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venerdì 15 dicembre 2023

الاتحاد الأوروبي منفتح على أوكرانيا ومولدوفا

 ومن خلال المفاوضات، التي يمكن تعريفها كبديل، سمحت المجر في عهد أوربان، التي اختارت الامتناع البناء عن التصويت، كما تم تعريفها بشكل مبتكر، للمجلس الأوروبي بالمضي قدما في افتتاح المفاوضات للانضمام إلى اتحاد مولدوفا وأوكرانيا. وبعد تهديدات متكررة تغيب الرئيس المجري عن التصويت، في ابتكار إجرائي غير مسبوق، مكن من تحقيق النتيجة التي وافقت عليها ستة وعشرين دولة أوروبية، والتي تتضمن أيضا بدء ترشيح جورجيا وتأجيل التقييم إلى مسيرة عملية انضمام البوسنة والهرسك. وكان أوربان، الزعيم الأوروبي الوحيد الذي التقى بوتين منذ بداية الصراع الأوكراني، يقول دائمًا إنه ضد بدء عملية انضمام كييف، بحجة أنها لا تلبي شروط الانضمام إلى الاتحاد الأوروبي، بصرف النظر عن الصلات مع الاتحاد الأوروبي. النظام الروسي وبالتالي السياسي، قد تخشى بودابست من تقاسم الموارد الأوروبية، التي، في الواقع، تدعم الدولة المجرية ماليًا، مع الأعضاء الجدد، مع ما يترتب على ذلك من انخفاض في الإيرادات من بروكسل. وبطبيعة الحال، لم يكن امتناع أوربان عن التصويت مجانيا: فإلى جانب التهديد بطلب تمويل بقيمة 50 مليار دولار لتشغيل الإدارة المجرية لعام 2024، كان الرئيس أوربان "راضيا" عن الإفراج عن تمويل بقيمة 10 مليارات دولار، والتي تم حظرها بسبب ذلك. وانتهاك الحقوق الأساسية من قبل حكومة بودابست؛ الحقوق التي لن يتم استعادتها بالتأكيد، وستشكل هذه الحقيقة أيضًا سابقة خطيرة أخرى لعمل السياسة الأوروبية، والتي يمكن التغلب عليها، كما هو الحال دائمًا، مع نهاية التصويت بالإجماع، وهي آلية تحتاج إلى تصحيح بشكل عاجل أكثر فأكثر. . لقد كان نهج القمة موجها بالكامل نحو النتيجة، حيث كان من المفضل في الواقع خلق سوابق خطيرة لتحقيق الهدف المنشود، برؤية سياسية، كان عليها بالضرورة أن تضحي بشيء ما، ولكنها أتت بنتيجة كانت في محلها. احتفل. وإذا نجحت هذه العملية فمن المؤكد أن القيمة السياسية ستكون ناجحة، ليس فقط فيما يتصل بتوسيع البيت الأوروبي المشترك، بل وأيضاً فيما يتصل بالاحتواء الجيوستراتيجي للطموحات الروسية. ولا ينبغي لنا أن نقلل من حقيقة قبول طموحات جورجيا، التي قد تصبح عضواً أوروبياً من دون الاستمرارية الجغرافية مع البلدان الأعضاء الأخرى، والتي يمكن أن تشكل قاعدة أمامية للاتحاد قادرة على اجتذاب بلدان أخرى في المنطقة. ويعمل هذا القرار على تعزيز المصداقية والهيبة الأوروبية، مما يسمح لنا بقطع التشويش الدبلوماسي، الذي أظهرته بروكسل بقرارات لا تتفق دائما مع مبادئها. وتجنب الرئيس زيلينسكي تحقيق انتصار غير مباشر لبوتين، الأمر الذي كان سيرفع معنويات موسكو في حالة الرفض تجاه أوكرانيا. إن الانفتاح على كييف يعني نتيجة سياسية لا لبس فيها على المستوى العالمي، وهو ما يعوض، ولو جزئياً على الأقل، عن رفض الكونجرس الأميركي الإفراج عن المساعدات العسكرية البالغة ستين مليار دولار؛ علاوة على ذلك، فإن الوضع الأوكراني في الصراع مع روسيا تراوح مكانه، والجبهة غير متحركة، ولم يتم تسجيل التقدم الذي وعدت به حكومة كييف للغرب، فيما يبدو أن الجيوش الروسية متمسكة بمواقفها. إن القرار الأوروبي، جنباً إلى جنب مع الوعد الثابت من جانب بعض الدول الأوروبية بتقديم المساعدات العسكرية، من شأنه أن يعزز معنويات أوكرانيا؛ وينبغي أن يكون التزام كييف وموسكو في أشهر الشتاء المقبلة هو الحفاظ على مواقعهما والاستعداد لعمليات حاسمة عندما تتحسن الظروف الجوية. وفي هذه الفترة، قد يكون الالتزام الأوروبي أيضاً أكثر وضوحاً في المجال الدبلوماسي، على الرغم من إعلان بوتين أن العزلة الغربية لم تسفر عن تداعيات كبيرة على الاقتصاد الروسي، ولم تعد هناك حاجة إلى حشد أفراد عسكريين جدد؛ ويجب تفسير هذه التصريحات جزئياً على أنها مبررة بالانتخابات الروسية المقبلة، وجزئياً على أنها قدرة موسكو على التمكن من إقامة حوار مع القوى المعادية للولايات المتحدة، مثل إيران، والقريبة من واشنطن، مثل الجزيرة العربية. ولذلك، يتعين على أوروبا أن تعرف كيف تلعب دوراً مستقلاً على نحو متزايد عن الولايات المتحدة، وأيضاً استعداداً لإعادة انتخاب ترامب المؤسفة، والتي يجب أن يُقرأ قبول أوكرانيا ومولدوفا وجورجيا فيها على أنها عملية تشكل جزءاً من عملية إعادة انتخاب ترامب. خطة متفوقة قادرة على توحيد الدول الأوروبية بالمعنى الفيدرالي والسياسي بشكل متزايد مع الاستقلال في السياسة الخارجية ومجهزة بجيشها الخاص، قادرة على التغلب على المنطق المالي لتكون قادرة على تفسير دور الرعايا الدوليين بشكل حقيقي. أهمية قصوى.

giovedì 14 dicembre 2023

Cosa conviene a Netanyahu?

 I tragici fatti del 7 ottobre, avvenuti in territorio israeliano al confine con la striscia di Gaza, sono stati un piano preordinato di Hamas e su questo non ci sono dubbi. Quello su cui ci si deve interrogare è l’atteggiamento delle forze di confine israeliane, allertate da suoi stessi membri e da probabili notizie di intelligence, evidentemente sottovalutate, con i confini sguarniti grazie alla diminuzione degli effettivi presenti. Queste avvisaglie sono state veramente sottovalutate o fanno parte di un piano del governo in carica, per favorire la creazione di un motivo legittimo per scatenare la repressione su Gaza ed una eventuale sua conquista e l’ulteriore facilitazione dell’espansione delle colonie in Cisgiordania?  Occorre tornare indietro nel tempo e ricordare che la gestione del problema palestinese da parte di Benjamin Netanyahu si è sempre contraddistinta per un atteggiamento ambiguo, fatto di promesse non mantenute ed un comportamento che ha favorito la crescita dei movimenti più radicali, quelli che hanno sempre negato la legittimità dell’esistenza di Israele e dell’ipotesi dei due stati, a discapito di quelli moderati, che potevano favorire il dialogo, ma a discapito della politica della espansione delle colonie; infatti la ricerca effettiva di un accordo che poteva favorire il raggiungimento dello scopo dei due stati, avrebbe penalizzato la politica dell’estrema destra che fa della illegittima espansione coloniale, illegittima perché al di fuori del diritto internazionale e del buon senso, il proprio programma politico. La posizione politica e la sensibilità di Netanyahu si è sempre più spostata a destra, raccogliendo nei vari esecutivi che si sono susseguiti movimenti e partiti sempre più radicali, che con la loro azione hanno favorito la crescita di simili sentimenti degli ambiti palestinesi, con una crescita dei movimenti radicali, tra i quali è emersa la leadership di Hamas. Di pari passo, però, la situazione personale di Netanyahu è peggiorata a causa di diversi problemi con la giustizia del suo paese e lo spostamento sempre più a destra delle sue posizioni politiche, che ha messo al centro l’azione antipalestinese ha costituito, sia in ambito interno che internazionale, un motivo di distrazione molto forte dalle sue incriminazioni giudiziarie. Attualmente, nella fase della guerra di Gaza, la sensibilità del paese verso Netanyahu è fortemente negativa, per l’attacco ai kibbutz l’opinione pubblica vede proprio in Netanyahu il maggiore responsabile, ma la situazione di emergenza ne impedisce la sostituzione, anche se è stato più volte sottolineato che dopo la fine della guerra di Gaza per l’attuale premier non ci dovrà essere più alcun futuro politico. Intanto, però viene permesso un atteggiamento sempre più aggressivo dei coloni in Cisgiordania e sul futuro di Gaza sono lecite diverse domande. All’inizio dell’invasione delle truppe israeliane, la volontà dichiarata era quella di annientare Hamas e lasciare la situazione della Striscia invariata, ma col procedere del conflitto sembra emergere una volontà non esplicitamente dichiarata di volere esercitare un controllo effettivo sul territorio. Ciò implicherebbe la negazione dell’autonomia politica ed amministrativa dei palestinesi che avranno la fortuna di restare in vita di fronte alla repressione brutale che Israele sta compiendo sulla popolazione civile. Una soluzione estrema potrebbe essere lo spostamento degli abitanti di Gaza verso il Sinai, soluzione a cui l’Egitto si è sempre detto contrario, liberando così una porzione consistente di territorio da destinare a nuovi coloni. Non si tratta di una eventualità impossibile, proprio perché i sopravvissuti di Gaza sono alla completa mercè delle forze armate israeliane, non difese da alcuno stato o organizzazione internazionale, in grado di contrapporsi, anche politicamente, a Tel Aviv. Il fatto che si tratti di popolazione civile, che ha già pagato con un tributo di oltre 18.000 morti, l’intera distruzione dei loro averi, la fame e le malattie, non produce altro che una solidarietà a parole, dove primeggiano proprio i paesi arabi interessati ad avere relazioni internazionali con Israele. Alla fine il dubbio legittimo è questo: se Netanyahu dovesse allargare il dominio israeliano su Gaza ed aumentare lo spazio territoriale delle colonie, cosa portata avanti impunemente, avrebbe decretato definitivamente la prospettiva dei due stati, un argomento particolarmente gradito a parte dell’opinione pubblica israeliana, e si sarebbe quindi creato una assicurazione in grado di preservargli un futuro politico tale anche da fargli superare i suoi guai giudiziari, insomma avrebbe una struttura da leader praticamente inattaccabile anche da quei partiti e movimenti, che ne auspicano la fine politica. Tutto questo sarà possibile? La soluzione passerà anche da come i principali attori internazionali vorranno comportarsi, adottando forme nuove di approccio alla questione palestinese.

What is in Netanyahu's favor?

 The tragic events of October 7, which occurred on Israeli territory on the border with the Gaza Strip, were a preordained plan by Hamas and there is no doubt about this. What we must ask ourselves is the attitude of the Israeli border forces, alerted by its own members and by probable intelligence news, evidently underestimated, with the borders undefended thanks to the decrease in numbers present. Have these warnings really been underestimated or are they part of a plan by the government in office to encourage the creation of a legitimate reason to unleash repression on Gaza and its eventual conquest and the further facilitation of the expansion of settlements in the West Bank? We need to go back in time and remember that Benjamin Netanyahu's management of the Palestinian problem has always been characterized by an ambiguous attitude, made up of broken promises and a behavior that has favored the growth of the most radical movements, those that have always denied the legitimacy of the existence of Israel and of the two-state hypothesis, to the detriment of the moderate ones, which could favor dialogue, but to the detriment of the policy of expanding the colonies; in fact, the effective search for an agreement that could favor the achievement of the purpose of the two states would have penalized the politics of the far right which makes illegitimate colonial expansion, illegitimate because it is outside of international law and common sense, its own political program . Netanyahu's political position and sensitivity has increasingly shifted to the right, bringing together increasingly radical movements and parties in the various governments that have followed, which with their actions have favored the growth of similar sentiments in Palestinian areas, with a growth of radical movements, among which the leadership of Hamas emerged. At the same time, however, Netanyahu's personal situation has worsened due to various problems with the justice system in his country and the increasingly rightward shift of his political positions, which has put the anti-Palestinian action at the center, both in domestic and international sphere, a very strong reason for distraction from his judicial indictments. Currently, in the phase of the war in Gaza, the country's sensitivity towards Netanyahu is strongly negative. For the attack on the kibbutzim, public opinion sees Netanyahu as the person most responsible, but the emergency situation prevents his replacement, even if he is It has been repeatedly underlined that after the end of the war in Gaza there should be no political future for the current prime minister. In the meantime, however, an increasingly aggressive attitude of the settlers in the West Bank is permitted and several questions are legitimate about the future of Gaza. At the beginning of the invasion by Israeli troops, the declared desire was to annihilate Hamas and leave the situation in the Strip unchanged, but as the conflict progresses, an unexplicitly declared desire to exercise effective control over the territory seems to emerge. This would imply the denial of the political and administrative autonomy of the Palestinians who will be lucky enough to remain alive in the face of the brutal repression that Israel is carrying out on the civilian population. An extreme solution could be the movement of the inhabitants of Gaza towards the Sinai, a solution to which Egypt has always said it is against, thus freeing a significant portion of territory to be allocated to new settlers. This is not an impossible eventuality, precisely because the survivors of Gaza are at the complete mercy of the Israeli armed forces, not defended by any state or international organization, capable of opposing, even politically, Tel Aviv. The fact that these are the civilian population, who have already paid the price of over 18,000 deaths, the entire destruction of their belongings, hunger and disease, produces nothing more than verbal solidarity, where the Arab countries lead interested in having international relations with Israel. In the end, the legitimate doubt is this: if Netanyahu were to expand Israeli dominion over Gaza and increase the territorial space of the colonies, something carried out with impunity, he would have definitively decreed the two-state perspective, an argument particularly appreciated by part of Israeli public opinion. , and he would therefore have created an insurance capable of preserving his political future which would also allow him to overcome his legal problems, in short he would have a leadership structure that is practically unassailable even by those parties and movements which hope for his political end. Will all this be possible? The solution will also depend on how the main international players want to behave, adopting new forms of approach to the Palestinian issue.

¿Qué hay a favor de Netanyahu?

 Los trágicos acontecimientos del 7 de octubre, ocurridos en territorio israelí en la frontera con la Franja de Gaza, fueron un plan predeterminado de Hamás y de ello no hay duda. Lo que debemos preguntarnos es la actitud de las fuerzas fronterizas israelíes, alertadas por sus propios miembros y por probables noticias de inteligencia, evidentemente subestimadas, con las fronteras indefensas gracias a la disminución de los efectivos presentes. ¿Se han subestimado realmente estas advertencias o son parte de un plan del gobierno en ejercicio para alentar la creación de una razón legítima para desatar la represión sobre Gaza y su eventual conquista y una mayor facilitación de la expansión de los asentamientos en Cisjordania? Es necesario retroceder en el tiempo y recordar que la gestión del problema palestino por parte de Benjamín Netanyahu siempre se ha caracterizado por una actitud ambigua, compuesta de promesas incumplidas y un comportamiento que ha favorecido el crecimiento de los movimientos más radicales, aquellos que siempre han negado la legitimidad de la existencia de Israel y de la hipótesis de los dos Estados, en detrimento de los moderados, que podrían favorecer el diálogo, pero en detrimento de la política de expansión de las colonias; de hecho, la búsqueda efectiva de un acuerdo que pudiera favorecer la consecución del propósito de los dos Estados habría penalizado la política de extrema derecha que hace ilegítima la expansión colonial, ilegítima porque está fuera del derecho internacional y del sentido común, propio programa político. La posición política y la sensibilidad de Netanyahu se han desplazado cada vez más hacia la derecha, reuniendo a movimientos y partidos cada vez más radicales en los distintos gobiernos que le sucedieron, que con sus acciones han favorecido el crecimiento de sentimientos similares en las zonas palestinas, con un crecimiento de movimientos radicales, entre ellos en el que surgió el liderazgo de Hamás. Al mismo tiempo, sin embargo, la situación personal de Netanyahu ha empeorado debido a diversos problemas con el sistema judicial de su país y al giro cada vez más derechista de sus posiciones políticas, que ha puesto en el centro la acción antipalestina, tanto en el plano interno como en el internacional. ámbito, un motivo muy importante para distraernos de sus acusaciones judiciales. Actualmente, en la fase de guerra en Gaza, la sensibilidad del país hacia Netanyahu es fuertemente negativa: por el ataque a los kibutzim, la opinión pública ve a Netanyahu como el máximo responsable, pero la situación de emergencia impide su reemplazo, incluso si lo es. Se ha subrayado repetidamente que tras el fin de la guerra en Gaza no debería haber futuro político para el actual Primer Ministro. Mientras tanto, sin embargo, se permite una actitud cada vez más agresiva de los colonos en Cisjordania y varias preguntas son legítimas sobre el futuro de Gaza. Al inicio de la invasión de las tropas israelíes, el deseo declarado era aniquilar a Hamás y dejar inalterada la situación en la Franja, pero a medida que avanza el conflicto parece surgir un deseo inexplícitamente declarado de ejercer un control efectivo sobre el territorio. Esto implicaría la negación de la autonomía política y administrativa de los palestinos que tendrán la suerte de seguir con vida frente a la brutal represión que Israel está ejerciendo sobre la población civil. Una solución extrema podría ser el movimiento de los habitantes de Gaza hacia el Sinaí, solución a la que Egipto siempre se ha opuesto, liberando así una porción importante de territorio para ser asignado a nuevos colonos. Esta no es una eventualidad imposible, precisamente porque los supervivientes de Gaza están a completa merced de las fuerzas armadas israelíes, no defendidas por ningún Estado u organización internacional, capaz de oponerse, incluso políticamente, a Tel Aviv. El hecho de que se trate de población civil, que ya ha pagado el precio de más de 18.000 muertes, la destrucción total de sus pertenencias, el hambre y las enfermedades, no produce más que solidaridad verbal, donde los países árabes lideran interesados ​​en tener relaciones internacionales con Israel. . Al final, la duda legítima es la siguiente: si Netanyahu ampliara el dominio israelí sobre Gaza y aumentara el espacio territorial de las colonias, algo hecho impunemente, habría decretado definitivamente la perspectiva de los dos Estados, argumento especialmente apreciado por parte de la opinión pública israelí, y por lo tanto habría creado un seguro capaz de preservar su futuro político que le permitiría también superar sus problemas legales, en resumen, tendría una estructura de liderazgo prácticamente inexpugnable incluso por esos partidos y movimientos. que esperan su fin político. ¿Será posible todo esto? La solución dependerá también de cómo quieran comportarse los principales actores internacionales, adoptando nuevas formas de abordar la cuestión palestina.

Was spricht für Netanjahu?

 Die tragischen Ereignisse vom 7. Oktober, die sich auf israelischem Territorium an der Grenze zum Gazastreifen ereigneten, waren ein vorherbestimmter Plan der Hamas, und daran besteht kein Zweifel. Was wir uns fragen müssen, ist die Haltung der israelischen Grenztruppen, alarmiert durch ihre eigenen Mitglieder und durch wahrscheinliche Geheimdienstnachrichten, die offensichtlich unterschätzt werden, während die Grenzen dank der geringeren Zahl an Anwesenden nicht verteidigt werden. Wurden diese Warnungen wirklich unterschätzt oder sind sie Teil eines Plans der amtierenden Regierung, die Schaffung eines legitimen Grundes für die Unterdrückung von Gaza und seine schließliche Eroberung sowie die weitere Förderung des Siedlungsausbaus im Westjordanland zu fördern? Wir müssen in der Zeit zurückgehen und uns daran erinnern, dass Benjamin Netanjahus Umgang mit dem Palästinenserproblem immer von einer zweideutigen Haltung geprägt war, die aus gebrochenen Versprechen und einem Verhalten bestand, das das Wachstum der radikalsten Bewegungen begünstigte, die immer geleugnet haben die Legitimität der Existenz Israels und der Zwei-Staaten-Hypothese, zum Nachteil der Gemäßigten, die den Dialog begünstigen könnten, aber zum Nachteil der Politik der Ausweitung der Kolonien; Tatsächlich hätte die wirksame Suche nach einem Abkommen, das die Verwirklichung der Ziele der beiden Staaten begünstigen könnte, die Politik der extremen Rechten bestraft, die die illegitime koloniale Expansion illegitim macht, weil sie außerhalb des Völkerrechts und des gesunden Menschenverstandes liegt politisches Programm. Netanjahus politische Position und Sensibilität haben sich zunehmend nach rechts verschoben und in den verschiedenen darauffolgenden Regierungen immer radikalere Bewegungen und Parteien zusammengebracht, die mit ihren Aktionen das Wachstum ähnlicher Gefühle in palästinensischen Gebieten begünstigt haben, unter anderem mit einem Wachstum radikaler Bewegungen aus dem die Führung der Hamas hervorging. Gleichzeitig hat sich jedoch Netanjahus persönliche Situation aufgrund verschiedener Probleme mit dem Justizsystem seines Landes und der zunehmenden Rechtsverschiebung seiner politischen Positionen verschlechtert, wodurch das antipalästinensische Vorgehen im In- und Ausland in den Mittelpunkt gerückt ist Sphäre, ein sehr wichtiger Grund, von seinen gerichtlichen Anklagen abzulenken. Derzeit, in der Phase des Krieges in Gaza, ist die Sensibilität des Landes gegenüber Netanjahu stark negativ. Für den Angriff auf die Kibbuzim sieht die öffentliche Meinung Netanjahu als den Hauptverantwortlichen an, aber die Notsituation verhindert seine Ablösung, selbst wenn er es ist Immer wieder wurde betont, dass es nach dem Ende des Gaza-Krieges keine politische Zukunft mehr für den amtierenden Ministerpräsidenten geben dürfte. Inzwischen ist jedoch eine zunehmend aggressive Haltung der Siedler im Westjordanland zulässig und mehrere Fragen zur Zukunft Gazas sind berechtigt. Zu Beginn der Invasion israelischer Truppen bestand der erklärte Wunsch darin, die Hamas zu vernichten und die Situation im Gazastreifen unverändert zu lassen. Mit fortschreitendem Konflikt scheint sich jedoch ein unausgesprochen erklärter Wunsch herauszustellen, eine wirksame Kontrolle über das Gebiet auszuüben. Dies würde die Verweigerung der politischen und administrativen Autonomie der Palästinenser bedeuten, die das Glück haben werden, angesichts der brutalen Unterdrückung, die Israel gegen die Zivilbevölkerung ausübt, am Leben zu bleiben. Eine extreme Lösung könnte die Abwanderung der Bewohner von Gaza in Richtung Sinai sein, eine Lösung, gegen die sich Ägypten immer ausgesprochen hat, wodurch ein erheblicher Teil des Territoriums für neue Siedler frei wird. Dies ist keine unmögliche Möglichkeit, gerade weil die Überlebenden von Gaza der völligen Gnade der israelischen Streitkräfte ausgeliefert sind und nicht von einem Staat oder einer internationalen Organisation verteidigt werden, die in der Lage ist, Tel Aviv auch politisch entgegenzutreten. Die Tatsache, dass es sich um eine Zivilbevölkerung handelt, die bereits den Preis von über 18.000 Toten, der völligen Zerstörung ihres Hab und Guts, Hunger und Krankheit bezahlt hat, erzeugt nichts weiter als verbale Solidarität, wohingegen die arabischen Länder mit Interesse an internationalen Beziehungen führen mit Israel. Letztlich besteht der berechtigte Zweifel darin, dass Netanjahu, wenn er ungestraft die israelische Herrschaft über Gaza ausweiten und den territorialen Raum der Kolonien vergrößern würde, definitiv die Zwei-Staaten-Perspektive verordnet hätte, ein Argument, das von Israel besonders geschätzt wird Er wäre Teil der israelischen öffentlichen Meinung und hätte daher eine Versicherung geschaffen, die seine politische Zukunft sichern und ihm auch ermöglichen würde, seine rechtlichen Probleme zu überwinden. Kurz gesagt, er hätte eine Führungsstruktur, die selbst für diese Parteien und Bewegungen praktisch unangreifbar ist die auf sein politisches Ende hoffen. Wird das alles möglich sein? Die Lösung wird auch davon abhängen, wie sich die wichtigsten internationalen Akteure verhalten und neue Formen der Herangehensweise an die Palästinenserfrage annehmen wollen.

Qu’est-ce qui est en faveur de Netanyahu ?

 Les événements tragiques du 7 octobre, survenus sur le territoire israélien à la frontière avec la bande de Gaza, étaient un plan préétabli du Hamas et cela ne fait aucun doute. Ce qu’il faut s’interroger, c’est l’attitude des forces frontalières israéliennes, alertées par leurs propres membres et par de probables nouvelles des renseignements, visiblement sous-estimées, avec des frontières non défendues en raison de la diminution des effectifs présents. Ces avertissements ont-ils vraiment été sous-estimés ou font-ils partie d’un plan du gouvernement en place visant à encourager la création d’une raison légitime pour déclencher la répression sur Gaza et sa conquête éventuelle et faciliter davantage l’expansion des colonies en Cisjordanie ? Il faut remonter le temps et rappeler que la gestion du problème palestinien par Benjamin Netanyahu a toujours été caractérisée par une attitude ambiguë, faite de promesses non tenues et d'un comportement qui a favorisé la croissance des mouvements les plus radicaux, ceux qui ont toujours nié la légitimité de l'existence d'Israël et de l'hypothèse de deux États, au détriment des modérés, qui pourraient favoriser le dialogue, mais au détriment de la politique d'expansion des colonies ; en fait, la recherche effective d'un accord qui pourrait favoriser la réalisation des objectifs des deux États aurait pénalisé la politique d'extrême droite qui rend l'expansion coloniale illégitime, illégitime parce qu'elle est en dehors du droit international et du bon sens, son propre programme politique. La position politique et la sensibilité de Netanyahu se sont de plus en plus déplacées vers la droite, rassemblant des mouvements et des partis de plus en plus radicaux dans les différents gouvernements qui ont suivi, qui par leurs actions ont favorisé la croissance de sentiments similaires dans les zones palestiniennes, avec une croissance des mouvements radicaux, parmi lesquels duquel a émergé la direction du Hamas. Dans le même temps, cependant, la situation personnelle de Netanyahu s'est aggravée en raison de divers problèmes avec le système judiciaire de son pays et du déplacement de plus en plus vers la droite de ses positions politiques, qui a placé l'action anti-palestinienne au centre, tant sur le plan national qu'international. sphère, une raison très forte pour se distraire de ses accusations judiciaires. Actuellement, dans la phase de guerre à Gaza, la sensibilité du pays à l'égard de Netanyahu est fortement négative. Pour l'attaque des kibboutz, l'opinion publique considère Netanyahu comme le principal responsable, mais la situation d'urgence empêche son remplacement, même s'il l'est. Il a été souligné à plusieurs reprises qu'après la fin de la guerre à Gaza, il ne devrait y avoir aucun avenir politique pour l'actuel Premier ministre. Mais entre-temps, une attitude de plus en plus agressive des colons de Cisjordanie est autorisée et plusieurs questions sont légitimes quant à l'avenir de Gaza. Au début de l’invasion par les troupes israéliennes, la volonté affichée était d’anéantir le Hamas et de laisser la situation dans la bande de Gaza inchangée, mais à mesure que le conflit progresse, une volonté implicitement déclarée d’exercer un contrôle effectif sur le territoire semble émerger. Cela impliquerait le déni de l'autonomie politique et administrative des Palestiniens qui auront la chance de rester en vie face à la répression brutale qu'Israël exerce sur la population civile. Une solution extrême pourrait être le déplacement des habitants de Gaza vers le Sinaï, solution à laquelle l'Égypte s'est toujours déclarée opposée, libérant ainsi une partie importante du territoire qui serait attribuée à de nouveaux colons. Ce n’est pas une éventualité impossible, précisément parce que les survivants de Gaza sont à la merci totale des forces armées israéliennes, non défendues par aucun État ou organisation internationale, capables de s’opposer, même politiquement, à Tel-Aviv. Le fait que nous parlons d'une population civile, qui a déjà payé le prix de plus de 18 000 morts, de la destruction totale de ses biens, de la faim et de la maladie, ne produit rien d'autre qu'une solidarité verbale, là où les pays arabes se montrent intéressés par les relations internationales. avec Israël. En fin de compte, le doute légitime est le suivant : si Netanyahou étendait la domination israélienne sur Gaza et augmentait l'espace territorial des colonies, ce qu'il faisait en toute impunité, il aurait définitivement décrété la perspective à deux États, un argument particulièrement apprécié par partie de l'opinion publique israélienne. , et il aurait donc créé une assurance capable de préserver son avenir politique qui lui permettrait également de surmonter ses problèmes juridiques, bref il aurait une structure de direction pratiquement inattaquable même par ces partis et mouvements. qui espère sa fin politique. Est-ce que tout cela sera possible ? La solution dépendra également de la manière dont les principaux acteurs internationaux souhaiteront se comporter, en adoptant de nouvelles formes d’approche de la question palestinienne.

O que está a favor de Netanyahu?

 Os trágicos acontecimentos de 7 de Outubro, ocorridos em território israelita, na fronteira com a Faixa de Gaza, foram um plano pré-determinado pelo Hamas e não há dúvidas sobre isso. O que devemos perguntar-nos é qual a atitude das forças fronteiriças israelitas, alertadas pelos seus próprios membros e por prováveis ​​notícias de inteligência, evidentemente subestimadas, com as fronteiras indefesas graças à diminuição dos números presentes. Será que estes avisos foram realmente subestimados ou fazem parte de um plano do governo em exercício para encorajar a criação de uma razão legítima para desencadear a repressão em Gaza e a sua eventual conquista e facilitar ainda mais a expansão dos colonatos na Cisjordânia? Precisamos voltar no tempo e lembrar que a gestão do problema palestino por Benjamin Netanyahu sempre se caracterizou por uma atitude ambígua, feita de promessas não cumpridas e por um comportamento que favoreceu o crescimento dos movimentos mais radicais, aqueles que sempre negaram a legitimidade da existência de Israel e da hipótese dos dois Estados, em detrimento dos moderados, que poderiam favorecer o diálogo, mas em detrimento da política de expansão das colónias; de facto, a procura efectiva de um acordo que pudesse favorecer a concretização do objectivo dos dois Estados teria penalizado a política da extrema direita que torna a expansão colonial ilegítima, ilegítima porque está fora do direito internacional e do bom senso, o seu próprio programa político. A posição política e a sensibilidade de Netanyahu têm-se deslocado cada vez mais para a direita, reunindo movimentos e partidos cada vez mais radicais nos vários governos que se seguiram, que com as suas ações favoreceram o crescimento de sentimentos semelhantes nas áreas palestinianas, com um crescimento de movimentos radicais, entre em que surgiu a liderança do Hamas. Ao mesmo tempo, porém, a situação pessoal de Netanyahu piorou devido a vários problemas com o sistema de justiça no seu país e à mudança cada vez mais para a direita das suas posições políticas, o que colocou a acção anti-palestiniana no centro, tanto a nível nacional como internacional. esfera, um motivo muito forte para se distrair de suas acusações judiciais. Actualmente, na fase da guerra em Gaza, a sensibilidade do país em relação a Netanyahu é fortemente negativa. Pelo ataque aos kibutzim, a opinião pública vê Netanyahu como o maior responsável, mas a situação de emergência impede a sua substituição, mesmo que seja. tem sido repetidamente sublinhado que após o fim da guerra em Gaza não deverá haver futuro político para o actual primeiro-ministro. Entretanto, porém, é permitida uma atitude cada vez mais agressiva dos colonos na Cisjordânia e várias questões são legítimas sobre o futuro de Gaza. No início da invasão pelas tropas israelitas, o desejo declarado era aniquilar o Hamas e deixar a situação na Faixa inalterada, mas à medida que o conflito avança, parece emergir um desejo inexplicitamente declarado de exercer um controlo efectivo sobre o território. Isto implicaria a negação da autonomia política e administrativa dos palestinianos que terão a sorte de permanecer vivos face à repressão brutal que Israel está a exercer sobre a população civil. Uma solução extrema poderia ser o movimento dos habitantes de Gaza em direcção ao Sinai, uma solução à qual o Egipto sempre se disse contra, libertando assim uma porção significativa de território para ser atribuída a novos colonos. Esta não é uma eventualidade impossível, precisamente porque os sobreviventes de Gaza estão à completa mercê das forças armadas israelitas, não defendidos por qualquer Estado ou organização internacional, capaz de se opor, mesmo politicamente, a Tel Aviv. O facto de estarmos a falar de uma população civil, que já pagou o preço de mais de 18 mil mortes, toda a destruição dos seus pertences, fome e doenças, não produz mais do que solidariedade verbal, onde lideram os países árabes interessados ​​em ter relações internacionais com Israel. No final, a dúvida legítima é esta: se Netanyahu expandisse o domínio israelita sobre Gaza e aumentasse o espaço territorial das colónias, algo feito impunemente, teria decretado definitivamente a perspectiva dos dois Estados, argumento particularmente apreciado por parte da opinião pública israelense., e teria portanto criado um seguro capaz de preservar o seu futuro político que lhe permitiria também superar os seus problemas jurídicos, em suma, teria uma estrutura de liderança praticamente inatacável mesmo por esses partidos e movimentos que esperam pelo seu fim político. Tudo isso será possível? A solução dependerá também de como os principais atores internacionais queiram se comportar, adotando novas formas de abordagem da questão palestina.