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martedì 29 ottobre 2019

イスラム国家指導者の死後の攻撃のリスク

米国の大統領によると、イスラム国家の指導者の死により、世界はより安全になります。しかし、国際的なシナリオは、カリフ制の報復と報復の可能性に対する懸念のようです。西側諸国では、まさにアメリカの襲撃で殺されたイスラム国家の長を復させる攻撃の恐れのために、警戒のレベルは最高です。実際、カリフ軍の分野での敗北により、古典的な軍事的対応がありそうにない場合、攻撃の可能性は非常に深刻に評価されます。占領地の軍事駐rison地と並行して発展したイスラム国家の戦術は、ジハードの国際化を促進し、カリフ制の枠外でそれを輸出すると同時に、テロ行為の方法を簡素化し、促進することでしたイスラム国家の兵士との同一性。私たちは、習慣の外で、不適切な武器を攻撃するための道具として使用しているため、従来のまたは爆発的な武器よりも容易に入手できるテロリストの様式を目撃しました。さらに、カリフ制からのプロパガンダは、ジハードの名のもとでテロ行為を犯したすべての人がイスラム国家の兵士として認識されることを可能にする、後援の募集を奨励しています。これらすべての理由により、個人からの敵対的な行為の危険性があり、したがって通常の知能行動では防止できないため、カリフ制の指導者の殺害に対する感情的な反応が考えられるため、注意のレベルは高くなっています。決して冷静で、アメリカ大統領のわずかな味の言葉でさえ、復Westernの目標として意図された西洋人に対するresを好む可能性があります。個々の行動の危険性は、カリフ制から直接もたらされる行動よりも高いと考えられています。これは、イスラム国家の構造に関する詳細情報があり、非公式および未知の支持者も含めて、広義ではなく公式訓練として理解されている;また、この段階で、カリフ制は、報復に関して組織の安全性を即座の目的とする行動に特権を与える可能性があるためです。国際的な観点から、カリフ制指導者の排除につながった行動は、トランプによって公に感謝されたトルコ人とクルド人の場合のように、互いに対立する軍隊の参加と調整されました。シリアのクルド人に加えて、イラン人と正確にトルコ人は、彼らが米軍と協力したと言います。特に、アンカラ外相は、トルコの役割が作戦の成功にとって重要であると強調した。クルド人に対する作戦と一致するトルコ政府の代表者の公式声明は、外交聴衆のほぼ満場一致の非難の時に国際的な認知を得ることを目指しているようです。もう一つの理由は、トルコがシリアと行った対立における、とりわけアメリカとの認定の探求であり、アサド軍との新たな同盟の枠組みに介入した瞬間に支援を必要とするクルド人。また、カリフ制の指導者とイスラム国家のスポークスマンが死んだ場所に対する作戦の領域は、特に反クルディッシュ機能においてトルコによって支持されているイスラム主義シリア民兵が主preする領土内にあることを覚えておくべきです。トルコの外務大臣が宣言し、発言したことは、トルコがアサドとクルドの民兵に対して好んで使用したイスラム国家テロリストを保護するとアンカラを信用しない試みでもある可能性があります。

خطر الهجمات بعد وفاة زعيم الدولة الإسلامية

وفقًا لرئيس الولايات المتحدة ، ومع وفاة زعيم الدولة الإسلامية ، يجب أن يكون العالم أكثر أمانًا ؛ ومع ذلك ، يبدو أن السيناريو الدولي يمثل مصدر قلق لعمليات الانتقام والانتقام المحتملة للخلافة. في الدول الغربية يكون مستوى التأهب من أعلى المستويات ، على وجه التحديد بسبب الخوف من الهجمات التي قد تنتقم من رئيس الدولة الإسلامية ، الذي قُتل في الغارة الأمريكية. في الواقع ، إذا كان رد الفعل العسكري الكلاسيكي يبدو غير مرجح ، بسبب الهزيمة في مجال قوات الخلافة ، يتم تقييم إمكانية الهجمات على محمل الجد. كان تكتيك الدولة الإسلامية ، الذي تطور بالتوازي مع الحامية العسكرية للأرض المحتلة ، هو تشجيع تدويل الجهاد لتصديره خارج حدود الخلافة ، وفي الوقت نفسه ، لتبسيط أساليب العمل الإرهابي وتسهيل الهوية مع جنود الدولة الإسلامية. لقد شهدنا الطرائق الإرهابية ، التي تستخدم خارج العادة ، الأسلحة غير المناسبة كأدوات للإساءة ، وبالتالي ، فهي أكثر سهولة من الأسلحة التقليدية أو المتفجرة. علاوة على ذلك ، شجعت الدعاية من الخلافة على تجنيد خلفي ، والسماح لأي شخص ارتكب عملا إرهابيا باسم الجهاد بالاعتراف كجندي في الدولة الإسلامية. لكل هذه الأسباب ، يكون مستوى الاهتمام مرتفعًا ، على وجه التحديد لأن خطر الأعمال العدائية القادمة من الأفراد ، وبالتالي من المستحيل منعها من خلال الفعل الاستخباري العادي ، هو رد فعل عاطفي محتمل نتيجة لقتل قادة الخلافة. حتى الكلمات التي لا تكون رصينة بأي حال من الأحوال وبأدنى ذوق للرئيس الأمريكي قد تفضل الاستياء ضد الغربيين ، والمقصود كهدف للانتقام. يعتبر خطر الأفعال الفردية أعلى من الأفعال التي تأتي مباشرة من الخلافة ، وذلك بفضل مزيد من المعلومات المتوفرة عن هيكل الدولة الإسلامية ، ويُفهم على أنه تدريب رسمي وليس بمعنى أوسع ، بما في ذلك أيضًا أتباع غير رسميين وغير معروفين. . أيضًا لأنه في هذه المرحلة ، يمكن للخلافة أن تميز إجراءً له هدف فوري يتمثل في سلامة المنظمة ، فيما يتعلق بالانتقام. من وجهة النظر الدولية ، تم تنسيق العمل الذي أدى إلى القضاء على زعيم الخلافة بمشاركة القوات العسكرية أيضًا في نزاع مع بعضها البعض ، كما في حالة الأتراك والأكراد ، وكلاهما شكرهما ترامب علنًا. بالإضافة إلى الأكراد السوريين ، يقول الإيرانيون وبالتحديد الأتراك إنهم تعاونوا مع القوات الأمريكية. على وجه الخصوص ، أكد وزير خارجية أنقرة على أن الدور التركي مهم لنجاح العملية. يبدو أن البيانات الرسمية لممثل الحكومة التركية ، التي تتزامن مع العمليات ضد الأكراد ، تهدف إلى الحصول على اعتراف دولي في وقت يشجب فيه الجمهور الدبلوماسي بالإجماع تقريبًا. سبب آخر قد يكون البحث عن اعتماد ، قبل كل شيء أمريكي ، في المواجهة التي أجرتها تركيا مع سوريا والتي تحتاج إلى الدعم في لحظة المواجهة مع قوات الأسد التي تدخل في إطار التحالف الجديد مع الأكراد. يجب أن نتذكر أيضًا أن منطقة العمليات ضد زعيم الخلافة والتي توفي فيها الناطق الرسمي باسم الدولة الإسلامية تقع أيضًا داخل الأراضي التي ترأسها الميليشيات السورية الإسلامية ، والتي تدعمها تركيا ، وخاصة في وظيفتها المعادية للأكراد. إن ما أعلنه وزير الخارجية التركي وأعلنه يمكن أن يكون محاولة لعدم الفضل لأنقرة في حماية إرهاب الدولة الإسلامية ، وهو ما فضلته تركيا واستخدمه ضد الأسد والميليشيات الكردية.

giovedì 17 ottobre 2019

L'evoluzione della crisi siriana

L’evoluzione della crisi dei territori curdi in Siria, causata dalla Turchia, mette in rilievo, come è stato previsto, la crescita del ruolo della Russia nell’area. La nuova alleanza tra curdi e siriani ha portato le truppe di Assad sul terreno, pericolosamente vicino ai soldati turchi; formalmente le forze armate di Damasco stanno operando sul proprio territorio, mentre l’esercito di Ankara ha invaso un territorio straniero, senza, tuttavia, dichiarare guerra. Il presidente turco ha presentato l’operazione come una battaglia contro il terrorismo e con la necessità di ricollocare i profughi siriani, presenti in gran numero in Turchia e male sopportati dai cittadini turchi. Il crescente nazionalismo nel paese turco e, proprio la volontà di riportare i profughi siriani in patria, ha determinato il gradimento della popolazione e delle forze politche della Turchia, che appoggiano il presidente turco con una percentuale del 75% dei cittadini. Questo successo favorisce una ancora maggiore intransigenza del governo di Ankara a perseguire i suoi obiettivi, incurante delle sanzioni americane e degli ammonimenti europei. In questo scenario pericoloso Mosca gioca un ruolo determinante per evitare la possibilità dell’allargamento del conflitto su scala regionale. Le truppe russe hanno occupato le basi lasciate libere dai soldati americani e, di fatto, sono tra i militare turchi e quelli siriani; non bisogna dimenticare però che la presenza russa non è neutrale, ma va inquadrata nell’alleanza con Damasco, alleanza che ha permesso la permanenza al potere di Assad. Il dittatore siriano, tuttavia, non sembra più un soggetto autonomo, come prima delle rivolte siriane, ma un capo di stato ormai troppo dipendente da Mosca. Putin, oltre al prestigio internazionale, continua così a perseguire la sua strategia per la presenza sul Mediterraneo e nel medioriente, con la possibilità sempre crescente di aumentare il suo peso specifico nell’arena internazionale. I curdi, pur di evitare una strage, hanno accettato di allearsi con la Siria, sapendo che Damasco non è un alleato affidabile, che quasi certamente ridurrà l’autonomia della regione curdo siriana. D’altra parte i morti tra i civili sono già numerosi ed il numero delle persone costrette a lasciare i propri luoghi di residenza viene stimato in circa 190.000 persone di cui si crede che 70.000 siano minorenni.  La Turchia, quindi, sta provocando in queste zone  un nuovo disastro umanitario, che segue quelli provocati dallo Stato islamico e di cui Ankara è stata probabilmente complice. Di fronte a questi soprusi la comunità internazionale appare divisa ed incerta sulle risposte da dare ed ancora una volta l’inettitudine di Trump risalta nel teatro internazionale. Anche l’Europa offre una immagine penosa, immobile nella sua divsione ed incertezza, mentre le Nazioni Unite presentano le solite iniziative senza risultati, evidenziando per l’ennesima volta la loro inadeguatezza ed inutilità. Per contrastare Ankara bastava lasciare i soldati americani al proprio posto in Siria, ma anche senza questa presenza sarebbe sufficente sottoporre la Turchia ad un regime di sanzioni come quello applicato alla Corea del Nord o all’Iran; se non vengono adottate queste soluzioni è soltanto perchè siamo di fronte ai soliti interessi particolari contrastanti degli attori politici coinvolti nella regione ed anche su scala globale. Oltre queste considerazioni esiste il pericolo concreto della fuga dei terroristi del califfato, fino ad ora custoditi nelle prigioni curde: tra loro vi sono anche numerosi combattenti stranieri pronti a rientrare nei loro paesi d’origine, tra cui molti europei, con un bagaglio di conoscenze militari apprese sul campo e facilmente impiegabili in potenziali attentati. Questo deve essere inquadrato in un discorso più ampio che comprende la rinascita dello Stato islamico, impossibilitato, per ora ad azioni militari su grande scala e, proprio per questo obbligato a dimostrare la sua forza con azioni fuori dai territori mediorientali. Le responsabilità turche sono evidenti e, se la comunità internazionale non saprà andare oltre le dichiarazioni di facciata, altri dittatori saranno pronti a difendere i loro interessi senza alcun timore: questa crisi può essere l’occasione per ristabilire il diritto attraverso la pressione diplomatica, ma soltanto se almeno la gran parte delle nazioni riusciranno a superare loro differenze: requisito difficile da concretizzarsi.

The evolution of the Syrian crisis

The evolution of the crisis of the Kurdish territories in Syria, caused by Turkey, highlights, as has been expected, the growth of Russia's role in the area. The new alliance between Kurds and Syrians brought Assad's troops to the ground, dangerously close to the Turkish soldiers; formally the armed forces of Damascus are operating on their territory, while the army of Ankara has invaded a foreign territory, without, however, declaring war. The Turkish president presented the operation as a battle against terrorism and the need to relocate Syrian refugees, present in large numbers in Turkey and badly endured by Turkish citizens. The growing nationalism in the Turkish country and, precisely the will to bring back the Syrian refugees to their homeland, has determined the approval of the population and the political forces of Turkey, which support the Turkish president with a percentage of 75% of the citizens. This success favors an even greater intransigence of the Ankara government to pursue its goals, regardless of American sanctions and European warnings. In this dangerous scenario, Moscow plays a decisive role in avoiding the possibility of the widening of the conflict on a regional scale. The Russian troops have occupied the bases left free by American soldiers and, in fact, are among the Turkish and Syrian soldiers; it must not be forgotten, however, that the Russian presence is not neutral, but must be seen in the alliance with Damascus, an alliance that allowed Assad to remain in power. The Syrian dictator, however, no longer seems an autonomous subject, like before the Syrian uprisings, but a head of state now too dependent on Moscow. Putin, in addition to international prestige, continues to pursue his strategy for presence on the Mediterranean and in the Middle East, with the ever increasing possibility of increasing his specific weight in the international arena. The Kurds, in order to avoid a massacre, have agreed to ally with Syria, knowing that Damascus is not a reliable ally, which will almost certainly reduce the autonomy of the Syrian Kurdish region. On the other hand, deaths among civilians are already numerous and the number of people forced to leave their places of residence is estimated at around 190,000 people, of whom 70,000 are believed to be minors. Turkey, therefore, is causing a new humanitarian disaster in these areas, which follows those caused by the Islamic state and of which Ankara was probably complicit. Faced with these abuses, the international community appears divided and uncertain about the answers to be given and once again Trump's ineptitude stands out in international theater. Even Europe offers a painful image, immobile in its deviation and uncertainty, while the United Nations presents the usual initiatives with no results, once again highlighting their inadequacy and uselessness. To counter Ankara it was enough to leave the American soldiers in their place in Syria, but even without this presence it would be sufficient to subject Turkey to a regime of sanctions such as that applied to North Korea or Iran; if these solutions are not adopted it is only because we are dealing with the usual conflicting interests of the political actors involved in the region and also on a global scale. Beyond these considerations there is the real danger of the escape of the terrorists of the caliphate, until now kept in Kurdish prisons: among them there are also numerous foreign fighters ready to return to their countries of origin, including many Europeans, with a wealth of knowledge military learned in the field and easily usable in potential attacks. This must be framed in a broader discourse that includes the rebirth of the Islamic State, which has been prevented for now by large-scale military actions and, for this very reason, forced to demonstrate its strength with actions outside the Middle Eastern territories. The Turkish responsibilities are evident and, if the international community will not be able to go beyond the facade declarations, other dictators will be ready to defend their interests without any fear: this crisis can be an opportunity to restore the right through diplomatic pressure, but only if at least most of the nations will be able to overcome their differences: a difficult requirement to materialize.

La evolución de la crisis siria.

La evolución de la crisis de los territorios kurdos en Siria, causada por Turquía, destaca, como se esperaba, el crecimiento del papel de Rusia en el área. La nueva alianza entre kurdos y sirios llevó a las tropas de Assad al suelo, peligrosamente cerca de los soldados turcos; formalmente las fuerzas armadas de Damasco están operando en su territorio, mientras que el ejército de Ankara ha invadido un territorio extranjero, sin embargo, sin declarar la guerra. El presidente turco presentó la operación como una batalla contra el terrorismo y la necesidad de reubicar a los refugiados sirios, presentes en grandes cantidades en Turquía y maltratados por los ciudadanos turcos. El creciente nacionalismo en el país turco y, precisamente, la voluntad de devolver a los refugiados sirios a su tierra natal, ha determinado la aprobación de la población y las fuerzas políticas de Turquía, que apoyan al presidente turco con un porcentaje del 75% de los ciudadanos. Este éxito favorece una intransigencia aún mayor del gobierno de Ankara para perseguir sus objetivos, independientemente de las sanciones estadounidenses y las advertencias europeas. En este escenario peligroso, Moscú juega un papel decisivo para evitar la posibilidad de la ampliación del conflicto a escala regional. Las tropas rusas han ocupado las bases dejadas libres por los soldados estadounidenses y, de hecho, se encuentran entre los soldados turcos y sirios; Sin embargo, no debe olvidarse que la presencia rusa no es neutral, sino que debe verse en la alianza con Damasco, una alianza que permitió a Assad permanecer en el poder. Sin embargo, el dictador sirio ya no parece un sujeto autónomo, como antes de los levantamientos sirios, sino un jefe de estado ahora demasiado dependiente de Moscú. Putin, además del prestigio internacional, continúa con su estrategia de presencia en el Mediterráneo y Oriente Medio, con la posibilidad cada vez mayor de aumentar su peso específico en el ámbito internacional. Los kurdos, para evitar una masacre, acordaron aliarse con Siria, sabiendo que Damasco no es un aliado confiable, lo que seguramente reducirá la autonomía de la región kurda siria. Por otro lado, las muertes entre civiles ya son numerosas y el número de personas obligadas a abandonar sus lugares de residencia se estima en alrededor de 190,000 personas, de las cuales 70,000 son menores de edad. Por lo tanto, Turquía está causando un nuevo desastre humanitario en estas áreas, que sigue a los causados ​​por el estado islámico y de los cuales Ankara probablemente fue cómplice. Ante estos abusos, la comunidad internacional parece dividida e insegura sobre las respuestas que se darán y, una vez más, la ineptitud de Trump se destaca en el teatro internacional. Incluso Europa ofrece una imagen dolorosa, inmóvil en su desviación e incertidumbre, mientras que Naciones Unidas presenta las iniciativas habituales sin resultados, destacando una vez más su insuficiencia e inutilidad. Para contrarrestar a Ankara fue suficiente dejar a los soldados estadounidenses en su lugar en Siria, pero incluso sin esta presencia sería suficiente para someter a Turquía a un régimen de sanciones como el que se aplica a Corea del Norte o Irán; Si no se adoptan estas soluciones es solo porque estamos tratando con los intereses en conflicto habituales de los actores políticos involucrados en la región y también a escala global. Más allá de estas consideraciones existe el peligro real de la fuga de los terroristas del califato, hasta ahora mantenidos en las cárceles kurdas: entre ellos también hay numerosos combatientes extranjeros listos para regresar a sus países de origen, incluidos muchos europeos, con una gran cantidad de conocimiento. Aprendizaje militar en el campo y fácilmente utilizable en posibles ataques. Esto debe enmarcarse en un discurso más amplio que incluye el renacimiento del Estado Islámico, que ha sido impedido por ahora por acciones militares a gran escala y, por esta misma razón, obligado a demostrar su fuerza con acciones fuera de los territorios del Medio Oriente. Las responsabilidades turcas son evidentes y, si la comunidad internacional no puede ir más allá de las declaraciones de fachada, otros dictadores estarán listos para defender sus intereses sin ningún temor: esta crisis puede ser una oportunidad para restaurar el derecho a través de la presión diplomática, pero solo si al menos la mayoría de las naciones podrán superar sus diferencias: un requisito difícil de materializar.

Die Entwicklung der Syrienkrise

Die von der Türkei verursachte Entwicklung der Krise der kurdischen Gebiete in Syrien unterstreicht erwartungsgemäß die zunehmende Rolle Russlands in der Region. Das neue Bündnis zwischen Kurden und Syrern brachte Assads Truppen zu Boden, gefährlich nahe an den türkischen Soldaten. formell operieren die Streitkräfte von Damaskus auf ihrem Territorium, während die Armee von Ankara in ein fremdes Territorium eingedrungen ist, ohne jedoch den Krieg zu erklären. Der türkische Präsident stellte die Operation als Kampf gegen den Terrorismus und die Notwendigkeit der Umsiedlung syrischer Flüchtlinge dar, die in der Türkei in großer Zahl leben und von türkischen Bürgern schwer ertragen werden. Der wachsende Nationalismus im türkischen Land und genau der Wille, die syrischen Flüchtlinge in ihre Heimat zurückzuholen, haben die Zustimmung der Bevölkerung und der politischen Kräfte der Türkei bestimmt, die den türkischen Präsidenten mit einem Prozentsatz von 75% der Bürger unterstützen. Dieser Erfolg begünstigt eine noch größere Unnachgiebigkeit der Regierung von Ankara, ihre Ziele ungeachtet amerikanischer Sanktionen und europäischer Warnungen zu verfolgen. In diesem gefährlichen Szenario spielt Moskau eine entscheidende Rolle, um die Möglichkeit einer Ausweitung des Konflikts auf regionaler Ebene zu vermeiden. Die russischen Truppen haben die von amerikanischen Soldaten freigelassenen Stützpunkte besetzt und gehören in der Tat zu den türkischen und syrischen Soldaten. Es darf jedoch nicht vergessen werden, dass die russische Präsenz nicht neutral ist, sondern muss im Bündnis mit Damaskus gesehen werden, einem Bündnis, das es Assad ermöglichte, an der Macht zu bleiben. Der syrische Diktator erscheint jedoch nicht mehr wie vor den syrischen Aufständen als eigenständiges Subjekt, sondern als zu stark von Moskau abhängiges Staatsoberhaupt. Neben dem internationalen Prestige verfolgt Putin auch weiterhin seine Strategie der Präsenz im Mittelmeerraum und im Nahen Osten, wobei die Möglichkeit, sein spezifisches Gewicht im internationalen Bereich zu erhöhen, immer weiter zunimmt. Um ein Massaker zu vermeiden, haben sich die Kurden mit Syrien verbündet, da sie wissen, dass Damaskus kein verlässlicher Verbündeter ist, was mit ziemlicher Sicherheit die Autonomie der syrisch-kurdischen Region einschränken wird. Auf der anderen Seite sind bereits zahlreiche Zivilisten getötet worden, und die Zahl der Menschen, die gezwungen wurden, ihren Wohnort zu verlassen, wird auf rund 190.000 geschätzt, von denen 70.000 als Minderjährige gelten. Die Türkei verursacht daher in diesen Gebieten eine neue humanitäre Katastrophe, die der vom islamischen Staat verursachten Katastrophe folgt, an der Ankara wahrscheinlich beteiligt war. Angesichts dieser Missbräuche scheint die internationale Gemeinschaft gespalten und unsicher zu sein, welche Antworten zu geben sind, und erneut sticht Trumps Unfähigkeit im internationalen Theater heraus. Sogar Europa bietet ein schmerzhaftes Bild, unbeweglich in seiner Abweichung und Unsicherheit, während die Vereinten Nationen die üblichen Initiativen ohne Ergebnis präsentieren und erneut auf ihre Unzulänglichkeit und Nutzlosigkeit hinweisen. Um Ankara entgegenzuwirken, reichte es aus, die amerikanischen Soldaten an ihrem Platz in Syrien zu lassen, aber auch ohne diese Anwesenheit würde es ausreichen, die Türkei einem Sanktionsregime wie dem gegen Nordkorea oder den Iran zu unterwerfen. Wenn diese Lösungen nicht angenommen werden, dann nur, weil wir uns mit den üblichen Interessenskonflikten der in der Region und auch global beteiligten politischen Akteure auseinandersetzen. Abgesehen von diesen Überlegungen besteht die reale Gefahr der Flucht der Terroristen des Kalifats, die bisher in kurdischen Gefängnissen festgehalten wurden: Unter ihnen befinden sich auch zahlreiche ausländische Kämpfer, die bereit sind, in ihre Herkunftsländer zurückzukehren, darunter viele Europäer mit einer Fülle von Kenntnissen Militär gelernt auf dem Gebiet und leicht verwendbar bei möglichen Angriffen. Dies muss in einen breiteren Diskurs eingebettet werden, der die Wiedergeburt des islamischen Staates einschließt, der vorerst durch groß angelegte militärische Aktionen verhindert und aus diesem Grund gezwungen wurde, seine Stärke mit Aktionen außerhalb des Nahen Ostens unter Beweis zu stellen. Die türkische Verantwortung ist offensichtlich, und wenn die internationale Gemeinschaft nicht in der Lage ist, über die Fassadenerklärungen hinauszugehen, werden andere Diktatoren bereit sein, ihre Interessen ohne Angst zu verteidigen: Diese Krise kann eine Gelegenheit sein, das Recht durch diplomatischen Druck wiederherzustellen, aber Nur wenn zumindest die meisten Nationen in der Lage sind, ihre Differenzen zu überwinden. Eine schwierige Anforderung, die umgesetzt werden muss.

L'évolution de la crise syrienne

L'évolution de la crise des territoires kurdes en Syrie, causée par la Turquie, met en évidence, comme on s'y attendait, le développement du rôle de la Russie dans la région. La nouvelle alliance entre Kurdes et Syriens a amené les troupes d'Assad sur le sol, dangereusement proches des soldats turcs; les forces armées de Damas opèrent officiellement sur leur territoire, tandis que l'armée d'Ankara a envahi un territoire étranger, sans toutefois déclarer la guerre. Le président turc a présenté l'opération comme une bataille contre le terrorisme et la nécessité de reloger des réfugiés syriens, présents en grand nombre en Turquie et mal supportés par les citoyens turcs. Le nationalisme croissant dans le pays turc et, précisément, la volonté de ramener les réfugiés syriens dans leur pays d'origine ont déterminé l'approbation de la population et des forces politiques de la Turquie, qui soutiennent le président turc avec un pourcentage de 75% des citoyens. Ce succès favorise une intransigeance encore plus grande du gouvernement d'Ankara dans la poursuite de ses objectifs, indépendamment des sanctions américaines et des avertissements européens. Dans ce scénario dangereux, Moscou joue un rôle décisif en évitant l'éventualité d'un élargissement du conflit à l'échelle régionale. Les troupes russes ont occupé les bases laissées libres par les soldats américains et, en fait, font partie des soldats turcs et syriens; Cependant, il ne faut pas oublier que la présence russe n'est pas neutre, mais doit être vue dans l'alliance avec Damas, alliance qui a permis à Assad de rester au pouvoir. Le dictateur syrien ne semble toutefois plus être un sujet autonome, comme avant les soulèvements syriens, mais un chef d'État désormais trop dépendant de Moscou. Outre son prestige international, Poutine poursuit sa stratégie de présence sur la Méditerranée et au Moyen-Orient, avec la possibilité toujours croissante d'accroître son poids spécifique sur la scène internationale. Pour éviter un massacre, les Kurdes ont accepté de s'allier à la Syrie, sachant que Damas n'est pas un allié fiable, ce qui réduira presque certainement l'autonomie de la région kurde syrienne. En revanche, les décès parmi les civils sont déjà nombreux et le nombre de personnes obligées de quitter leur lieu de résidence est estimé à environ 190 000 personnes, dont 70 000 seraient des mineurs. La Turquie est donc en train de provoquer une nouvelle catastrophe humanitaire dans ces régions, à la suite de celles provoquées par l'État islamique et dont Ankara était probablement complice. Face à ces abus, la communauté internationale apparaît divisée et incertaine quant aux réponses à apporter et une fois encore, l’ineptie de Trump se fait remarquer sur le théâtre international. Même l’Europe offre une image douloureuse, immobile dans ses déviations et ses incertitudes, tandis que l’ONU présente les initiatives habituelles sans résultat, soulignant une fois encore leur insuffisance et leur inutilité. Pour contrer Ankara, il suffisait de laisser les soldats américains à leur place en Syrie, mais même sans cette présence, il suffirait de soumettre la Turquie à un régime de sanctions tel que celui appliqué à la Corée du Nord ou à l'Iran; si ces solutions ne sont pas adoptées, c'est uniquement parce que nous traitons les intérêts contradictoires habituels des acteurs politiques impliqués dans la région ainsi qu'à l'échelle mondiale. Au-delà de ces considérations, il existe un réel danger d’évasion des terroristes du califat, incarcérés jusqu’à présent dans les prisons kurdes: parmi eux se trouvent également de nombreux combattants étrangers prêts à retourner dans leur pays d’origine, y compris de nombreux Européens, dotés de vastes connaissances les militaires ont appris sur le terrain et sont facilement utilisables dans les attaques potentielles. Cela doit s'inscrire dans un discours plus large qui inclut la renaissance de l'État islamique, qui a été empêché pour l'instant par des actions militaires à grande échelle et, pour cette raison même, obligé de démontrer sa force par des actions menées en dehors des territoires du Moyen-Orient. Les responsabilités de la Turquie sont évidentes et, si la communauté internationale ne peut pas aller au-delà des déclarations de façade, d'autres dictateurs seront prêts à défendre leurs intérêts sans crainte: cette crise peut être l'occasion de rétablir le droit par la pression diplomatique, mais si au moins la plupart des nations seront en mesure de surmonter leurs différences: une exigence difficile à concrétiser.