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venerdì 21 gennaio 2011
Lo sviluppo africano ed il modello cinese
Spesso si parla, giustamente, della crescita forte di Cina, India e Brasile e li si raffronta all'immobilismo economico occidentale gravato da crisi finanziarie dovute a speculatori senza scrupoli; si tralascia, invece colpevolmente, di analizzare il grande fermento che sta vivendo il continente africano. Per fare un esempio nel 2010 il PIL dell'Angola è cresciuto più di quello cinese, ma si potrebbero portare altri esempi di incrementi consistenti di nazioni africane. La crescita economica non è stata univoca ed omogenea all'interno del continente, ci troviamo di fronte ad un gigante dalle enorme potenzialità ma con ancora troppe contraddizioni in seno, tuttavia il la è stato dato e quella a cui si assiste è una trasformazione epocale non solo in senso economico ma anche in senso sociale. Va detto che spesso dietro a questo boom economico vi è la Cina che affamata di materie prime ha sviluppato accordi commerciali vantaggiosi per entrambe le parti contribuendo alla costruzione di infrastrutture necessarie per fare da volano allo sviluppo economico. La politica estera cinese segue tradizionalmente la direttrice di non influenzare l'andamento politico dei paesi esteri, anche in quelli in cui si trova ad operare, questo tratto distintivo, ha, di fatto, permesso un approccio profondamente diverso da quello occidentale da sempre tradizionalmente inserito in trame e manovre spesso sfuggite di mano. L'approccio soft della Cina, orientato al guadagno, ha permesso un salto economico consistente grazie a trattative condotte su di piani sostanzialmente paritari, anzichè l'uso del paternalismo di convenienza occidentale. Proprio l 'occidente deve trarre insegnamento da questa vicenda, sono state molte le occasioni di sviluppo compatibile andate perse per miopia conclamata, con il risultato di rinforzare la tigre cinese e sopratutto la sua percezione al contrario di quella dell'occidente; potenzialmente questo fatto è ancora più pericoloso delle occasioni perse sul piano economicoperchè potrebbe fare apprezzare il modello cinese del capitalismo senza democrazia. In Africa si sta sviluppando un ceto sociale di media borghesia in grado di fare girare i soldi che guadagna incrementando un mercato interno in modo sostanzioso, come ogni ceto borghese acquista auto, case, beni di consumo e fa studiare i figli, gode cioè di un benessere sempre più diffuso, anche se si tratta ancora di porzioni minoritarie del totale degli africani, questo ceto emergente può essere in grado di influenzare l'opinione pubblica proprio in forza dei gradini saliti sulla scala sociale. In un continente spezzettato in tanti stati, tra cui diversi governati con tendenze autoritarie, il possibile l'affermarsi del modello cinese deve essere visto dall'occidente come una minaccia, avere alle porte tante piccole Cina, dove i diritti umani vengono negati sistematicamente porrebbe gravi problemi diplomatici. In questo gli organismi della UE dovrebbero operare meglio sia sul piano degli accordi economici che di quelli politici, è pur vero che competere con la liquidità cinese è impossibile tuttavia è obbligatorio recuperare il tempo perduto ripensando tutta la strategia di approccio con i paesi africani in un'ottica globale, che, cioè privilegi la visione d'insieme dell'intero continente, seppur tenendo conto delle tante differenze presenti sul campo. Non avendo le disponibilità economiche della Cina occorre puntare sul piano politico trovando accordi di cooperazione e sviluppo basati sul reciproco rispetto, occorre fornire conoscenza e competenze di alto livello in modo da non consentire l'affermazione del modello cinese ma sviluppare le tendenze democratiche esistenti fortificando l'autocoscienza dell'autogoverno e dell'affermazione e sviluppo del godimento dei diritti fondamentali.
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