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giovedì 26 agosto 2021

パキスタンとタリバン:潜在的な放射性降下物との関係

 タリバンが奴隷制の連鎖を断ち切ったというパキスタンの指導者たちの満足は、イスラマバードがテロとの戦いにおいて信頼できない国であり、米国以外の目的を持つ同盟国であることのさらに別の確認です。これは新しいニュースではありませんが、過激なイスラム勢力の手にカブールが陥落したことで、異なる重要性を帯びています。パキスタンの秘密奉仕の支援は、アルカイダに対するワシントンとの戦いと並行して継続的かつ継続的であったが、イスラマバードと米国の両方で、相互協力と将来の関係を明らかにする時が来た。両国間の関係。ホワイトハウスはそれを自国だけでなく、パキスタンの態度の現在の脅威で常にアフガニスタンでの彼らのコミットメントに従った西側の同盟国にも負っている。確かに評価されるべき危険は、関係が悪化した場合に、パキスタンに中国のためにあまりにも多くのスペースを残すことです:しかし、これは計算されるべきリスクであり、パキスタンの態度がアフガニスタンの質問、それは確かに変わらないでしょう。しかし、パキスタン自体の中で分析を行う必要もあります。パキスタンは、最初の最も差し迫った問題として、アメリカの介入のおかげで大幅な改善を経験した後、イスラム過激派から逃れる難民の大規模な流出に直面しています。この側面は、人権の尊重の欠如、女性の差別、過激で暴力的なイスラム主義グループへの近さに対する国際的な不満の可能性と密接に関連しています。これらの考慮事項は、反インド機能において戦略的であると考えられているタリバンとの関係に関連して、イスラマバードが費用便益比に対して行わなければならない評価に必然的に存在しなければなりません。それは国の戦略的政策の利益のために非常に機能的であると考えられています。しかし、これは、まさにアフガニスタンのタリバンの力の増大のために、さまざまなアナリストによって国家の不安定化の可能性のある要因であると判断されたパキスタンのタリバン運動の発展を可能にしました。印象は、パキスタンが制御方法を知っていると信じていた現象に対する制御を失い、現在、政府は、内部問題と米国との弁証法の両方について、新しいアフガニスタン秩序との関係の両方について具体的な反省を強いられているということです。州。アフガニスタンのタリバンの部族起源に関しては、パシュトゥーン人の構成要素が大多数であるが、パキスタンの領土にも非常に存在していることに注意する必要があります。この問題は、イスラマバードの他の主要な同盟国、そしてもちろん、前述の米国に少なからず警告を発している。サウジアラビアと中国は、2001年にタリバンがアフガニスタン政府から追放されたことですでに地域を越えて広がっているテロの輸出を具体的に恐れている。本当の恐れは、アフガニスタンでのタリバンの権力の掌握に対する熱意が行動できることである。他の国で活動している過激なイスラム教徒グループへの刺激として。したがって、カブールの国境の外に潜在的な標的を持つ武装グループのための新しいアフガニスタンの力の支援を妨げるようにイスラマバードに北京とリヤドからの圧力がかかる可能性があります。これらの圧力が経済対策に具体化する可能性があり、経済データに深刻な赤字を抱えている国を非常に困難にする可能性があることは明らかです。これらすべての理由から、カブールとアフガニスタンの国のタリバン征服への熱意は公式に封じ込められたので、タリバンの公式の承認が行われ、テロリストグループの定義は国連によって残っています。イスラマバード政府は、タリバンの承認に関して、国の地域大国だけでなく国際当局も含めなければならない協議に向けられているように思われる。偽善によって損なわれているように見えるこれらの考慮事項を超えて、パキスタンの役割は、それが形成されたとき、カブールの新政府の影響の中心であり続けますが、とりわけタリバンとの関係、そして結果として関係イスラマバードができること。国際社会全体と一緒に。

باكستان وطالبان: علاقة مع تداعيات محتملة

 إن ارتياح القادة الباكستانيين لأن طالبان كسرت قيود العبودية هو تأكيد آخر على أن إسلام أباد بلد لا يمكن الاعتماد عليه في الحرب ضد الإرهاب وحليف له أغراض أخرى غير الولايات المتحدة. هذا ليس خبرا جديدا ، لكنه يأخذ أهمية مختلفة مع سقوط كابول في أيدي القوى الإسلامية المتطرفة. لقد كان دعم الأجهزة السرية الباكستانية متواصلاً ومستمراً ومتوازيًا مع القتال الدائر مع واشنطن ضد القاعدة ، لكن الوقت قد حان لتوضيح علاقات التعاون المتبادل والمستقبل داخل إسلام أباد والولايات المتحدة. العلاقات بين البلدين. يدين البيت الأبيض بذلك لبلده ، ولكن أيضًا لحلفائه الغربيين ، الذين اتبعوا دائمًا التزامهم في أفغانستان ، بالتهديد الحالي للموقف الباكستاني ؛ من المؤكد أن الخطر الذي يجب تقييمه هو ترك مساحة كبيرة للصين في باكستان ، في حالة تدهور العلاقات: لكن هذا خطر يجب حسابه ، وكذلك لوضع بكين في أزمة ، والتي تجاهها الموقف الباكستاني ، في السؤال الأفغاني ، بالتأكيد لن يتغير. ومع ذلك ، من الضروري أيضًا إجراء تحليل داخل باكستان نفسها ، والتي ، باعتبارها المشكلة الأولى والأكثر إلحاحًا ، تواجه نزوحًا جماعيًا للاجئين الفارين من التطرف الإسلامي ، بعد أن شهدت تحسنًا كبيرًا بفضل التدخل الأمريكي. يرتبط هذا الجانب ارتباطًا وثيقًا بالمظالم الدولية المحتملة من عدم احترام حقوق الإنسان والتمييز ضد المرأة والقرب من الجماعات الإسلامية المتطرفة والعنيفة. يجب أن تكون هذه الاعتبارات حاضرة بالضرورة في التقييمات التي يجب على إسلام أباد إجراؤها تجاه نسبة التكلفة والفائدة ، المتعلقة بالعلاقة مع طالبان ، والتي تعتبر استراتيجية في وظيفة معادية للهند: حكومة أفغانية مؤيدة لباكستان ، من هذا المنظور ، تعتبر فعالة للغاية لمصالح السياسة الجيوستراتيجية للبلاد ؛ ومع ذلك ، فقد سمح ذلك بتطور حركة طالبان الباكستانية ، والتي اعتبرها محللون مختلفون عاملاً محتملاً لزعزعة الاستقرار الوطني ، وتحديداً بسبب القوة المتزايدة لطالبان الأفغانية. الانطباع هو أن باكستان فقدت السيطرة على ظاهرة اعتقدت أنها تعرف كيفية السيطرة عليها والتي تجبر الحكومة الآن على التفكير بشكل ملموس ، سواء في العلاقات مع النظام الأفغاني الجديد ، في كل من المشاكل الداخلية والجدل مع الولايات المتحدة. تنص على. فيما يتعلق بالأصل القبلي لطالبان الأفغانية ، تجدر الإشارة إلى أن عنصر البشتون يشكل الأغلبية ، ولكنه موجود أيضًا بشكل كبير على الأراضي الباكستانية. هذه القضية تثير القلق ، وليس قليلاً ، الحلفاء الرئيسيين الآخرين لإسلام أباد ، وكذلك ، بالطبع ، الولايات المتحدة المذكورة أعلاه ؛ تخشى المملكة العربية السعودية والصين بشكل ملموس من تصدير الإرهاب ، الذي انتشر بالفعل خارج المنطقة مع طرد طالبان من الحكومة الأفغانية في عام 2001. والخوف الحقيقي هو أن الحماسة لاستيلاء طالبان على السلطة في أفغانستان ، يمكن أن تعمل. كحافز للجماعات الإسلامية الراديكالية العاملة في بلدان أخرى ؛ ومن هنا يأتي الضغط المحتمل من بكين والرياض على إسلام أباد لمنع دعم القوة الأفغانية الجديدة للجماعات المسلحة ذات الأهداف المحتملة خارج حدود كابول. من الواضح أن هذه الضغوط يمكن أن تتجسد في إجراءات اقتصادية قادرة على وضع دولة تعاني من عجز خطير في بياناتها الاقتصادية في صعوبة كبيرة. لكل هذه الأسباب ، تم احتواء الحماس رسميًا لغزو طالبان لكابول والدولة الأفغانية ، لدرجة أنه تم الاعتراف رسميًا بطالبان ، والذي يبقى تعريف الجماعة الإرهابية من قبل الأمم المتحدة. يبدو أن حكومة إسلام أباد ، فيما يتعلق بالاعتراف بطالبان ، تتجه نحو التشاور الذي يجب أن يشمل ، ليس فقط القوى الإقليمية في البلاد ، ولكن أيضًا السلطات الدولية. إلى جانب هذه الاعتبارات ، التي يبدو أنها أفسدها النفاق ، يظل دور باكستان محوريًا في تأثير الحكومة الجديدة في كابول ، عندما تمكنت من تشكيلها ، ولكن قبل كل شيء في العلاقات مع طالبان ، وبالتالي على العلاقات. التي ستكون إسلام أباد قادرة على القيام بها مع المجتمع الدولي بأسره.

giovedì 19 agosto 2021

Ripensare la politica estera USA: necessità per l'occidente

 L’evoluzione verso il basso della politica estera americana, culminata con la precipitosa ritirata dall’Afghanistan, è una vera e propria parabola discendente, che avvicina sempre più il paese nordamericano alla perdita della leadership mondiale. Sebbene Washington sia ancora la prima potenza mondiale il gap, non solo della Cina, con altre superpotenze sta diminuendo considerevolmente. Si è passati da uno scenario di bipolarismo negli anni Ottanta, con gli USA in competizione con l’URSS, ad una fase, seguita al crollo del gigante sovietico, di sostanziale ruolo di unica grande potenza planetaria ad un prossimo scenario multipolare, dove la Casa Bianca, difficilmente potrà influire in maniera decisiva su tutte le questioni di portata internazionali. Gli USA, probabilmente, resteranno la prima potenza mondiale, ma con la Cina molto vicino e con una serie di protagonisti regionali in grado di fare sentire il proprio ruolo in ambiti più ristretti, ma dove la specificità dell’esercizio del proprio peso rappresenterà un ostacolo a chi vorrà recitare un ruolo di supremazia planetaria. Ciò vale sia per le strategie geopolitiche, che comprendono gli assetti militari, che per quelli economici, spesso indissolubilmente legati ad equilibri di natura politica, dove è emergente anche la componente religiosa. Il declino americano è iniziato in modo evidente con Obama, che non ha voluto impegnarsi nel conflitto siriano, Trump ha continuato con la sua visione di tralasciare la politica estera, con l’idea di stornare risorse nell’economia interna, sbagliando i calcoli e la visione, che per essere i primi è necessario impegnarsi anche nei teatri esterni; alla fine è arrivato Biden, che ha vanificato anni di lotta al terrorismo, con un ritiro che doveva stabilizzare il proprio consenso, ottenendo, invece, il risultato inaspettato di una avversione generale a questa decisione anche all’interno del proprio partito. Tre presidenti, uno di seguito all’altro, hanno sbagliato perché hanno valutato troppo il peso dei sondaggi, adeguandosi alla tendenza generale della visione di breve periodo, non hanno stimolato in maniera efficace gli alleati, si sono fossilizzati su tattiche esclusivamente militari, senza considerare l’adeguata importanza delle infrastrutture sociali ed il coinvolgimento della parte buona delle popolazioni locali, atteggiamento che ha favorito una burocrazia inefficace e corrotta. Questi errori non sono stati fatti una volta sola, ma si sono ripetuti in diversi scenari di intervento e protratti nel tempo e denunciano chiaramente una inadeguatezza sia del ceto politico, che amministrativo americano: mancanze che uno stato che vuole esercitare la leadership mondiale non può permettersi; tuttavia questi errori sono ancora più gravi in una situazione internazionale molto cambiata, che ha visto arrivare nuovi competitor in grado di fare vacillare la supremazia americana. Certamente la Cina è la principale concorrente: l’avanzata sul piano dell’economia di Pechino, doveva, però, evitare agli USA di rimanere in uno stato di mancata variazione, caratterizzato dalla mancanza di lucidità e previsione, si è preferito, cioè, una navigazione di piccolo cabotaggio che ha fatto perdere di vista l’intero insieme ed ha determinato una chiusura in se stessa, che ha anche compromesso per lunghi tratti i rapporti con i principali alleati, gli europei. Ma proprio l’Europa si è rivelato un anello debole della politica estera americana, non che questo fosse un aspetto sconosciuto e che avesse anche fatto comodo agli americani, soltanto che nel contesto mutato, avere alleati sempre troppo dipendenti si è rivelato deleterio. Gli USA hanno bisogno dell’Europa e viceversa, non fosse altro per cercare di rallentare l’avanzata economica cinese, ma questo obiettivo è troppo limitante se si vuole fare prevalere i valori occidentali, ed è su questo tema che gli USA devono interrogarsi: oltrepassare i propri interessi immediati per raccogliere di più in futuro, anche dal punto di vista geostrategico, oltre che quello economico. Soltanto integrando maggiormente l’azione di USA e Europa si può riaffermare una supremazia, non più americana ma occidentale. Occorre un grande lavoro di mediazione perché le sfide e gli scenari saranno multipli e non su tutti si potrà imporre  una sintesi non sempre raggiungibile, ma questa è l’unica strada per potere cercare di contenere il terrorismo e le dittature e trovare nuove via per l’affermazione della democrazia, anche in forme diverse ma tali da superare forme dittatoriali politiche e religiose, che vogliono infiltrarsi nelle nostre imperfette democrazie.

Rethinking US foreign policy: a necessity for the West

 The downward evolution of American foreign policy, culminating in the hasty retreat from Afghanistan, is a downward trend that brings the North American country ever closer to the loss of world leadership. Although Washington is still the first world power, the gap, not only of China, with other superpowers is decreasing considerably. We went from a bipolar scenario in the Eighties, with the USA competing with the USSR, to a phase, following the collapse of the Soviet giant, of a substantial role as the only major planetary power to an upcoming multipolar scenario, where the House Bianca, is unlikely to have a decisive influence on all international issues. The USA will probably remain the first world power, but with China very close and with a series of regional players able to make their role felt in more restricted areas, but where the specificity of exercising their own weight will represent an obstacle. to those who want to play a role of planetary supremacy. This is true both for geopolitical strategies, which include military assets, and for economic ones, often inextricably linked to balances of a political nature, where the religious component is also emerging. The American decline began evidently with Obama, who did not want to engage in the Syrian conflict, Trump continued with his vision of leaving foreign policy, with the idea of ​​diverting resources into the domestic economy, miscalculating and vision, that in order to be the first, it is also necessary to engage in external theaters; in the end Biden arrived, who thwarted years of fighting terrorism, with a withdrawal that was supposed to stabilize his consensus, obtaining, instead, the unexpected result of a general aversion to this decision even within his own party. Three presidents, one after the other, were wrong because they evaluated the weight of the polls too much, adapting to the general trend of the short-term vision, they did not stimulate the allies effectively, they fossilized on exclusively military tactics, without considering the adequate importance of social infrastructures and the involvement of the good part of the local populations, an attitude that has favored an ineffective and corrupt bureaucracy. These mistakes have not been made just once, but have been repeated in various intervention scenarios and protracted over time and clearly denounce an inadequacy of both the American political and administrative class: shortcomings that a state that wants to exercise world leadership cannot afford. ; however, these errors are even more serious in a greatly changed international situation, which has seen the arrival of new competitors capable of shaking American supremacy. Certainly China is the main competitor: Beijing's economic advance, however, had to prevent the US from remaining in a state of lack of variation, characterized by a lack of clarity and foresight, that is, a small-scale coastal navigation which has made one lose sight of the whole whole and has determined a closure in itself, which has also compromised for long stretches relations with the main allies, the Europeans. But Europe itself proved to be a weak link in American foreign policy, not that this was an unknown aspect and that it had also been convenient for the Americans, only that in the changed context, having allies that are always too dependent has proved deleterious. The US needs Europe and vice versa, if only to try to slow down the Chinese economic advance, but this goal is too limiting if Western values ​​are to prevail, and it is on this issue that the US must ask itself: to go beyond its immediate interests to collect more in the future, also from a geostrategic point of view, as well as an economic one. Only by further integrating the action of the US and Europe can a supremacy be reaffirmed, no longer American but Western. A great deal of mediation work is needed because the challenges and scenarios will be multiple and not all of them will be able to impose a synthesis that is not always reachable, but this is the only way to be able to try to contain terrorism and dictatorships and find new ways for the affirmation of democracy, even in different forms but such as to overcome political and religious dictatorial forms, which want to infiltrate our imperfect democracies.

Repensar la política exterior de Estados Unidos: una necesidad para Occidente

 La evolución a la baja de la política exterior estadounidense, que culmina con la apresurada retirada de Afganistán, es una tendencia a la baja, que acerca cada vez más al país norteamericano a la pérdida del liderazgo mundial. Aunque Washington sigue siendo la primera potencia mundial, la brecha, no solo de China, con otras superpotencias está disminuyendo considerablemente. Pasamos de un escenario bipolar en los años ochenta, con Estados Unidos compitiendo con la URSS, a una fase, tras el colapso del gigante soviético, de un papel sustancial como única gran potencia planetaria a un escenario multipolar inminente, donde la Casa Bianca , es poco probable que tenga una influencia decisiva en todos los asuntos internacionales. Estados Unidos probablemente seguirá siendo la primera potencia mundial, pero con China muy cerca y con una serie de actores regionales capaces de hacer sentir su papel en áreas más restringidas, pero donde la especificidad de ejercer su propio peso representará un obstáculo. quieren jugar un papel de supremacía planetaria. Esto es cierto tanto para las estrategias geopolíticas, que incluyen activos militares, como para las económicas, a menudo indisolublemente ligadas a equilibrios de índole política, donde también está emergiendo el componente religioso. El declive estadounidense comenzó evidentemente con Obama, quien no quiso involucrarse en el conflicto sirio, Trump continuó con su visión de dejar la política exterior, con la idea de desviar recursos hacia la economía doméstica, mal de cálculo y visión, que con el fin de sea ​​el primero, también es necesario participar en teatros externos; al final llegó Biden, quien frustró años de lucha contra el terrorismo, con una retirada que se suponía estabilizaría su consenso, obteniendo, en cambio, el inesperado resultado de una aversión generalizada a esta decisión incluso dentro de su propio partido. Tres presidentes, uno tras otro, se equivocaron porque evaluaron demasiado el peso de las encuestas, adaptándose a la tendencia general de la visión de corto plazo, no estimularon eficazmente a los aliados, se fosilizaron en tácticas exclusivamente militares, sin considerar la adecuada importancia de las infraestructuras sociales y la implicación de buena parte de la población local, actitud que ha favorecido una burocracia ineficaz y corrupta. Estos errores no se han cometido una sola vez, sino que se han repetido en diversos escenarios de intervención y se han prolongado en el tiempo y denuncian claramente una inadecuación tanto de la clase política como administrativa estadounidense: carencias que un Estado que quiere ejercer el liderazgo mundial no puede permitirse. sin embargo, estos errores son aún más graves en una situación internacional muy cambiada, que ha visto la llegada de nuevos competidores capaces de sacudir la supremacía estadounidense. Ciertamente China es el principal competidor: el avance económico de Pekín, sin embargo, tuvo que evitar que EE. UU. Se mantuviera en un estado de falta de variación, caracterizado por una falta de claridad y previsión, es decir, una navegación costera a pequeña escala que ha hecho que perder de vista el conjunto y ha determinado un cierre en sí mismo, que también ha comprometido durante largos tramos las relaciones con los principales aliados, los europeos. Pero la propia Europa resultó ser un eslabón débil en la política exterior estadounidense, no que este fuera un aspecto desconocido y que también hubiera sido conveniente para los estadounidenses, solo que en el contexto cambiado, tener aliados que siempre son demasiado dependientes ha resultado perjudicial. . Estados Unidos necesita a Europa y viceversa, aunque solo sea para intentar frenar el avance económico chino, pero este objetivo es demasiado limitante para que prevalezcan los valores occidentales, y es sobre este tema que Estados Unidos debe preguntarse: ir más allá de sus intereses inmediatos para recaudar más en el futuro, también desde un punto de vista geoestratégico, así como económico. Solo integrando aún más la acción de Estados Unidos y Europa se podrá reafirmar una supremacía, ya no estadounidense sino occidental. Se necesita mucho trabajo de mediación porque los desafíos y escenarios serán múltiples y no todos ellos podrán imponer una síntesis no siempre alcanzable, pero esta es la única forma de poder intentar contener el terrorismo y las dictaduras. y encontrar nuevos caminos para la afirmación de la democracia, incluso en formas diferentes pero como la superación de formas dictatoriales políticas y religiosas, que quieren infiltrarse en nuestras democracias imperfectas.

Umdenken in der US-Außenpolitik: eine Notwendigkeit für den Westen

Die Abwärtsentwicklung der amerikanischen Außenpolitik, die im überstürzten Rückzug aus Afghanistan gipfelt, ist ein Abwärtstrend, der das nordamerikanische Land dem Verlust der Weltführung immer näher bringt. Obwohl Washington noch immer die erste Weltmacht ist, nimmt der Abstand nicht nur Chinas zu anderen Supermächten deutlich ab. Wir gingen von einem bipolaren Szenario in den achtziger Jahren, in dem die USA mit der UdSSR konkurrierten, über zu einer Phase, die nach dem Zusammenbruch des sowjetischen Riesen eine wesentliche Rolle als einzige große Planetenmacht spielte, zu einem bevorstehenden multipolaren Szenario, in dem das Haus Bianca , wird wohl keinen entscheidenden Einfluss auf alle internationalen Fragen haben. Die USA werden wahrscheinlich die erste Weltmacht bleiben, aber mit China ganz in der Nähe und mit einer Reihe von regionalen Akteuren, die ihre Rolle in engeren Bereichen geltend machen können, wo jedoch die Besonderheit der Ausübung ihres eigenen Gewichts ein Hindernis darstellen wird eine Rolle der planetarischen Vorherrschaft spielen wollen. Dies gilt sowohl für geopolitische Strategien, die militärische Vermögenswerte beinhalten, als auch für wirtschaftliche Strategien, die oft untrennbar mit politischen Gleichgewichten verbunden sind, bei denen auch die religiöse Komponente entsteht. Der amerikanische Niedergang begann offenbar mit Obama, der sich nicht auf den Syrienkonflikt einlassen wollte, Trump setzte seine Vision vom Ausstieg aus der Außenpolitik fort, mit der Idee, Ressourcen in die Binnenwirtschaft umzuleiten, sich verkalkuliert und visionär als erster ist es auch notwendig, sich in externen Theatern zu engagieren; am Ende kam Biden, der die jahrelange Terrorismusbekämpfung mit einem Rückzug vereitelte, der seinen Konsens stabilisieren sollte, und erhielt stattdessen das unerwartete Ergebnis einer allgemeinen Abneigung gegen diese Entscheidung auch innerhalb seiner eigenen Partei. Drei Präsidenten, einer nach dem anderen, lagen falsch, weil sie das Gewicht der Umfragen zu sehr einschätzten, sich dem allgemeinen Trend der kurzfristigen Vision anpassten, die Verbündeten nicht effektiv stimulierten, sie auf ausschließlich militärische Taktiken verharrten, ohne nachzudenken die angemessene Bedeutung sozialer Infrastrukturen und die Einbeziehung des guten Teils der lokalen Bevölkerung, eine Haltung, die eine ineffektive und korrupte Bürokratie begünstigt hat. Diese Fehler sind nicht nur einmal gemacht worden, sondern haben sich in verschiedenen Interventionsszenarien wiederholt und sich über die Zeit hingezogen und prangern eindeutig eine Unzulänglichkeit sowohl der amerikanischen politischen als auch der administrativen Klasse an: Mängel, die sich ein Staat, der Weltführerschaft ausüben will, nicht leisten kann. Diese Fehler sind jedoch in einer stark veränderten internationalen Situation noch schwerwiegender, in der neue Konkurrenten hinzugekommen sind, die die amerikanische Vormachtstellung erschüttern können. Sicherlich ist China der Hauptkonkurrent: Pekings wirtschaftlicher Fortschritt musste jedoch verhindern, dass die USA in einem Zustand der Variationslosigkeit verharren, der von mangelnder Klarheit und Weitsicht geprägt ist, also einer kleinen Küstenschifffahrt, die es geschafft hat das Ganze aus den Augen verlieren und in sich eine Abschottung beschlossen haben, die auch die Beziehungen zu den wichtigsten Verbündeten, den Europäern, auf lange Zeit kompromittiert hat. Aber Europa selbst erwies sich als schwaches Glied in der amerikanischen Außenpolitik, nicht dass dies ein unbekannter Aspekt und auch für die Amerikaner bequem gewesen wäre, nur dass sich in dem veränderten Kontext die immer zu abhängigen Verbündeten als schädlich erwiesen haben . Die USA brauchen Europa und umgekehrt, und sei es nur, um den wirtschaftlichen Fortschritt Chinas zu bremsen, aber dieses Ziel ist zu einschränkend, wenn westliche Werte sich durchsetzen sollen, und in dieser Frage müssen sich die USA fragen: Gehen über ihre unmittelbaren Interessen hinaus, in Zukunft mehr zu sammeln, auch aus geostrategischer und wirtschaftlicher Sicht. Nur durch eine weitere Integration des Vorgehens der USA und Europas kann eine Vormachtstellung bestätigt werden, nicht mehr amerikanisch, sondern westlich. Da die Herausforderungen und Szenarien vielfältig sein werden und nicht alle eine nicht immer erreichbare Synthese aufzwingen können, ist viel Vermittlungsarbeit nötig, aber nur so kann versucht werden, Terrorismus und Diktaturen einzudämmen und neue Wege zur Bestätigung der Demokratie zu finden, auch in unterschiedlichen Formen, aber etwa zur Überwindung politischer und religiöser diktatorischer Formen, die unsere unvollkommenen Demokratien unterwandern wollen.

Repenser la politique étrangère américaine : une nécessité pour l'Occident

 L'évolution à la baisse de la politique étrangère américaine, culminant avec le retrait précipité d'Afghanistan, est une tendance à la baisse, qui rapproche de plus en plus le pays nord-américain de la perte du leadership mondial. Bien que Washington soit toujours la première puissance mondiale, l'écart, pas seulement de la Chine, avec les autres superpuissances se réduit considérablement. On est passé d'un scénario bipolaire dans les années 80, avec les États-Unis en concurrence avec l'URSS, à une phase, après l'effondrement du géant soviétique, d'un rôle substantiel comme seule grande puissance planétaire à un scénario multipolaire à venir, où la Maison Bianca , est peu susceptible d'avoir une influence décisive sur toutes les questions internationales. Les USA resteront probablement la première puissance mondiale, mais avec la Chine très proche et avec une série d'acteurs régionaux capables de faire sentir leur rôle dans des zones plus restreintes, mais où la spécificité d'exercer leur propre poids représentera un obstacle pour ceux qui veulent jouer un rôle de suprématie planétaire. Cela vaut tant pour les stratégies géopolitiques, qui incluent des atouts militaires, que pour les stratégies économiques, souvent indissociables d'équilibres d'ordre politique, où la composante religieuse est également en train d'émerger. Le déclin américain a commencé évidemment avec Obama, qui ne voulait pas s'engager dans le conflit syrien, Trump a continué avec sa vision de sortir de la politique étrangère, avec l'idée de détourner des ressources vers l'économie nationale, erreur de calcul et vision, qu'afin de être le premier, il faut aussi s'engager dans des théâtres extérieurs ; Finalement, Biden est arrivé, qui a contrecarré des années de lutte contre le terrorisme, avec un retrait censé stabiliser son consensus, obtenant au contraire le résultat inattendu d'une aversion générale pour cette décision même au sein de son propre parti. Trois présidents, l'un après l'autre, se sont trompés car ils ont trop évalué le poids des sondages, s'adaptant à la tendance générale de la vision à court terme, ils n'ont pas stimulé efficacement les alliés, ils se sont fossilisés sur des tactiques exclusivement militaires, sans considérer l'importance adéquate des infrastructures sociales et l'implication de la bonne partie des populations locales, une attitude qui a favorisé une bureaucratie inefficace et corrompue. Ces erreurs n'ont pas été commises une seule fois, mais se sont répétées dans divers scénarios d'intervention et se sont prolongées dans le temps et dénoncent clairement une insuffisance à la fois de la classe politique et administrative américaine : des manquements qu'un État qui veut exercer un leadership mondial ne peut se permettre. cependant, ces erreurs sont encore plus graves dans un contexte international très modifié, qui a vu l'arrivée de nouveaux concurrents capables d'ébranler la suprématie américaine. Certes, la Chine est le principal concurrent : l'avancée économique de Pékin a cependant dû empêcher les Etats-Unis de rester dans un état d'absence de variation, caractérisé par un manque de clarté et de prévoyance, c'est-à-dire une petite navigation côtière qui a fait un perdre de vue l'ensemble et a déterminé une fermeture en soi, qui a également compromis pendant de longues périodes les relations avec les principaux alliés, les Européens. Mais l'Europe elle-même s'est avérée être un maillon faible de la politique étrangère américaine, non pas qu'il s'agissait d'un aspect inconnu et qu'il ait aussi été commode pour les Américains, seulement que dans le nouveau contexte, avoir des alliés toujours trop dépendants s'est avéré délétère . Les USA ont besoin de l'Europe et inversement, ne serait-ce que pour essayer de ralentir l'avancée économique chinoise, mais cet objectif est trop limitatif pour que les valeurs occidentales prévalent, et c'est sur cette question que les USA doivent se poser la question : aller au-delà de ses intérêts immédiats pour collecter davantage dans le futur, également d'un point de vue géostratégique, mais aussi économique. Ce n'est qu'en intégrant davantage l'action des États-Unis et de l'Europe que l'on pourra réaffirmer une suprématie, non plus américaine mais occidentale. Un gros travail de médiation est nécessaire car les enjeux et les scénarios seront multiples et tous ne sauront imposer une synthèse qui n'est pas toujours atteignable, mais c'est le seul moyen de pouvoir essayer de contenir le terrorisme et les dictatures et trouver de nouvelles voies pour l'affirmation de la démocratie, même sous des formes différentes mais de nature à dépasser les formes dictatoriales politiques et religieuses, qui veulent s'infiltrer dans nos démocraties imparfaites.