Blog di discussione su problemi di relazioni e politica internazionale; un osservatorio per capire la direzione del mondo. Blog for discussion on problems of relations and international politics; an observatory to understand the direction of the world.
Politica Internazionale
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lunedì 3 gennaio 2011
Prospettiva libanizzazione per l'Egitto
La situazione egiziana, dopo l'attentato alla chiesa copta di Alessandria è sull'orlo di un terribile abisso: il pericolo concreto di unalibanizzazione dello stato è ora più concreto. La progressiva islamizzazione del paese, fattore comune con tutta la fascia del basso mediterraneo e non solo, ha rotto, di fatto, equilibri millenari, basati sul reciproco rispetto e la pacifica convivenza. Il fattore scatenante è stato il tipo di islamizzazione che ha preso campo, non di tipo moderato ma caratterizzato da un'elevata radicalizzazione. Il cristiano non è più visto come un conterraneo di fede diversa, ma un potenziale agente occidentale, un nemico sul suolo patrio o peggio un traditore. Le condizioni dei cristiani sono peggiorate sia dal punto di vista religioso che civile, non è raro che per lavorare debba essere dichiarata la confessione religiosa, discriminando così i non mussulmani. In Egitto la delaicizzazione della politica ha introdotto nel parlamento formazioni basate su di una visione estrema dell'islamismo, che ha favorito una separazione sempre maggiore in chiave confessionale delle componenti sociali del paese. La tensione è andata sempre più innalzandosi, anche per motivi economici, fino all'attentato di Alessandria. Un'ipotesi verosimile, tra le tante, può essere che, come affermato dagli inquirenti, si sia trattato di un attentato effettuato dall'organizzazione terroristica Al Qaeda, in questo caso si potrebbe ipotizzare che sia stato compiuto con la chiara intenzione di soffiare sul fuoco per esasperare una situazione già fortemente compromessa. Provocare una guerra intestina potrebbe significare il coinvolgimento del mondo occidentale dalla parte dei cristiani, generando problematiche tali in grado di portare allo scontro diretto. Forse quello a cui mirano gli attentatori è l'unità islamica politica e militare, progetto da sempre percorso da Bin Laden, compattando i movimenti più estremi con una guerra di religione. Anche la questione palestinese, in quest'ottica assume un valore sempre più importante, sarà importante che i due contendenti seguano un profilo più basso possibile per non esasperare gli animi.
domenica 2 gennaio 2011
La Grecia vuole fortificare la frontiera con la Turchia
La Grecia pensa di costruire un vallo al confine con la Turchia sul modello di quello tra USA e Messico. E' la soluzione, secondo Atene, per bloccare il flusso più corposo di immigrazione illegale verso l'Europa, che passa proprio da questa frontiera. Se, da un lato, vi è del vero sull'entità del problema è anche assodato che siamo in un territorio piuttosto caldo dal punto di vista delle relazioni internazionali. Grecia e Turchia non si sono mai viste di buon occhio, ma in questo momento i rapporti tra i due stati confinanti sono vicini allo zero. La Turchia è sempre in lizza per entrare nell'Unione Europea e la costruzione di un confine invalicabile da parte del vicino più immediato è vissuto come l'ennesima bocciatura alle sue aspirazioni europeiste. Senza malizia la mossa greca desta qualche pensiero non proprio limpido sulle reali intenzioni dell'operazione. L'entrata nella UE del paese turco sposterebbe le frontiere dell'unione più a sud ed Atene non sarebbe più così l'estremità di Bruxelles; ciò potrebbe far perdere cospicui finanziamenti destinati al presidio delle friontiere. Costruire, con un investimento anche cospicuo, un sistema di fortificazione con la Turchia avrebbe l'effetto immediato di rafforzare gli scettici all'ingresso nella UE del nuovo paese rallentandone ulteriormente il processo di ingresso e nel caso di funzionamento del controllo dell'immigrazione illegale costituirebbe una prova aggiuntiva contro il paese del Bosforo, tra l'altro accusato, tra le righe, di non fare molto per impedire il passaggio dei migranti. Sarebbe il colpo definitivo all'ipotesi di un allargamento verso la Turchia dell'Unione Europea, l'occasione tanto desiderata dai contrari per porre fine ad ogni velleità europeista del paese della mezza luna. Atene è consapevole di fare leva su questi sentimenti: no all'immigrazione illegale e no alla Turchia, sono ragioni che permettono di sfondare porte aperte nei movimenti localistici e particolaristici, al governo in buona parte dei paesi dell'europa, proprio su questi alla fine fa leva la costruzione del vallo. Bruxelles ancora una volta si distingue per l'attendismo incerto, ancora una volta la mancanza di una guida univoca lascia le cose alla propria deriva: è l'ennesima prova della necessità di istituzioni europee meno compassate, più forti e più indipendenti.
venerdì 31 dicembre 2010
L'Ungheria al comando della UE
Da domani, primo gennaio 2011, l'Ungheria assumerà la presidenza della UE, è una data importante perchè il paese che prenderà il comando della tanto faticosamente costruita organizzazione che riunisce i paesi del vecchio continente, organismo sorto su basi e fondamenta di democrazia e rispetto, è affetto da una deriva autoritaria conclamata con la legge che prevede la restrizione del diritto di stampa e quindi di parola, presupposto minimo per ogni democrazia. Non saranno sei mesi facili per l'Europa, l'Ungheria non è disposta a cedere sulla legge sulla stampa, ma, altresì, già la Germania ed il Lussemburgo non hanno escluso ricorso a sanzioni (come già successo per l'Austria di Heider) e probabilmente altre nazioni si accoderanno. La prima riflessione è che si rischia perlomeno un rallentamento nell'attività dell'unione, in un momento che, al contrario, richiede decisioni veloci ed efficaci per fronteggiare i movimenti economici e di politica estera che susseguono a ritmi non proprio da burocrazia ingessata. Ma la seconda riflessione è ben più pesante della prima prchè abbraccia l'essenza stessa dell'unione europea: è stato un bene un allargamento così indiscriminato, come quello che ha coinvolto i paesi provenienti dal patto di Varsavia, senza un processo graduale che fosse capace di prevenire scongiurare elementi pericolosi per la democrazia come la legge ungherese? L'Unione Europea ha senz'altro anticorpi dentro le sue istituzioni capaci di debellare problemi del genere presso le democrazie più evolute, si pensi ai primi 15-18 membri, ma non pare avere i mezzi per fronteggiare casi come quello ungherese in maniera veloce e risolutiva, il rischio è di paralizzare un'attività che deve essere sempre più univoca per dare risposte che per essere efficaci devono essere ultraveloci. Nell'entusiasmo seguito a quella che si credeva un'europeizzazione facile, perchè basata essenzialmente sull'aspetto territoriale, non si è dato peso a società non ancora mature politicamente ne economicamente, i cui loro stessi governanti hanno privilegiato l'aspetto economico più che quello sociale e culturale. Nella realtà, purtroppo, l'europa di serie A e di serie B, non è solo un fatto economico, ma anche politico, ed il fatto grave è che se sul primo aspetto si sprecano le analisi, sul secondo ci sono voluti casi gravi su aspetti ormai dati per scontati per averne un risalto. L'Europa ha bisogno di sempre maggiore unità, ma non sulla carta, nella realtà operativa con organismi sempre più in grado di dare un respiro sovranazionale al loro raggio di azione, casi gravi come quello di Budapest anzichè unire, disgregano e devono essere previsti per essere debellati, anche mediante il ricorso a soluzioni estreme come l'espulsione dal consesso europeo.
martedì 28 dicembre 2010
Gli USA allertano le ambasciate
Gli Stati Uniti dimostrano di prendere sul serio la minaccia bombe alle ambasciate italiane dopo i recenti casi occorsi alle rappresentanze diplomatiche di Cile e Svizzera. Intensificata la vigilanza e messe in campo nuove procedure per evitare possibili attentati anche dopo i falsi allarmi registrati per le sedi delle ambasciate presso la Santa Sede di Albania e Finlandia. La pista principalmente indicata dagli inquirenti italiani riguarda il movimento anarco-insurrezionalista ed andrebbe inquadrata nel non facile momento legato all'approvazione della legge di riforma del sistema universitario, anche in funzione dei numerosi cortei che hanno percorso le maggiori città italiane. Tuttavia con l'approvazione della legge ed anche in concomitanza delle festività di fine anno l'ipotesi non sembra reggere per l'allentamento delle manifestazioni da parte dei gruppi studenteschi, che di fatto, non hanno raggiunto il loro proposito. In Italia, spesso la pista anarchica storicamente è andata bene per tutte le stagioni, salvo poi scoprire l'innocenza degli indagati. E' vero che non siamo in presenza di attentati particolarmente gravi, come quelli che hanno segnato tristemente la storia italiana dove l'anarchismo ha costituito il capro espiatorio di ben altri colpevoli; qui siamo in presenza, in definitiva di atti poco più gravi della pura dimostrazione contro obiettivi ben definiti, come la Svizzera, colpita per ritorsione a causa dell'estradizione di un componente del movimento anarchico. In quest'ottica la tesi del governo italiano potrebbe anche essere azzeccata, ma la domanda è perchè le bombe sono state inviate in questo momento? E perchè insistere con questa strategia mantenendo sulla corda le legazioni diplomatiche anche con falsi allarmi? Lo scacchiere degli obiettivi colpiti o soltanto minacciati non sembra essere unito da un legame, ed il momento non è che un episodio tra i tanti di difficoltà vissuto dal paese italiano e sullo sfondo le grandi crisi mondiali appaiono molto lontane, ma lo stato di emergenza applicato dagli USA pone altre domande: è solo routine o si pensa che dietro questi attentati vi sia qualcosa di più taciuto o sconosciuto dalle autorità italiane? La galassia dei destabilizzatori è talmente vasta di possibilità che ogni ipotesi è aperta, ma il fatto è che lo stato di allerta non riguarda la sola sede di Roma, ma tutte le rappresentanze USA presenti nel pianeta; se Washington pensa di essere sotto attacco probabilmente pensa anche di esserlo per qualcosa di definito. In questo momento i punti caldi sono la Corea, l'Iran, la Palestina, i rapporti con la Cina, qualcuno di questi motivi può essere legato allo stato di allerta?
lunedì 27 dicembre 2010
Angola: situazione sempre piu' difficile
La situazione in Angola sta precipitando, l'impasse del dopo elezioni non si sblocca quindi Laurent Gbagbo cerca di aprire un fronte esterno, accusando USA e Francia di essere dietro all'opposizione risultata vincente dalla tornata elettorale. La prima mossa e' stata della CEDEAO, l'organizzazione economica dei paesi dell'Africa dell'ovest, che ha minacciato il ricorso alla forza militare per ristabilire la pace nel paese. Questo ipotetico intervento e' diretto contro lo sconfitto delle elezioni, che rifiuta il verdetto del voto denunciando brogli, per Gbagbo dietro a questa minaccia vi e' l'azione concordata di USA e Francia per favorire il suo avversario. La Francia, dal canto suo, e' presente con 900 uomini sul territorio ivoriano, mentre sono 15.000 i cittadini francesi ivi residenti. Il ministro della difesa francese Juppe' ha sottolineato che l'uso della forza spetta alla decisione delle Nazioni Unite, ma che i cittadini francesi presenti sul suolo della nazione africana saranno difesi militarmente in caso di bisogno.
giovedì 23 dicembre 2010
La minaccia atomica in Corea
La tensione tra le due Coree è tutt'altro che superata, siamo in presenza di una continua gara a superarsi nelle provocazioni. Nei giorni scorsi la Corea del Nord aveva espresso una dichiarazione distaccata ma che sembrava chiudere la diatriba; la Corea del Sud non ha desistito dalle manovre ma, anzi ha intensificato l'attività militare con l'uso di missili anticarro, proprio sul confine conteso. A Pyongyang questi ultimi sviluppi sono stati vissuti come una ulteriore provocazione e ne è scaturita la dichiarazione più pericolosa dall'inizio della vicenda: la Corea del Sud, ha minacciato ufficialmente l'uso dell'arma nucleare come strumento di dissuasione a possibili nuove esercitazioni. Sia gli USA che la Corea del Sud, ufficialmente non hanno dato grande peso alla possibilità di ritorsione nucleare, giustificando le esercitazioni militari come normale routine compiuta da uno stato sovrano nell'ambito dei propri confini. Tuttavia c'è da credere che la minaccia nucleare non sia affatto sottovalutata a nessuna latitudine del pianeta, mai come ora dalla fine della guerra fredda, ma senza le garanzie di allora, siamo stati così vicini ad uno scoppio di guerra non convenzionale che contempli l'uso dell'arma atomica. Sottovalutare la minaccia non è salutare, Pyonyang è governata da un sistema fuori da ogni logica, forse solo la Cina può esercitare la sua influenza ma nel frattempo sarebbe bene che le parti avverse mantenessero un profilo il più basso possibile. L'ONU deve ora giocare un ruolo fondamentale crecando al più presto soluzione che permetta un'uscita onorevole per tutti gli attori, intavolare delle trattative che definiscano in modo definitivo la questione dei confini deve essere la prima priorità da percorrere come anticamera al problema nucleare.
mercoledì 22 dicembre 2010
Francia e Germania bloccano Schengen per Bulgaria e Romania
La Francia e la Germania hanno deciso di bloccare lo spazio di Schengen per Bulgaria e Romania e ne hanno informato la Commissione Europea. La decisione mette il dito nella piaga sul problema dei cittadini comunitari appartenenti alle nazioni di Bucarest e Sofia ed il rispettivo comportamento. Berlino e Parigi motivano la loro decisione imputando ai due paesi gli scarsi risultati nella lotta al crimine organizzato ed alla lotta alla corruzione e sul piano legislativo comunitario affermano che è necessaria l'unanimità per ratificare l'allargamento del trattato di libera circolazione. Le ragioni politiche di questa mossa stanno nel difficile momento e rapporto che i partiti al governo hanno con il loro elettorato e cercano di guadagnare consensi con una mossa ad effetto che non incida su bilanci già gravati dalla crisi. Tuttavia è innegabile che il problema in senso concreto esista ed anzi sia Bulgaria che Romania abbiano approfittato della situazione incamerando contributi destinati al problema che sono stati stornati su altri capitoli di bilancio. Ma la questione investe anche i rapporti tra i membri dell'Unione Europea confermando, di fatto, che esiste un'europa a due velocità e che l'edificio comunitario faticosamente costruito non possiede poi basi tanto solide. Il problema economico sta dietro la questione, l'investimento di risorse per combattere la criminalità richiede sempre maggiori investimenti, bloccare la libera circolazione permette di abbattere una quota considerevole del budget previsto senza troppi dolori sul fronte interno ed anche sul fronte europeo si possono tacitare le contestazioni da posizioni di forza. Funzionari dell'Unione Europea hanno comunque visitato sia Bulgaria che Romania per stilare un rapporto sui progressi dei rispettivi stati sulle materie del contendere e sulla base di questo rapporto la Commissione Europea emetterà presumibilmente una disposizione che in ogni caso sarà fonte di contrasti.
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