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giovedì 28 febbraio 2013
L'Iran vicino alla bomba atomica, per Israele torna in auge l'opzione militare
I negoziati del Kazakistan, per mettere fine alla determinazione iraniana di diventare una potenza militare nucleare, sono sostanzialmente falliti. Nonostante le sanzioni, Teheran continua ad andare avanti nel suo programma nucleare, anche a costo di sacrificare la propria situazione economica; questo aspetto risulta indicativo in maniera fondamentale nelle intenzioni iraniane di diventare una potenza atomica. Lo scorso 21 febbraio l'Agenzia dell'ONU per il nucleare ha espressamente affermato che Teheran è ora molto vicino, tecnologicamente, nella produzione del plutonio arricchito per costruire l'ordigno atomico, più nel dettaglio, secondo l'AIEA, il regime degli ayatollah avrebbe a disposizione l'armamento nucleare finito entro il termine del 2013. Le reazioni israeliane non si sono fatte attendere: Tel Aviv ha, ancora una volta, sollecitato i paesi occidentali a muovere un attacco contro gli impianti nucleari iraniani, da compiere nel lasso di tempo restante. Oltre alle rivelazioni dell'AIEA, sono state pubblicate dal quotidiano "Daily Telegraph" le immagini via satellite scattate sulla città di Arak, dove vi sarebbe un ulteriore impianto per la produzione di plutonio arricchito, che costituirebbe il piano di riserva iraniano, in caso di danneggiamento degli impianti principali. Questa notizia, ben conosciuta dai servizi segreti e fornita alla stampa serve allo scopo di guadagnare consensi anche tra l'opinione pubblica occidentale, che nella maggioranza, è contraria ad un attacco militare contro l'Iran, per le conseguenze difficilmente immaginabili che potrebbero scatenarsi. Tuttavia, dopo la riuscita dell'esperimento nordcoreano, nell'occidente e non solo, sale la preoccupazione per la nuova proliferazione degli armamenti nucleari, specialmente in paesi non sicuri e capaci, con il possesso di armi atomiche, di condizionare equilibri regionali già di per se molto instabili. Se l'Iran, sempre nel quadro della teocrazia che comanda il paese, dovesse arrivare effettivamente al possesso della bomba atomica, la regione mediorientale sarebbe soggetta ad un equilibrio del terrore molto precario, con due soggetti fortemente nemici entrambi militarmente dotati di forza nucleare. Uno scenario fino a poco tempo prima impensabile e troppo a lungo creduto impossibile da avverarsi. La politica degli USA, su questo argomento, è stata mossa da un atteggiamento prudente, Obama ha preferito usare l'arma delle sanzioni senza forzare troppo la mano, ma i risultati, sia a Pyongyang, che a Teheran non sono andati nella direzione voluta. La rielezione di Netanyahu, rafforza, però, l'ipotesi di intervento scongiurata lo scorso anno anche per la scadenza delle presidenziali americane. Terminati gli appuntamenti elettorali gli USA a questo punto dell'evoluzione della vicenda, potrebbero dare un tacito assenso all'opzione militare di Israele, dove la pressione per il pericolo iraniano si fa sempre più pesante. Anche lo scenario siriano, dove l'indebolimento di Assad, principale alleato di Teheran, sembra favorire l'intenzione di Tel Aviv di scegliere la possibilità di un attacco chirurgico in grado di azzerare la tecnologia nucleare iraniana. Alla fine dell'anno mancano ancora dieci mesi ma se Israele deciderà di intervenire non lo farà alla scadenza del 2013, più probabile che la pianificazione dell'attacco sia uno dei primi atti dopo l'insediamento del nuovo governo; se ciò sarà vero, verso fine primavera, inizio estate potrebbe iniziare l'operazione militare.
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