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giovedì 28 febbraio 2013

Italia: il risultato elettorale indica all'Europa la fine della politica del rigore

Al non equivocabile segnale proveniente dalle elezioni italiane, si è aggiunta la relazione dei servizi segreti di Roma, che intravedono nell'attuale situazione economica, forti potenziali pericoli derivanti da una instabilità sociale sempre più evidente. Sono principalmente questi gli effetti della recessione imposta dal metodo tedesco: una austerità ed un rigore portato ad un grado di estremizzazione ormai insostenibile, sia dalle famiglie, che dalle imprese. Mentre in Europa si faceva finta di niente, grazie all'opera del governo tecnico italiano, che forniva risultati macro economici positivi, grazie alla compressione dei valori micro economici relativi alle parti più deboli del tessuto sociale italiano mentre la condizione della Grecia continuava ad essere snobbata in ragione della sua minore importanza, Bruxelles continuava a subire il dettato tedesco sull'economia continentale. Anche il malessere spagnolo e perfino quello francese venivano sottovalutati ampiamente in ragione dei buoni risultati del socio forte dell'Unione Europea. Tuttavia, se le elezioni di Parigi hanno portato una composizione di governo non molto gradita, ma comunque in grado di assicurare una stabilità adeguata, quello uscito dalle urne italiane è un risultato che rischia di contagiare tutto il continente, sia per la stabilità dei mercati, che per quella sociale. Nella Commissione europea inizia così ad incrinarsi la convinzione che l'impostazione così fortemente incentrata sul rigore abbia bisogno di qualche correttivo. Parigi, che con Hollande al governo non è più in sintonia con la Merkel come con Sarkozy presidente della repubblica, intende chiedere alla UE l'elaborazione di un nuovo modello economico, fondato su minor rigore e maggiore crescita, ma deve scontrarsi con una Germania, che, per la verità, pare sempre più isolata, convinta che l'area euro non è affatto uscita dall'emergenza. Questo è vero però solo in parte, nel senso che l'emergenza della moneta unica pare un ottimo pretesto da asservire alla commercializzazione dei prodotti tedeschi e non al reale interesse dell'Europa nel suo complesso, che, anzi, soffre proprio la stretta creditizia per sviluppare le economie degli altri stati membri, esclusa la Germania. La sensazione dominante nel vecchio continente è che dopo l'unificazione dei due stati tedeschi a seguito della caduta del muro di Berlino, pagata dall'unione europea, ora la Germania scarichi sugli altri stati, da un punto di forza particolare, i costi della propria inefficienza produttiva. La figura peggiore è però quella di Bruxelles, che risulta appiattita in maniera quasi servile alla politica tedesca ed ora, di fronte all'evidenza del fallimento della politica improntata all'eccessivo rigore, non sappia come cambiare rotta. Le previsioni economiche continuano ad evidenziare per la zona euro una piena recessione, chiaro segnale che la politica attuata fino ad ora è stata errata e può essere corretta soltanto con robusti provvedimenti destinati a stimolare la crescita, soluzioni non gradite a Berlino. Sulla sincerità europeista di Angela Merkel i dubbi sono ora più di uno: schiacciata dall'urgenza della prossima consultazione elettorale e dal soddisfare un tessuto produttivo che ha il suo maggiore sviluppo proprio in Europa e che quindi non è interessato a vedere crescere i concorrenti all'interno del suo mercato di riferimento, la cancelliera si arrocca sulle solite posizioni di estrema austerità che impongono soltanto sacrifici ai cittadini degli altri stati, senza però dare in cambio nulla, questo atteggiamento tedesco è stato individuato come un freno ad un maggiore contributo che Berlino potrebbe e dovrebbe fornire alla causa europea. La speranza di molti analisti era che arrivasse al potere in Italia un partito europeista ma capace di creare una alleanza, con Parigi e Madrid, in grado di controbilanciare il potere di Berlino. Il risultato di Roma, ancorchè negativo, risulta funzionale alla strategia di Hollande della necessità della crescita nel continente ed avvera per la Germania i suoi peggiori timori. Il governo tedesco sperava in una riconferma di Monti, che ha attuato come un soldato i dettami di Berlino, diventando il migliore alleato delle politiche economiche tedesche, tuttavia anche una vittoria di Bersani sarebbe stata preferita alla più completa incertezza attuale, che da forza alle posizioni di Parigi contro l'austerità totale, che possa permettere la maggiore occupazione, elemento necessario all'effetiva integrazione europea.

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