno comprensibile è l’atteggiamento di una organizzazione sovranazionale come l’Unione; tanto più che la condanna all’attuale governo israeliano non avrebbe certo critiche antisemite, ma si richiamerebbe al diritto internazionale, che dovrebbe essere universalmente riconosciuto. Una motivazione potrebbe risiedere nell’atteggiamento di Bruxelles completamente subalterno a Washington, una sorta di preoccupazione a non contrastare Trump, che appoggia in pieno l’operato di Tel Aviv, per non suscitare contrasti con gli USA per preservare una sorta di canale preferenziale nelle relazioni con la Casa Bianca; tuttavia questa pare, come ormai appurato, soltanto una illusione, in cui crede solo l’Europa. Esiste il timore di compromettere le relazioni economiche, quelle che hanno imposto i dazi, o forse quelle militari, dove l’Alleanza Atlantica è sempre più contestata dal presidente USA. Queste ragioni appaiono già poco solide, se queste relazioni fossero effettivamente forti, ma nell’attuale stato di cose si rivelano soltanto scuse non credibili. Il problema è che dentro l’Unione non esistono regole certe di natura politica e neppure indirizzi univoci capaci di derivare dalle ragioni fondative dell’Europa unita, che, infatti, unita non è. La sovranità troppo limitata di Bruxelles, l’assenza di una politica estera unitaria, la mancanza di una forza armata comune, rappresentano ostacoli insormontabili per diventare un attore mondiale rilevante ed anche la mancata cancellazione del voto a maggioranza assoluta, anziché la presenza del principio di maggioranza relativa, consente a stati parassiti di condizionare troppo la vita dell’Unione, che si conferma soltanto una unione basata sull’economia ma incapace di produrre progressi al proprio interno nel campo della politica e per questo condannata ad essere irrilevante.
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