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mercoledì 27 giugno 2012

La Turchia dichiara la Siria paese ostile

La Turchia considera ufficialmente la Siria paese ostile, viene così modificato il protocollo militare, che, presumibilmente, verrà attivato nel caso di avvicinamento alle frontiere di elementi o apparati delle forze militari siriane. Il nuovo assetto sulla linea di confine, porta la situazione tra i due paesi ad un livello molto vicino allo scontro, aggravando una stuazione, sia regionale, che internazionale, già molto compromessa, per la presenza contemporanea di diversi soggetti portatori di visioni anche estremamente opposte sulla questione siriana. La mossa di Erdogan è stata ben ponderata e dettata da tempi di reazione tutt'altro che rapidi. L'esame approfondito dei tabulati dei percorsi radar fatta dai tecnici turchi, contraddice, infatti la versione siriana. Il jet turco sarebbe stato abbattuto in acque internazionali; prende così sempre più corpo l'ipotesi che la contro aerea siriana stava testando i nuovi armamenti forniti dai russi in vista di una possibile azione militare internazionale del tipo di quella messa in atto contro il regime di Gheddafi. In questi termini la mossa turca è stata praticamente obbligata, anche per dare un chiaro segnale alla comunità internazionale, dimostrando un atteggiamento non certo passivo. Tuttavia, se l'atteggiamento turco pone le basi per immediate ritorsioni verso altri eventuali atti ostili, le vere intenzioni del governo di Ankara non sono quelle di seguire la Siria in una eventuale escalation militare. Lo dimostrano le condizioni della richiesta per la riunione dei paesi NATO, convocata non sulla base dell'articolo 4 del trattato atlantico, che dispone che le parti si consulteranno ogni volta che, nell'opinione di una di esse, l'integrità territoriale, l'indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti fosse minacciata, ma richiamando l'articolo 5, che prevede, che un attacco contro un membro sarà considerato come un attacco contro tutti, di tenore ben diverso quindi dall'enunciazione della disposizione precedente. L'atteggiamento russo è stato da subito di moderazione, forse per essere indirettamente responsabile dell'accaduto, caldeggiando l'ipotesi della non premeditazione siriana nell'abbattimento dell'aereo turco, ed invitando a percorrere con maggiore convinzione la strada del dialogo intrapresa da Kofi Annan, che, peraltro, fino ad ora si è rivelata priva di risultati. La cautela di Mosca rivela una profonda preoccupazione per una possibile svolta della questione non gradita al Cremlino, che potrebbe mettere in ulteriore cattiva luce la politica estera intrapresa da Putin. Se così fosse potrebbe essere messa in discussione tutta l'impalcatura su cui attualmente poggia la strategia diplomatica russa, troppo esposta con regimi dubbi ed autoritari, in un rapporto troppo spesso giocato sul limite della convenienza, che esula da ragionamenti logici al di fuori di evidenti manovre di potere nel teatro internazionale.

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