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mercoledì 29 settembre 2021

يعترف الجيش الأمريكي بمصداقية الولايات المتحدة المتدنية تجاه حلفائها

 ظهر كبار المسؤولين العسكريين للولايات المتحدة ، وقائد هيئة الأركان العامة وقائد القيادة المركزية ، المسؤول عن العمليات في أفغانستان ، أمام مجلس الشيوخ عقب الدعوة للرد على النهاية الفوضوية للصراع في أفغانستان. الدولة الأفغانية ، التي أعادت طالبان إلى السلطة ، والتي كان الجيش الأمريكي يقاتل ضدها منذ عام 2001. هذه المواجهة بين القادة العسكريين والمشرعين الأمريكيين سلطت الضوء على الافتقار التام للاتفاق بين الجيش والسلطة التنفيذية ، وهو خلاف ينطبق على كلاً من ترامب ، الأمر الذي عرّض الرئيس الديمقراطي بشكل متزايد إلى تشابه خطير مع سلفه ، بالنسبة لبايدن ، الذي كان قد نأى بنفسه عنه كثيرًا خلال الحملة الانتخابية. يسلط الخلاف بين الجيش والبيت الأبيض الضوء على مسؤولية بايدن في العلاقات السيئة التي تسبب فيها مع حلفائه في الاتحاد الأوروبي ، الذين يبدو أنهم لا يتبعون نصيحة قادته العسكريين. قرارات الرئيس الأمريكي ، الذي كان دائما يتحمل المسؤولية عن قراراته ، لم تأخذ في الاعتبار نصيحة الجيش ، واختار التحليلات الخاطئة للمخابرات الأمريكية. بدا أن رئيس الأركان يأسف لفقدان مصداقية الولايات المتحدة من قبل حلفائها الأوروبيين ، حيث عرّف صراحة خروجًا غير مقبول من الحرب الأفغانية بأنه ضرر. هذه الملاحظة ، التي تأتي في وقت صعب داخل الحلف الأطلسي ، تغذي عدم الثقة لدى الأوروبيين على وجه الخصوص وفرنسا على وجه الخصوص ، بسبب التغيير في السياسة الخارجية الأمريكية نحو المركزية التي تحولت من السيناريو الأوروبي إلى السيناريو الآسيوي. حتى وزير الدفاع ، الذي لم يوافق على تقييمات رئيس الأركان ، كان عليه أن يعترف بأن المصداقية الأمريكية يمكن التشكيك فيها ، على الرغم من قناعته الشخصية بالحفاظ على قيمة موثوقية عالية. لكن الضرر الأكبر الذي لحق بهيبة الرئيس جاء من قائد القيادة المركزية ، الذي أكد أن نية القادة العسكريين الأمريكيين كانت الاحتفاظ بكتيبة قوامها 2500 فرد ، وهو خيار رفضه بايدن ، لكنه تم الاتفاق عليه مع ترامب ؛ ومع ذلك ، لم يرغب كل من الرئيسين الأخيرين في التفكير في الخروج ليس على أساس التواريخ ، ولكن على شروط الامتثال ، كما اقترح الجيش. كما جاء القرار الخاطئ بسبب معلومات خاطئة من المخابرات الأمريكية ، والتي اعتقدت أن الجيش النظامي الأفغاني كان قادرًا على مواجهة هجوم طالبان دون مساعدة أمريكية ، لكن يجب تحديد أن تدريب الجيش الأفغاني كان مخصصًا للجيش الأمريكي ، والتي على الرغم من عدة مليارات من الدولارات المستثمرة لم تكن قادرة على جعل القوات المسلحة في كابول على استعداد كاف. على الرغم من الأحكام السلبية حول طرق الانسحاب ، أقر رئيس الأركان بأن بقاء الجيش الأمريكي كان سيعني صدامًا على الأرض مع طالبان وأيضًا التعرض للتهديدات المحتملة لتشكيلات الدولة الإسلامية الموجودة على الأراضي الأفغانية. . كانت استنتاجات أعضاء مجلس الشيوخ الأمريكي ، أن الفشل الأفغاني كان بسبب الاتفاقات المؤسفة التي عقدها ترامب مع طالبان (وجهة نظر ديمقراطية) ، إضافة إلى الإدارة الكارثية لبايدن (وجهة النظر الجمهورية) ، والنتيجة النهائية كانت مقتل 2500 أمريكي. . والنفايات البالغة 2.3 تريليون دولار ، والتي تمثل إخفاقًا أمريكيًا استراتيجيًا على نطاق تاريخي. بالإضافة إلى هذا التحليل ، يجب أن نضيف أيضًا أن الدولة الأفغانية ستعود إلى أرض يمكن للتشكيلات الإرهابية الإسلامية إعادة تنظيمها دون أي صراع ، نوعًا من القاعدة يمكن من خلالها تنظيم هجمات على الدول الغربية ، وتدريب الإرهابيين ومحاولة اقتراح نماذج أكثر طموحًا ، مثل الدولة الإسلامية. قرار بايدن ، إذا كان من الممكن فهمه بطريقة ما في إطار الأسباب السياسية المحلية ، يقلل من تصور الولايات المتحدة كقوة عظمى قادرة على حماية نفسها والغرب من التهديد الذي أصبح يشكل تهديدًا متزايدًا ، وإذا كان ينبغي لها ذلك. تحدث ، لا يمكن أن تُعزى إلا إلى سوء إدارة بايدن نفسه ، الذي سيتعرض للاضطهاد لهذا السبب أيضًا في كتب التاريخ.

lunedì 27 settembre 2021

Serbia e Kosovo rischiano il conflitto

 I movimenti delle truppe di Serbia e Kosovo sul confine che divide i due stati preoccupano l’Unione Europea e l’Alleanza Atlantica, che temono scontri armati tra le due parti. Il Kosovo non è riconosciuto come entità statale dalla Serbia, ma anche dalla Russia, dalla Cina e dalla Spagna, uno dei cinque paesi europei a rifiutare il riconoscimento per non alimentare, anche in maniera indiretta, la questione dell’indipendentismo catalano. La questione scatenante è dovuta alla decisione, peraltro in vigore da tempo, da parte di Pristina di rifiutare l’ingresso alle autovetture serbe, se non con la condizione di essere registrate con targhe provvisorie. Le minoranze serbe presenti nella parte settentrionale del Kosovo non hanno gradito il provvedimento e la tensione è salita fino al danneggiamento degli uffici del registro automobilistico ed al blocco di strade. L’area settentrionale kosovara non è nuova ad episodi del genere perché, essenzialmente, la minoranza serba rifiuta l’autorità del governo di Pristina; la stessa Serbia considera le frontiere con il Kosovo come semplici valichi amministrativi, proprio perché rifiuta il riconoscimento dell’indipendenza di quella che ancora considera una sua provincia. Pristina ha schierato le proprie forze speciali nelle zone a minoranza serba ed ha vietato l’ingresso sul proprio territorio alle vetture con targa serba, sostenendo che Belgrado ha attuato un provvedimento analogo, provocando, oltre i disordini e le devastazioni già citate, anche il blocco delle vie di comunicazione con il resto del paese mediante dei blocchi stradali attuati con autoarticolati dalla minoranza serba. Belgrado ha recepito lo schieramento delle truppe kosovare come una provocazione cui rispondere in modo analogo: oltre alle forze di terra serbe ormai presenti alla frontiera, la dimostrazione di forza ha compreso anche il sorvolo dei territori del Kosovo con aerei militari. La richiesta di Belgrado a Pristina è quella di ritirare il provvedimento sul divieto della circolazione delle auto con targa serba per evitare un eventuale conflitto. Risulta chiaro che queste provocazioni, che avvengono da ambo le parti, sono espedienti per innalzare in maniera strumentale, forse per questioni di politica interna, una tensione che si trascina da troppo tempo senza una definizione definitiva, capace di superare il costante stato di pericolo. La diplomazia internazionale è consapevole di una possibile deriva militare come strumento di definizione della crisi e, sia l’Unione Europea, che l’Alleanza Atlantica, si sono attivate invitando i rispettivi paesi a fermare lo stato di crisi ritirando gli schieramenti armati che si fronteggiano sulla linea di confine, sottolineando che ogni azione unilaterale sarà considerata inaccettabile. Entrambi i governi assicurano di non avere alcuna volontà di volere provocare un conflitto, ma entrambi, per il momento, non sembrano lavorare in maniera diplomatica per un confronto con la controparte; per la Serbia, che ha ufficialmente presentato la propria candidatura a diventare un paese dell’Unione Europea nel 2012, si tratta anche di una prova della propria affidabilità nei confronti di Bruxelles, che non potrà non tenere conto, in maniera negativa, di un eventuale comportamento irresponsabile da parte di Belgrado. Nella questione entra anche l’Albania, altro paese candidato all’ammissione nell’Unione Europea, con domanda ufficializzata nel 2014, che vive con preoccupazione l’escalation negativa della situazione, per i naturali legami con il Kosovo e la sua maggioranza albanese: in questo scenario si deve ricordare che Tirana è un membro effettivo dell’Alleanza Atlantica, mentre Belgrado è soltanto un membro associato; ciò pone l’organizzazione del Patto Atlantico in una posizione difficile, ragione per la quale il Segretario generale ha intensificato gli sforzi per una definizione pacifica della questione, tuttavia il pericolo della deflagrazione di un confronto militare all’interno del vecchio continente arriva in un momento storico molto delicato per l’Unione Europea a causa delle gravi difficoltà che sta attraversando il rapporto con gli Stati Uniti. L’eventuale necessità di una dissuasione di un conflitto, presumibilmente, vedrebbe Bruxelles come attore principale, senza l’adeguato appoggio di Washington: una prova a cui l’Europa, al momento, non è ancora preparata.

Serbia and Kosovo risk conflict

 The movements of the troops of Serbia and Kosovo on the border that divides the two states worry the European Union and the Atlantic Alliance, who fear armed clashes between the two sides. Kosovo is not recognized as a state entity by Serbia, but also by Russia, China and Spain, one of the five European countries to refuse recognition in order not to feed, even indirectly, the question of Catalan independence. The triggering issue is due to Pristina's decision, which has been in force for some time, to refuse entry to Serbian cars, except with the condition of being registered with provisional number plates. The Serbian minorities present in the northern part of Kosovo did not like the measure and the tension has risen up to the damage of the offices of the automobile register and the blocking of roads. The northern Kosovar area is not new to such episodes because, essentially, the Serbian minority rejects the authority of the government of Pristina; Serbia itself considers the borders with Kosovo as simple administrative crossings, precisely because it refuses the recognition of the independence of what it still considers its province. Pristina deployed its special forces in Serbian minority areas and banned cars with Serbian plates from entering its territory, arguing that Belgrade implemented a similar measure, causing, in addition to the disturbances and devastation already mentioned, also the blockade of communication routes with the rest of the country through roadblocks implemented with articulated lorries by the Serbian minority. Belgrade perceived the deployment of Kosovar troops as a provocation to be responded to in a similar way: in addition to the Serbian ground forces now present at the border, the show of force also included the overflight of the territories of Kosovo with military aircraft. Belgrade's request to Pristina is to withdraw the provision on the prohibition of the circulation of cars with Serbian plates to avoid a possible conflict. It is clear that these provocations, which take place on both sides, are expedients to raise in an instrumental way, perhaps for reasons of internal politics, a tension that has dragged on for too long without a definitive definition, capable of overcoming the constant state of danger. International diplomacy is aware of a possible military drift as a tool for defining the crisis and both the European Union and the Atlantic Alliance have taken action by inviting their respective countries to stop the state of crisis by withdrawing the armed sides that face each other. on the border line, stressing that any unilateral action will be considered unacceptable. Both governments assure that they have no will to want to provoke a conflict, but both, for the moment, do not seem to be working diplomatically for a confrontation with the other party; for Serbia, which officially presented its candidacy to become a country of the European Union in 2012, it is also a proof of its reliability towards Brussels, which cannot fail to take into account, in a negative way, a possible irresponsible behavior on the part of Belgrade. Albania also enters the question, another candidate country for admission to the European Union, with an application made official in 2014, which lives with concern the negative escalation of the situation, due to the natural ties with Kosovo and its Albanian majority: in this scenario it must be remembered that Tirana is an effective member of the Atlantic Alliance, while Belgrade is only an associate member; this places the organization of the Atlantic Pact in a difficult position, which is why the Secretary General has stepped up efforts for a peaceful definition of the question, however the danger of the explosion of a military confrontation within the old continent comes at a time very delicate historian for the European Union due to the serious difficulties that the relationship with the United States is going through. The possible need for a deterrent to a conflict, presumably, would see Brussels as the main actor, without adequate support from Washington: a test that Europe is not yet prepared for at the moment.

Serbia y Kosovo corren peligro de conflicto

 Los movimientos de las tropas de Serbia y Kosovo en la frontera que divide a los dos estados preocupan a la Unión Europea y la Alianza Atlántica, que temen enfrentamientos armados entre los dos bandos. Kosovo no es reconocido como entidad estatal por Serbia, sino también por Rusia, China y España, uno de los cinco países europeos que niegan el reconocimiento para no alimentar, ni siquiera indirectamente, la cuestión de la independencia catalana. El problema desencadenante se debe a la decisión de Pristina, que ha estado en vigor durante algún tiempo, de denegar la entrada a los automóviles serbios, excepto con la condición de estar matriculados con matrículas provisionales. A las minorías serbias presentes en la parte norte de Kosovo no les gustó la medida y la tensión aumentó hasta los daños en las oficinas del registro de automóviles y el bloqueo de carreteras. La zona norte de Kosovo no es nueva en este tipo de episodios porque, esencialmente, la minoría serbia rechaza la autoridad del gobierno de Pristina; La propia Serbia considera las fronteras con Kosovo como simples pasos administrativos, precisamente porque rechaza el reconocimiento de la independencia de lo que todavía considera su provincia. Pristina desplegó sus fuerzas especiales en zonas minoritarias serbias y prohibió la entrada a su territorio de vehículos con matrícula serbia, argumentando que Belgrado implementó una medida similar, provocando, además de los disturbios y devastación ya mencionados, también el bloqueo de las vías de comunicación con el resto de el país a través de barricadas implementadas con camiones articulados por la minoría serbia. Belgrado reconoció el despliegue de tropas kosovares como una provocación a la que responder de manera similar: además de las fuerzas terrestres serbias ahora presentes en la frontera, la demostración de fuerza también incluyó el sobrevuelo de los territorios de Kosovo con aviones militares. La solicitud de Belgrado a Pristina es retirar la disposición sobre la prohibición de la circulación de automóviles con matrícula serbia para evitar un posible conflicto. Es claro que estas provocaciones, que se dan por ambos lados, son expedientes para plantear de manera instrumental, quizás por razones de política interna, una tensión que se arrastra desde hace demasiado tiempo sin una definición definitiva, capaz de superar la constante estado de peligro. La diplomacia internacional es consciente de una posible deriva militar como herramienta para definir la crisis y, tanto la Unión Europea como la Alianza Atlántica han actuado invitando a sus respectivos países a detener el estado de crisis retirando los bandos armados que se enfrentan. en la línea fronteriza, destacando que cualquier acción unilateral será considerada inaceptable. Ambos gobiernos aseguran que no tienen la voluntad de querer provocar un conflicto, pero ambos, por el momento, no parecen estar trabajando diplomáticamente por un enfrentamiento con la otra parte; para Serbia, que presentó oficialmente su candidatura para convertirse en país de la Unión Europea en 2012, es también una prueba de su seriedad hacia Bruselas, que no puede dejar de tener en cuenta, de forma negativa, un posible comportamiento irresponsable por parte de de Belgrado. Albania también entra en la cuestión, otro país candidato a la admisión a la Unión Europea, con una solicitud oficializada en 2014, que vive con preocupación la escalada negativa de la situación, debido a los vínculos naturales con Kosovo y su mayoría albanesa: en este escenario hay que recordar que Tirana es un miembro efectivo de la Alianza Atlántica, mientras que Belgrado es solo un miembro asociado; esto coloca a la organización del Pacto Atlántico en una posición difícil, razón por la cual el Secretario General ha redoblado los esfuerzos para una definición pacífica de la cuestión, sin embargo el peligro de la explosión de un enfrentamiento militar dentro del viejo continente llega en un momento muy delicado historiador para la Unión Europea por las graves dificultades que atraviesa la relación con Estados Unidos. La posible necesidad de una disuasión de un conflicto, presumiblemente, vería a Bruselas como el actor principal, sin el apoyo adecuado de Washington: una prueba para la que Europa aún no está preparada en este momento.

Serbien und Kosovo riskieren Konflikt

 Die Bewegungen der Truppen Serbiens und des Kosovo an der Grenze, die die beiden Staaten trennt, beunruhigen die Europäische Union und das Atlantische Bündnis, die bewaffnete Zusammenstöße zwischen den beiden Seiten befürchten. Kosovo wird von Serbien nicht als staatliche Einheit anerkannt, aber auch von Russland, China und Spanien, einem der fünf europäischen Länder, die die Anerkennung verweigern, um die Frage der katalanischen Unabhängigkeit nicht einmal indirekt zu nähren. Auslöser ist die seit einiger Zeit geltende Entscheidung von Pristina, serbischen Autos die Einreise zu verweigern, außer unter der Bedingung, mit provisorischen Nummernschildern registriert zu werden. Den im nördlichen Kosovo anwesenden serbischen Minderheiten gefiel die Maßnahme nicht und die Spannungen stiegen bis hin zu Schäden an den Kfz-Büros und Straßensperrungen. Der nördliche Kosovo-Raum ist nicht neu für solche Episoden, weil die serbische Minderheit im Wesentlichen die Autorität der Regierung von Pristina ablehnt; Serbien selbst betrachtet die Grenzen zum Kosovo als einfache Verwaltungsübergänge, gerade weil es die Anerkennung der Unabhängigkeit seiner noch immer als seine Provinz bezeichneten Provinz verweigert. Pristina setzte seine Spezialeinheiten in serbischen Minderheitengebieten ein und verbot Autos mit serbischen Kennzeichen die Einfahrt in sein Hoheitsgebiet das Land durch Straßensperren, die von der serbischen Minderheit mit Sattelzügen errichtet wurden. Belgrad erkannte den Einsatz der kosovarischen Truppen als Provokation an, auf die in ähnlicher Weise reagiert werden sollte: Neben den nun an der Grenze präsenten serbischen Bodentruppen umfasste die Machtdemonstration auch das Überfliegen der Gebiete des Kosovo mit Militärflugzeugen. Belgrads Bitte an Pristina besteht darin, die Bestimmung über das Verbot des Verkehrs von Autos mit serbischen Kennzeichen zurückzuziehen, um einen möglichen Konflikt zu vermeiden. Es ist klar, dass diese Provokationen, die auf beiden Seiten stattfinden, zweckmäßig sind, um, vielleicht aus innenpolitischen Gründen, eine Spannung, die sich zu lange ohne endgültige Definition hingezogen hat und die die Konstante überwinden kann, instrumental zu erhöhen Zustand der Gefahr. Die internationale Diplomatie ist sich einer möglichen militärischen Verschiebung als Instrument zur Definition der Krise bewusst, und sowohl die Europäische Union als auch das Atlantische Bündnis haben Maßnahmen ergriffen, indem sie ihre jeweiligen Länder aufgefordert haben, den Zustand der Krise durch den Rückzug der einander gegenüberstehenden bewaffneten Seiten zu beenden. an der Grenze und betont, dass einseitige Maßnahmen als inakzeptabel angesehen werden. Beide Regierungen versichern, dass sie keinen Willen haben, einen Konflikt provozieren zu wollen, aber beide scheinen derzeit nicht diplomatisch auf eine Konfrontation mit der anderen Partei hinzuarbeiten; für Serbien, das 2012 offiziell seine Kandidatur als Land der Europäischen Union präsentierte, ist es auch ein Beweis für seine Verlässlichkeit gegenüber Brüssel, die ein mögliches verantwortungsloses Verhalten der Seite negativ berücksichtigen muss von Belgrad. Auch Albanien stellt sich mit einem 2014 offiziell gestellten Antrag ein weiteres Kandidatenland für die Aufnahme in die Europäische Union, das mit Besorgnis die negative Eskalation der Lage aufgrund der natürlichen Bindungen zum Kosovo und seiner albanischen Mehrheit lebt: in diesem Szenario es muss daran erinnert werden, dass Tirana ein effektives Mitglied der Atlantischen Allianz ist, während Belgrad nur ein assoziiertes Mitglied ist; dies bringt die Organisation des Atlantikpaktes in eine schwierige Lage, weshalb der Generalsekretär seine Bemühungen um eine friedliche Klärung der Frage verstärkt hat, jedoch die Gefahr der Explosion einer militärischen Konfrontation innerhalb des alten Kontinents zu einem Zeitpunkt sehr groß ist ein heikler Historiker für die Europäische Union aufgrund der ernsthaften Schwierigkeiten, die die Beziehungen zu den Vereinigten Staaten durchmachen. Die mögliche Notwendigkeit einer Konfliktabschreckung würde vermutlich Brüssel als Hauptakteur sehen, ohne ausreichende Unterstützung aus Washington: ein Test, auf den Europa derzeit noch nicht vorbereitet ist.

La Serbie et le Kosovo risquent un conflit

 Les mouvements des troupes de Serbie et du Kosovo sur la frontière qui sépare les deux Etats inquiètent l'Union européenne et l'Alliance atlantique, qui craignent des affrontements armés entre les deux parties. Le Kosovo n'est pas reconnu comme entité étatique par la Serbie, mais aussi par la Russie, la Chine et l'Espagne, l'un des cinq pays européens à refuser la reconnaissance afin de ne pas alimenter, même indirectement, la question de l'indépendance catalane. Le problème déclencheur est dû à la décision de Pristina, en vigueur depuis un certain temps, de refuser l'entrée aux voitures serbes, sauf à condition d'être immatriculée avec des plaques d'immatriculation provisoires. Les minorités serbes présentes dans la partie nord du Kosovo n'aimaient pas la mesure et la tension montait jusqu'aux dégradations des bureaux du registre automobile et au blocage des routes. La région du nord du Kosovo n'est pas nouvelle pour de tels épisodes car, pour l'essentiel, la minorité serbe rejette l'autorité du gouvernement de Pristina ; La Serbie elle-même considère les frontières avec le Kosovo comme de simples passages administratifs, précisément parce qu'elle refuse la reconnaissance de l'indépendance de ce qu'elle considère encore comme sa province. Pristina a déployé ses forces spéciales dans les zones minoritaires serbes et interdit aux voitures avec des plaques d'immatriculation serbes d'entrer sur son territoire, arguant que Belgrade a mis en œuvre une mesure similaire, provoquant, outre les troubles et les dévastations déjà mentionnés, également le blocage des voies de communication avec le reste de la le pays par des barrages routiers mis en place avec des semi-remorques par la minorité serbe. Belgrade a reconnu le déploiement de troupes kosovares comme une provocation à laquelle il fallait répondre de la même manière : outre les forces terrestres serbes désormais présentes à la frontière, la démonstration de force comprenait également le survol des territoires du Kosovo avec des avions militaires. La demande de Belgrade à Pristina est de retirer la disposition sur l'interdiction de circulation des voitures avec des plaques serbes pour éviter un éventuel conflit. Il est clair que ces provocations, qui ont lieu de part et d'autre, sont des expédients pour soulever de manière instrumentale, peut-être pour des raisons de politique intérieure, une tension qui traîne depuis trop longtemps sans définition définitive, capable de surmonter la constante état de danger. La diplomatie internationale est consciente d'une possible dérive militaire comme outil de définition de la crise et, tant l'Union européenne que l'Alliance atlantique ont agi en invitant leurs pays respectifs à mettre fin à l'état de crise en retirant les camps armés qui se font face. à la frontière, soulignant que toute action unilatérale sera considérée comme inacceptable. Les deux gouvernements assurent qu'ils n'ont aucune volonté de vouloir provoquer un conflit, mais tous deux, pour le moment, ne semblent pas travailler diplomatiquement pour une confrontation avec l'autre partie ; pour la Serbie, qui a officiellement présenté sa candidature pour devenir un pays de l'Union européenne en 2012, c'est aussi une preuve de sa fiabilité vis-à-vis de Bruxelles, qui ne peut manquer de prendre en compte, de manière négative, un éventuel comportement irresponsable de la part de Belgrade. L'Albanie entre également en cause, autre pays candidat à l'adhésion à l'Union européenne, avec une candidature officialisée en 2014, qui vit avec inquiétude l'escalade négative de la situation, du fait des liens naturels avec le Kosovo et sa majorité albanaise : dans ce scénario il faut rappeler que Tirana est un membre effectif de l'Alliance atlantique, tandis que Belgrade n'en est qu'un membre associé ; cela place l'organisation du Pacte atlantique dans une position difficile, c'est pourquoi le Secrétaire général a intensifié les efforts pour une définition pacifique de la question, mais le danger d'explosion d'un affrontement militaire au sein du vieux continent intervient à un moment très historien délicat pour l'Union européenne en raison des graves difficultés que traverse la relation avec les États-Unis. L'éventuel besoin d'un moyen de dissuasion à un conflit ferait vraisemblablement de Bruxelles l'acteur principal, sans le soutien adéquat de Washington : un test auquel l'Europe n'est pas encore préparée pour le moment.

Sérvia e Kosovo arriscam conflito

 Os movimentos das tropas da Sérvia e do Kosovo na fronteira que divide os dois Estados preocupam a União Europeia e a Aliança Atlântica, que temem confrontos armados entre as duas partes. O Kosovo não é reconhecido como entidade estatal pela Sérvia, mas também pela Rússia, China e Espanha, um dos cinco países europeus a recusar o reconhecimento para não alimentar, mesmo que indiretamente, a questão da independência catalã. A questão que o desencadeou deveu-se à decisão de Pristina, há algum tempo em vigor, de recusar a entrada aos automóveis sérvios, salvo na condição de estar matriculada em matrículas provisórias. As minorias sérvias presentes na parte norte do Kosovo não gostaram da medida e a tensão aumentou até aos danos nos escritórios do registo automóvel e ao bloqueio de estradas. A área do norte do Kosovar não é nova para tais episódios porque, essencialmente, a minoria sérvia rejeita a autoridade do governo de Pristina; A própria Sérvia considera as fronteiras com o Kosovo simples travessias administrativas, precisamente porque recusa o reconhecimento da independência do que ainda considera sua província. Pristina implantou suas forças especiais em áreas da minoria sérvia e proibiu a entrada de carros com placas sérvias em seu território, argumentando que Belgrado implementou medida semelhante, causando, além dos distúrbios e devastação já mencionados, também o bloqueio das vias de comunicação com o resto do o país por meio de bloqueios de estradas implementados com caminhões articulados pela minoria sérvia. Belgrado reconheceu o destacamento de tropas kosovares como uma provocação a ser respondida de forma semelhante: além das forças terrestres sérvias agora presentes na fronteira, a demonstração de força incluiu também o sobrevoo dos territórios do Kosovo com aeronaves militares. O pedido de Belgrado a Pristina é a retirada da disposição sobre a proibição da circulação de carros com placas sérvias para evitar um possível conflito. É claro que essas provocações, que acontecem dos dois lados, são expedientes para suscitar de forma instrumental, talvez por razões de política interna, uma tensão que se arrasta há muito tempo sem uma definição definitiva, capaz de superar a constante. estado de perigo. A diplomacia internacional está ciente de uma possível deriva militar como instrumento de definição da crise e, tanto a União Europeia como a Aliança Atlântica agiram convidando os respectivos países a travar o estado de crise retirando os lados armados que se enfrentam. na linha de fronteira, ressaltando que qualquer ação unilateral será considerada inaceitável. Ambos os governos asseguram que não desejam provocar um conflito, mas ambos, no momento, não parecem estar trabalhando diplomaticamente para um confronto com a outra parte; para a Sérvia, que apresentou oficialmente a sua candidatura a país da União Europeia em 2012, é também uma prova da sua fiabilidade para com Bruxelas, que não pode deixar de ter em conta, de forma negativa, um eventual comportamento irresponsável da parte de Belgrado. Também entra em questão a Albânia, outro país candidato à admissão à União Europeia, com candidatura oficializada em 2014, que vive com preocupação o agravamento negativo da situação, devido aos laços naturais com o Kosovo e a sua maioria albanesa: neste cenário é preciso lembrar que Tirana é membro efetivo da Aliança Atlântica, enquanto Belgrado é apenas membro associado; isto coloca a organização do Pacto Atlântico em uma posição difícil, razão pela qual o Secretário-Geral tem intensificado os esforços para uma definição pacífica da questão, porém o perigo de explosão de um confronto militar dentro do velho continente vem em um momento muito delicado historiador da União Européia pelas sérias dificuldades que atravessa o relacionamento com os Estados Unidos. A possível necessidade de dissuasão de um conflito, presumivelmente, veria Bruxelas como o ator principal, sem o apoio adequado de Washington: um teste para o qual a Europa ainda não está preparada neste momento.