ظل موقف أوروبا في مواجهة الأزمة الأوكرانية يتسم بالاستفادة القصوى من الدبلوماسية ، حتى بعد زيادة تواجد الجيش الروسي على الحدود بين البلدين. الإشارات ، التي أرسلتها بروكسل إلى الكرملين ، تدعم الحل التفاوضي بين الأطراف ، والذي يجب أن يستبعد أي حل عسكري ، ولكن في الوقت نفسه ، تم التأكيد مجددًا على إرادة الشركة للمضي قدمًا في عقوبات قاسية بشكل خاص ، إذا موسكو ستشن هجوما ضد كييف. وجدد رئيس المجلس الأوروبي تضامن الاتحاد الأوروبي مع الرئيس الأوكراني ، مؤكداً رد فعل بروكسل على مواصلة ضمان السلام والاستقرار العالمي والأمن المشترك ، وهي مفاهيم تتماشى مع القيم الأوروبية. ومع ذلك ، سيكون من الضروري التحقق مما إذا كانت هذه الإعلانات ستتبع بخطوات محددة ، يُعلن أنها ضرورية حتى قبل غزو محتمل للبلد الأوكراني. في الواقع ، بعد الأمل في نهاية إيجابية ، يبدو أن الوضع ساء مرة أخرى في منطقة حدودية يبلغ طولها حوالي 200 كيلومتر. تشير الانفجارات العديدة ، حوالي 500 ، إلى بدء القصف في المناطق المتنازع عليها ، حيث كان من الممكن أن يكون هناك أيضًا قتال بين القوات غير النظامية التي تحيط بروسيا. حذر الحلف الأطلسي مرارًا وتكرارًا من احتمال أن تنتهز روسيا أي فرصة لتبرير الغزو كذريعة ، إلى حد تصور بناء هجمات كاذبة ضد جيشها. قد يكون السياق الحالي للقتال الحدودي ، وإن كان بقوات غير نظامية ، الذريعة الحاسمة لاستكمال غزو أوكرانيا ، وكذلك للتغلب على مشكلة ارتفاع درجات الحرارة ، والتي تشكل عقبة كبيرة أمام تحركات المركبات الثقيلة والمدرعات في الكرملين. ومع ذلك ، في الوقت الحالي ، لم يحكم الاتحاد الأوروبي على وضع المعارك المسجلة ، مثل رفع مستوى المواجهة الدبلوماسية وبالتالي عدم تفعيل العقوبات ضد موسكو ، والعقوبات ، والتي وفقًا للائحة الحالية ، يجب الموافقة عليها بالإجماع وعلى الرغم من قناعات الممثل الأعلى للسياسة الخارجية الأوروبية فيما يتعلق بتضامن استجابة بروكسل ، فإن هذه النتيجة لا تبدو واضحة. قد تقلق الشكوك الدولة المجرية ، ولم تظهر ألمانيا نفسها مقتنعة للغاية لاتخاذ مواقف واضحة ضد بوتين. وتتعلق الأسلحة التي يعتزم الاتحاد استخدامها بالعقوبات القادرة على استهداف القطاعات المالية والتكنولوجية ، بالإضافة إلى عرقلة حركة رجال الأعمال الروس الذين يعملون عادة داخل أراضي الاتحاد. لا يزال يتعين التحقق مما إذا كانت قناعة القادة الأوروبيين بالقدرة على ضرب روسيا بشدة ، صحيحة ؛ من المؤكد أن الاقتصاد الروسي يبدو أنه يواجه صعوبات ، لكن من الضروري إجراء تقييم دقيق لما تتوقعه بوتين فيما يتعلق بالنتيجة التي يمكن أن تضمن وقف تقدم الحلف الأطلسي حتى حدود أراضي موسكو: النصر السياسي هو أكثر مهم ، وإن كان ذلك بفضل بيان عسكري ، أو عدم المساومة بعد على وضع الاقتصاد في حالة أزمة ؛ سيكون من المهم أن نرى كيف يمكن أن يتفاعل الرأي العام في الدولة ، مهما كانت حساسة للجوانب القومية ، ولكن يتم اختبارها من خلال الصعوبات المالية والاقتصادية. من الواضح أن القيادة الأوروبية تركز استراتيجيتها على هذه النقطة الثانية ، لكن لا يبدو أن هذا كافٍ للعمل الفعال ؛ حتى قبل استراتيجية العقوبات هذه ، يجب تقديم حل يتضمن مخرجًا مشرفًا لبوتين ، دون أن يُنظر إليه على أنه هزيمة سياسية. العثور على حل مرض لجميع الأطراف المعنية لا يبدو سهلاً: بوتين ، الذي تصرف كالعادة برفع مستوى الاشتباك كثيرًا بطلبات غير مقبولة بصراحة ، انزلق بمفرده في موقف لا يوجد فيه مخرج واضح ، حيث كانت النتيجة ، بعد ذلك. أي نتيجة نهائية محتملة ، يمكن أن تكون ضارة برئيس الكرملين. إذا لم يكن انضمام أوكرانيا حاليًا جزءًا من خطط الحلف الأطلسي ، فقد يكون ذلك نقطة ، على أقل تقدير ، يمكن أن تخفف التوتر ، حتى ولو للحظات فقط وتمثل نقطة البداية للمفاوضات دون التهديد العسكري الوشيك. . ، ومع ذلك ، قد لا يكون هذا كافيًا ، لأن العقوبات قد لا تكون كافية ، وفي هذه المرحلة ، سيكون من الضروري أن نكون مستعدين لعواقب الصراع الذي سيؤثر على أوروبا الجغرافية بأكملها.
Blog di discussione su problemi di relazioni e politica internazionale; un osservatorio per capire la direzione del mondo. Blog for discussion on problems of relations and international politics; an observatory to understand the direction of the world.
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venerdì 18 febbraio 2022
venerdì 11 febbraio 2022
La Commissione europea sanziona la Polonia
La Polonia finalmente paga il proprio atteggiamento arrogante ed il disprezzo delle regole nei confronti delle istituzioni europee. L’antefatto è costituito dall’ostinazione allo sfruttamento di una miniera di carbone, situato nel territorio della Repubblica Ceca, da parte di una società statale polacca, che ha generato un contenzioso tra Praga e Varsavia; contenzioso regolato dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea in Lussemburgo. Il tribunale dell’Unione ha condannato la Polonia a non continuare l’opera di sfruttamento del giacimento della Repubblica Ceca; il rifiuto di Varsavia di conformarsi a questa sentenza ha generato una multa pari a 500.000 euro al giorno, che sommati per tutte le giornate di inadempienza sono arrivati a costituire una somma pari a 70 milioni di euro a carico dello stato polacco. Nonostante l’accordo raggiunto successivamente tra i due paesi, Ursula Von der Leyen ha confermato la sanzione, mettendo in chiaro che ad alcuno paese membro dell’Unione è consentito violare le norme comunitarie. Ad aggravare la situazione è stato anche l’atteggiamento sprezzante del governo di Varsavia contro la corte lussemburghese , accusata di volere imporre le proprie regole in maniera arbitraria. Non è escluso che senza questi attacchi la multa potesse essere ridotta o, addirittura non applicata, ma i comportamenti del governo nazionalista della Polonia sono da tempo sotto l’esame delle istituzioni europee, soprattutto per l’atteggiamento anti liberale ed anti garantista nei confronti dei diritti civili. La soluzione della Commissione europea sarà, quindi, quella di sottrarre una quota dei fondi destinati alla Polonia pari all’ammontare totale della multa, i già citati 70 milioni di euro. Dal punto di vista tecnico non si tratta più di una decisione legale, perché a seguito dell’accordo tra Praga e Varsavia, la sentenza della corte del Lussemburgo diviene sorpassata, ma del mantenimento della sanzione amministrativa come puro atto politico, che segna un precedente di indirizzo della politica comunitaria, tanto è vero che il caso costituisce una novità, essendo la prima volta che la Commissione europea agisce trattenendo dei fondi in seguito al mancato rispetto di una sentenza. Inoltre la Polonia dovrà versare anche 45 milioni di euro alla Repubblica Ceca per i danni conseguenti alla mancata sospensione dell’attività estrattiva. Il paradosso della dichiarazione del governo polacco di avere dichiarato che si opporrà in tutte le sedi appropriate contro la decisione della Commissione è che l’unica sede dove appellarsi è proprio quella Corte di giustizia europea che ha sede in Lussemburgo e che è stata praticamente disconosciuta dal governo polacco. Varsavia appare così in un vicolo cieco nei confronti della Commissione, anche perché resta aperta la questione del tribunale disciplinare che minaccia l’indipendenza della magistratura polacca; anche in questo caso la Corte lussemburghese ha provveduto a dichiarare illegale la nuova istituzione, che comunque continua ad esercitare la sua funzione in aperto contrasto con le disposizioni dell’Unione. La tensione tra Varsavia e Bruxelles è quindi arrivata ad un punto molto elevato, malgrado le speranze dell’esecutivo populista della Polonia, che sperava in una sorta di distrazione delle istituzioni europee, maggiormente concentrate sulla questione ucraina e dei profughi provenienti dalla Bielorussa. La scelta della Commissione, al contrario, ha privilegiato una azione sanzionatoria per ribadire l’indirizzo politico che si è voluto intraprendere: quello di evitare la ripetizione, come spesso accaduto troppo spesso in passato, di tollerare il comportamento di alcuni stati membri in aperto contrasto con i principi in vigore ed ispiratori della casa comune europea. L’atteggiamento utilitaristico a senso unico, cioè a solo proprio vantaggio, di troppi membri europei non è più tollerabile in una associazione di stati la cui adesione è libera ma vincolata a norme specifiche, che devono essere universalmente accettate una volta diventati membri dell’Unione. Stati come la Polonia iscrivono nel loro bilancio somme sostanziose, che spesso rappresentano la maggior parte del loro budget, direttamente provenienti dall’Unione, senza fornire il contributo richiesto in materia di collaborazione con gli le altre nazioni ed applicazione e rispetto del diritto europeo; si tratta sostanzialmente di paesi non affidabili, verso i quali la sanzione della mancata corresponsione dei fondi deve costituire soltanto il primo avvertimento, propedeutico a sanzioni ben più gravi e definitive. La politica del superamento dell’unanimità non potrà che favorire questa direzione e forse resteranno soltanto gli stati fortemente convinti dell’idea di Unione, con i loro vantaggi ma anche i loro obblighi, certamente rispettati e non messi in discussione.
The European Commission sanctions Poland
Poland finally pays for its arrogant attitude and contempt for the rules towards the European institutions. The background is the obstinacy to the exploitation of a coal mine, located in the territory of the Czech Republic, by a Polish state company, which has generated a dispute between Prague and Warsaw; litigation regulated by the Court of Justice of the European Union in Luxembourg. The court of the Union condemned Poland not to continue the exploitation of the field in the Czech Republic; Warsaw's refusal to comply with this ruling resulted in a fine of 500,000 euros per day, which added up for all the days of non-compliance resulted in a sum of 70 million euros to be paid by the Polish state. Despite the agreement subsequently reached between the two countries, Ursula Von der Leyen confirmed the sanction, making it clear that no EU member country is allowed to violate EU rules. The situation was also aggravated by the contemptuous attitude of the Warsaw government against the Luxembourg court, accused of wanting to impose its own rules in an arbitrary manner. It is not excluded that without these attacks the fine could be reduced or even not applied, but the behavior of the nationalist government of Poland has long been under the scrutiny of the European institutions, especially for the anti-liberal and anti-guarantee attitude towards the civil rights. The solution of the European Commission will therefore be to subtract a portion of the funds destined for Poland equal to the total amount of the fine, the aforementioned 70 million euros. From a technical point of view this is no longer a legal decision, because following the agreement between Prague and Warsaw, the ruling of the Luxembourg court becomes outdated, but the maintenance of the administrative sanction as a pure political act, which sets a precedent for direction of community policy, so much so that the case constitutes a novelty, being the first time that the European Commission has acted by withholding funds following failure to comply with a sentence. In addition, Poland will also have to pay 45 million euros to the Czech Republic for damages resulting from the non-suspension of the mining activity. The paradox of the Polish government's declaration that it has declared that it will oppose the Commission's decision in all the appropriate fora is that the only place to appeal is that European Court of Justice which has its seat in Luxembourg and which has been practically disavowed by the Polish government. Warsaw thus appears in a blind alley towards the Commission, also because the question of the disciplinary court that threatens the independence of the Polish judiciary remains open; in this case too, the Luxembourg Court declared the new institution illegal, which in any case continues to exercise its function in open conflict with the provisions of the Union. The tension between Warsaw and Brussels has therefore reached a very high point, despite the hopes of the populist executive of Poland, which hoped for a sort of distraction of the European institutions, more focused on the Ukrainian question and of refugees from Belarus. The choice of the Commission, on the contrary, has favored a sanctioning action to reaffirm the political direction that was wanted to be taken: that of avoiding the repetition, as often happened too often in the past, of tolerating the behavior of some member states in open contrast with the principles in force and inspiring the common European home. The one-way utilitarian attitude, i.e. for their own benefit, of too many European members is no longer tolerable in an association of states whose membership is free but bound by specific rules, which must be universally accepted once they become members of the Union . States such as Poland enter substantial sums in their budgets, which often represent the majority of their budget, directly from the Union, without providing the required contribution in terms of collaboration with other nations and the application and compliance with European law; these are essentially unreliable countries, towards which the sanction for non-payment of funds must be only the first warning, preparatory to much more serious and definitive sanctions. The policy of overcoming unanimity can only favor this direction and perhaps only the states will remain strongly convinced of the idea of Union, with their advantages but also their obligations, certainly respected and not questioned.
La Comisión Europea sanciona a Polonia
Polonia finalmente paga por su actitud arrogante y desprecio por las reglas hacia las instituciones europeas. El trasfondo es la obstinación en la explotación de una mina de carbón, ubicada en territorio de la República Checa, por parte de una empresa estatal polaca, lo que ha generado una disputa entre Praga y Varsovia; litigio regulado por el Tribunal de Justicia de la Unión Europea en Luxemburgo. El tribunal de la Unión condenó a Polonia a no continuar con la explotación del campo en la República Checa; La negativa de Varsovia a cumplir con esta sentencia resultó en una multa de 500.000 euros por día, que sumados por todos los días de incumplimiento resultaron en una suma de 70 millones de euros a pagar por el estado polaco. A pesar del acuerdo alcanzado posteriormente entre los dos países, Ursula Von der Leyen confirmó la sanción, dejando claro que ningún país miembro de la UE puede violar las normas de la UE. La situación también se vio agravada por la actitud despectiva del gobierno de Varsovia frente a la corte de Luxemburgo, acusada de querer imponer sus propias reglas de manera arbitraria. No se excluye que sin estos ataques la multa podría reducirse o incluso no aplicarse, pero el comportamiento del gobierno nacionalista de Polonia ha estado durante mucho tiempo bajo el escrutinio de las instituciones europeas, especialmente por la actitud antiliberal y antigarantista hacia los derechos civiles. La solución de la Comisión Europea será, por tanto, restar una parte de los fondos destinados a Polonia igual al importe total de la multa, los citados 70 millones de euros. Desde un punto de vista técnico ya no se trata de una decisión judicial, porque tras el acuerdo entre Praga y Varsovia, la sentencia del tribunal luxemburgués queda desfasada, sino el mantenimiento de la sanción administrativa como un puro acto político, que sienta un precedente para dirección de la política comunitaria, tanto es así que el caso constituye una novedad, siendo la primera vez que la Comisión Europea actúa mediante la retención de fondos tras el incumplimiento de una sentencia. Además, Polonia también tendrá que pagar 45 millones de euros a la República Checa por los daños derivados de la falta de suspensión de la minería. La paradoja de la declaración del gobierno polaco de que ha declarado que se opondrá a la decisión de la Comisión en todos los foros apropiados es que el único lugar para apelar es el Tribunal de Justicia Europeo que tiene su sede en Luxemburgo y que ha sido prácticamente desestimado por la gobierno polaco. Varsovia aparece así en un callejón sin salida hacia la Comisión, también porque la cuestión del tribunal disciplinario que amenaza la independencia del poder judicial polaco sigue abierta; también en este caso, el Tribunal de Luxemburgo declaró ilegal la nueva institución, que en todo caso continúa ejerciendo su función en abierto conflicto con las disposiciones de la Unión. La tensión entre Varsovia y Bruselas ha llegado así a un punto muy alto, a pesar de las esperanzas del Ejecutivo populista de Polonia, que esperaba una suerte de distracción de las instituciones europeas, más centradas en la cuestión ucraniana y de los refugiados de Bielorrusia. La elección de la Comisión, por el contrario, ha privilegiado una acción sancionadora para reafirmar la dirección política que se quería tomar: la de evitar la repetición, como sucedió con demasiada frecuencia en el pasado, de tolerar el comportamiento de algunos Estados miembros. en abierto contraste con los principios vigentes e inspiradores de la casa común europea. La actitud utilitaria unidireccional, es decir, en su propio beneficio, de demasiados miembros europeos ya no es tolerable en una asociación de estados cuya membresía es libre pero sujeta a reglas específicas, que deben ser universalmente aceptadas una vez que se convierten en miembros de la Unión. Estados como Polonia ingresan en sus presupuestos sumas sustanciales, que en muchas ocasiones representan la mayor parte de su presupuesto, directamente de la Unión, sin aportar la contribución requerida en términos de colaboración con otras naciones y de aplicación y cumplimiento del derecho europeo; se trata de países esencialmente poco fiables, hacia los que la sanción por falta de pago de fondos debe ser sólo la primera advertencia, preparatoria de sanciones mucho más graves y definitivas. La política de superación de la unanimidad solo puede favorecer esta dirección y quizás solo los estados permanezcan fuertemente convencidos de la idea de Unión, con sus ventajas pero también con sus obligaciones, ciertamente respetadas y no cuestionadas.
Die Europäische Kommission sanktioniert Polen
Polen zahlt endlich für seine arrogante Haltung und Missachtung der Regeln gegenüber den europäischen Institutionen. Hintergrund ist die Hartnäckigkeit gegen die Ausbeutung einer auf dem Gebiet der Tschechischen Republik gelegenen Kohlemine durch ein polnisches Staatsunternehmen, was zu einem Streit zwischen Prag und Warschau geführt hat; Rechtsstreitigkeiten, die vom Gerichtshof der Europäischen Union in Luxemburg geregelt werden. Das Unionsgericht verurteilte Polen, die Ausbeutung des Feldes in der Tschechischen Republik nicht fortzusetzen; Die Weigerung Warschaus, diesem Urteil nachzukommen, hatte eine Geldstrafe von 500.000 Euro pro Tag zur Folge, was für alle Tage der Nichteinhaltung eine Summe von 70 Millionen Euro zu Lasten des polnischen Staates ergab. Trotz der anschließend erzielten Einigung zwischen den beiden Ländern bestätigte Ursula von der Leyen die Sanktion und stellte klar, dass kein EU-Mitgliedsstaat gegen EU-Regeln verstoßen dürfe. Die Situation wurde auch durch die verächtliche Haltung der Warschauer Regierung gegenüber dem luxemburgischen Gericht verschlimmert, das beschuldigt wurde, willkürlich seine eigenen Regeln durchsetzen zu wollen. Es ist nicht ausgeschlossen, dass ohne diese Angriffe die Geldstrafe reduziert oder gar nicht verhängt werden könnte, aber das Verhalten der nationalistischen Regierung Polens steht seit langem unter der Beobachtung der europäischen Institutionen, insbesondere wegen der antiliberalen und garantiefeindlichen Haltung gegenüber die Bürgerrechte. Die Lösung der Europäischen Kommission wird daher darin bestehen, einen Teil der für Polen bestimmten Gelder in Höhe des Gesamtbetrags der Geldbuße, den oben genannten 70 Millionen Euro, abzuziehen. Aus technischer Sicht handelt es sich nicht mehr um eine gerichtliche Entscheidung, da nach der Einigung zwischen Prag und Warschau das Urteil des Luxemburger Gerichts hinfällig geworden ist, sondern die Aufrechterhaltung der Verwaltungssanktion als rein politischer Akt, der einen Präzedenzfall für Richtung der Gemeinschaftspolitik, so sehr, dass der Fall ein Novum darstellt, da die Europäische Kommission zum ersten Mal handelt, indem sie Gelder zurückhält, nachdem ein Urteil nicht vollstreckt wurde. Außerdem muss Polen 45 Millionen Euro an Tschechien für Schäden zahlen, die durch die Nichteinstellung des Bergbaus entstanden sind. Das Paradoxe an der Erklärung der polnischen Regierung, sie habe erklärt, sie werde sich der Entscheidung der Kommission in allen geeigneten Instanzen widersetzen, besteht darin, dass die einzige Berufungsinstanz der Europäische Gerichtshof ist, der seinen Sitz in Luxemburg hat und der vom Polnische Regierung. Warschau erscheint damit gegenüber der Kommission in einer Sackgasse, auch weil die Frage des Disziplinargerichts, das die Unabhängigkeit der polnischen Justiz bedroht, offen bleibt; auch in diesem Fall erklärte das luxemburgische Gericht die neue Institution für rechtswidrig, die ihre Funktion ohnehin weiterhin in offenem Widerspruch zu den Bestimmungen der Union ausübt. Die Spannungen zwischen Warschau und Brüssel haben daher einen sehr hohen Punkt erreicht, trotz der Hoffnungen der populistischen polnischen Exekutive, die auf eine Art Ablenkung der europäischen Institutionen hoffte, die sich mehr auf die Ukraine-Frage und die Flüchtlinge aus Weißrussland konzentrierten. Die Entscheidung der Kommission hat im Gegenteil eine Sanktionierung begünstigt, um die angestrebte politische Richtung zu bekräftigen: die Vermeidung der Wiederholung, wie es in der Vergangenheit zu oft geschehen ist, das Verhalten einiger Mitgliedstaaten zu tolerieren in offenem Gegensatz zu den geltenden Grundsätzen stehen und das gemeinsame europäische Haus inspirieren. Die einseitige, utilitaristische Haltung, d. h. zum eigenen Vorteil, zu vieler europäischer Mitglieder ist in einem Staatenbund nicht mehr hinnehmbar, dessen Mitgliedschaft frei ist, aber an bestimmte Regeln gebunden ist, die nach dem Beitritt zur Union von allen akzeptiert werden müssen. Staaten wie Polen setzen erhebliche Summen in ihren Haushalten ein, die oft den Großteil ihres Haushalts ausmachen, direkt von der Union, ohne den erforderlichen Beitrag in Bezug auf die Zusammenarbeit mit anderen Nationen und die Anwendung und Einhaltung des europäischen Rechts zu leisten; Dies sind im Wesentlichen unzuverlässige Länder, für die die Sanktion wegen Nichtzahlung von Geldern nur die erste Warnung sein muss, die auf viel schwerwiegendere und endgültigere Sanktionen vorbereitet. Die Politik der Überwindung der Einstimmigkeit kann diese Richtung nur begünstigen, und vielleicht bleiben nur die Staaten stark von der Idee der Union überzeugt, mit ihren Vorteilen, aber auch ihren Verpflichtungen, die sicherlich respektiert und nicht in Frage gestellt werden.
La Commission européenne sanctionne la Pologne
La Pologne paie finalement son attitude arrogante et son mépris des règles envers les institutions européennes. L'arrière-plan est l'obstination à l'exploitation d'une mine de charbon, située sur le territoire de la République tchèque, par une société d'État polonaise, qui a généré un différend entre Prague et Varsovie ; contentieux régulé par la Cour de justice de l'Union européenne à Luxembourg. Le tribunal de l'Union a condamné la Pologne à ne pas poursuivre l'exploitation du gisement en République tchèque ; Le refus de Varsovie de se conformer à cette décision s'est traduit par une amende de 500 000 euros par jour, qui additionnée pour tous les jours de non-conformité a entraîné une somme de 70 millions d'euros à payer par l'État polonais. Malgré l'accord conclu par la suite entre les deux pays, Ursula Von der Leyen a confirmé la sanction, précisant qu'aucun pays membre de l'UE n'est autorisé à enfreindre les règles de l'UE. La situation a également été aggravée par l'attitude méprisante du gouvernement de Varsovie envers la justice luxembourgeoise, accusée de vouloir imposer ses propres règles de manière arbitraire. Il n'est pas exclu que sans ces attaques l'amende puisse être réduite ou même pas appliquée, mais le comportement du gouvernement nationaliste de Pologne est depuis longtemps sous le contrôle des institutions européennes, notamment pour son attitude antilibérale et antigarantie envers les droits civiques. La solution de la Commission européenne sera donc de soustraire une part des fonds destinés à la Pologne égale au montant total de l'amende, soit les 70 millions d'euros précités. D'un point de vue technique, il ne s'agit plus d'une décision judiciaire, car suite à l'accord entre Prague et Varsovie, l'arrêt du tribunal luxembourgeois devient caduc, mais le maintien de la sanction administrative comme un acte purement politique, qui crée un précédent pour direction de la politique communautaire, à tel point que l'affaire constitue une nouveauté, étant la première fois que la Commission européenne agit en retenant des fonds suite au non-respect d'une condamnation. En outre, la Pologne devra également verser 45 millions d'euros à la République tchèque pour les dommages résultant de la non-suspension de l'exploitation minière. Le paradoxe de la déclaration du gouvernement polonais selon laquelle il s'opposera à la décision de la Commission dans toutes les instances appropriées est que la seule instance de recours est cette Cour européenne de justice qui a son siège à Luxembourg et qui a été pratiquement désavouée par la gouvernement polonais. Varsovie apparaît ainsi dans une impasse vers la Commission, aussi parce que la question du tribunal disciplinaire qui menace l'indépendance de la justice polonaise reste ouverte ; dans ce cas également, la Cour de Luxembourg a déclaré illégale la nouvelle institution, qui continue d'ailleurs à exercer sa fonction en contradiction ouverte avec les dispositions de l'Union. La tension entre Varsovie et Bruxelles a donc atteint un très haut niveau, malgré les espoirs de l'exécutif populiste de Pologne, qui espérait une sorte de distraction des institutions européennes, plus focalisées sur la question ukrainienne et des réfugiés de Biélorussie. Le choix de la Commission a au contraire privilégié une action de sanction pour réaffirmer la direction politique que l'on voulait prendre : celle d'éviter la répétition, comme cela s'est souvent produit trop souvent dans le passé, de tolérer le comportement de certains États membres en contraste ouvert avec les principes en vigueur et inspirant la maison commune européenne. L'attitude utilitariste à sens unique, c'est-à-dire pour leur propre bénéfice, d'un trop grand nombre de membres européens n'est plus tolérable dans une association d'États dont l'adhésion est libre mais liée par des règles spécifiques, qui doivent être universellement acceptées une fois qu'ils sont devenus membres de l'Union . Des États comme la Pologne inscrivent des sommes substantielles dans leurs budgets, qui représentent souvent la majorité de leur budget, directement de l'Union, sans fournir la contribution requise en termes de collaboration avec d'autres nations et d'application et de respect du droit européen ; ce sont des pays par essence peu fiables, envers lesquels la sanction pour non-paiement des fonds ne doit être qu'un premier avertissement, préparatoire à des sanctions beaucoup plus graves et définitives. La politique de dépassement de l'unanimité ne peut que favoriser cette direction et peut-être seuls les États resteront-ils fermement convaincus de l'idée d'Union, avec leurs avantages mais aussi leurs obligations, certes respectées et non remises en cause.
A Comissão Europeia sanciona a Polónia
A Polónia finalmente paga pela sua atitude arrogante e desprezo pelas regras para com as instituições europeias. O pano de fundo é a obstinação na exploração de uma mina de carvão, localizada no território da República Tcheca, por uma empresa estatal polonesa, o que gerou uma disputa entre Praga e Varsóvia; contencioso regulado pelo Tribunal de Justiça da União Europeia no Luxemburgo. O tribunal da União condenou a Polônia a não continuar a exploração do campo na República Tcheca; A recusa de Varsóvia em cumprir esta decisão resultou numa multa de 500.000 euros por dia, que somados por todos os dias de incumprimento resultou numa quantia de 70 milhões de euros a pagar pelo Estado polaco. Apesar do acordo posteriormente alcançado entre os dois países, Ursula Von der Leyen confirmou a sanção, deixando claro que nenhum país membro da UE pode violar as regras da UE. A situação foi também agravada pela atitude de desprezo do governo de Varsóvia contra o tribunal luxemburguês, acusado de querer impor as suas próprias regras de forma arbitrária. Não está excluído que sem esses ataques a multa poderia ser reduzida ou mesmo não aplicada, mas o comportamento do governo nacionalista da Polônia está há muito tempo sob o escrutínio das instituições europeias, especialmente pela atitude antiliberal e antigarantista em relação os direitos civis. A solução da Comissão Europeia será, portanto, subtrair uma parte dos fundos destinados à Polónia igual ao montante total da coima, os já referidos 70 milhões de euros. Do ponto de vista técnico já não se trata de uma decisão legal, pois na sequência do acordo entre Praga e Varsóvia, a decisão do tribunal luxemburguês torna-se obsoleta, mas a manutenção da sanção administrativa como um acto político puro, que abre um precedente para orientação da política comunitária, tanto que o caso constitui uma novidade, sendo a primeira vez que a Comissão Europeia actua retendo fundos por incumprimento de uma sentença. Além disso, a Polônia também terá que pagar 45 milhões de euros à República Tcheca por danos resultantes da não suspensão da mineração. O paradoxo da declaração do Governo polaco de que se oporá à decisão da Comissão em todas as instâncias apropriadas é que o único lugar de recurso é o Tribunal de Justiça Europeu com sede no Luxemburgo e que foi praticamente desautorizado pelo governo polonês. Varsóvia aparece assim num beco sem saída para a Comissão, também porque a questão do tribunal disciplinar que ameaça a independência do poder judicial polaco continua em aberto; também neste caso, o Tribunal do Luxemburgo declarou ilegal a nova instituição, que de qualquer forma continua a exercer a sua função em franco conflito com as disposições da União. A tensão entre Varsóvia e Bruxelas atingiu assim um ponto muito alto, apesar das esperanças do executivo populista da Polónia, que esperava uma espécie de distracção das instituições europeias, mais centradas na questão ucraniana e dos refugiados da Bielorrússia. A escolha da Comissão, ao contrário, favoreceu uma ação sancionatória para reafirmar a direção política que se queria tomar: a de evitar a repetição, como muitas vezes aconteceu no passado, de tolerar o comportamento de alguns Estados membros em franco contraste com os princípios em vigor e inspiradores da casa comum europeia. A atitude utilitarista de mão única, ou seja, para seu próprio benefício, de muitos membros europeus não é mais tolerável em uma associação de Estados cuja adesão é livre, mas vinculada a regras específicas, que devem ser universalmente aceitas quando se tornam membros da União. Estados como a Polónia inscrevem nos seus orçamentos somas substanciais, que muitas vezes representam a maior parte do seu orçamento, diretamente da União, sem fornecer a contribuição necessária em termos de colaboração com outras nações e aplicação e cumprimento da legislação europeia; estes são países essencialmente não confiáveis, para os quais a sanção por falta de pagamento de fundos deve ser apenas o primeiro aviso, preparatório para sanções muito mais sérias e definitivas. A política de superação da unanimidade só pode favorecer essa direção e talvez apenas os Estados permaneçam fortemente convencidos da ideia de União, com suas vantagens mas também suas obrigações, certamente respeitadas e não questionadas.