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martedì 17 maggio 2011

Le ragioni della fretta di Israele per la creazione dello stato di Palestina

La manovra del premier israeliano per avviare il processo di costruzione dello stato palestinese, sembra essere obbligata più che mossa da sinceri sentimenti di pace. In poco tempo le certezze del governo riguardo alle proprie frontiere si sono sgretolate ed il paese si sente sempre più minacciato. Il primo bastione a saltare è stato l'Egitto, con il quale le relazioni diplomatiche, grazie a Mubarak, sono state sempre ottime; infatti lo stato israeliano non ha mai visto di buon occhio la rivolta proprio perchè poteva minare la stabilità internazionale della regione. Al momento attuale, su questo versante, la situazione non ha ancora conosciuto una definizione: la presa del potere dei militari, fortemente caldeggiata dagli USA, ha permesso di raffreddare le tensioni, ma sul versante interno, in attesa di libere elezioni, non vi è ancora un quadro certo degli assetti del potere. Lungo la linea di frontiera con la Giordania per il momento non si intravedono pericoli, il paese è stato toccato solo marginalmente dalla primavera araba, e gli assetti del potere sono inalterati per cui la stabilità dei rapporti internazionali per ora è assicurata. I problemi arrivano salendo verso i confini a nord di Israele. Le accese rivolte siriane hanno determinato una situazione di tensione sugli altipiani del Golan. Pur non avendo formali relazioni con Damasco, tra i due paesi si era instaurato un tacito accordo che manteneva uno status quo di pace sostanziale. La pressione internazionale, causata dalle feroci repressioni, ha, invece, determinato la scelta siriana di puntare su strategie diversive per distogliere l'attenzione dai propri problemi interni. In quest'ottica si devono leggere i recenti scontri tra palestinesi siriani ed esercito israeliano. Gli USA hanno accusato chiaramente Damasco di avere orchestrato direttamente la sollevazione contro i militari con la stella di David. Questo episodio, che per quanto grave, non ha messo in pericolo il territorio Isrealiano, accende però una spia sulle mutate condizioni di questo tratto di frontiera. Oggi è stata una manifestazione, anche violenta, domani potrebbe essere una via che l'Iran potrebbe volere usare. Resta la frontiera con il Libano, da sempre sotto osservazione perchè, alla fine era l'unico punto pericoloso per l'integrità dello stato con capitale Tel Aviv. Da questo quadro emerge con chiarezza come le condizioni di sicurezza siano mutate, delle quattro nazioni al confine, soltanto una risulta affidabile per la pace dello stato. Potenzialmente tutte le altre possono portare alterazioni alla stabilità del paese. Si capisce allora come Israele abbia necessità urgente di pacificare il fronte interno, per avere maggiori risorse da dedicare ai nuovi fronti venutisi a creare, con l'unica via possibile: accelerare il processo della costruzione dello stato della Palestina. Di solito la fretta non è una buona consigliera, ma in questo caso potrebbe aiutare a sbloccare una situazione decisiva per la pace del mondo intero.

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