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sabato 6 agosto 2011

L'ingerenza, una necessità sempre maggiore

Sull’evoluzione dei recenti fatti di politica internazionale occorre fare delle riflessioni che possano avviare una regolamentazione a livello planetario dell’ingerenza da parte di soggetti esterni, all’interno degli affari dei singoli stati. La premessa necessaria, ma insufficiente, e’ costituita dal punto di partenza della necessita’ che vengano rispettati i diritti fondamentali della persona. Il diritto all’autodeterminazione, alla alimentazione, all’istruzione ed anche alla manifestazione dei propri pensieri dovrebbero essere assicurati in maniera automatica, dovrebbero cioe’ essere dati per scontati in ogni singolo ordinamento statale. Ovviamente non e’ cosi’, anzi spesso la sopraffazione della persona, in senso generale, senza arrivare a considerazioni di differenze di sesso, orientamento politico o sessuale o razziale, e’ invece proprio quella che e’ regolamentata nella legislazione, che opera il soffocamento dei diritti fondamentali. Da qui ad arrivare alla soppressione fisica dei rei, di chi e’, cioe’, oggetto della norma, il passo e’ breve. Non per niente siamo in una fase storica dove alcuni popoli, che sono oggetto di queste legislazioni, che vengono eufemisticamente chiamate illiberali, stanno portando alla ribalta della cronaca i loro sommovimenti, le loro rivolte, per affrancarsi da questi ordinamenti repressivi ed affrontare una fase nuova della loro vita. Ora, il tema a cui guardare e’ questo: esiste un dovere delle organizzazini internazionali, in prima battuta, e delle potenze mondiali, immediatamente dopo, ad entrare nell’alveo politico interno di un singolo stato, per sanare situazioni di evidente violazione dei diritti fondamentali dei cittadini di quegli stessi stati? La domanda poi si estende alla forma ed alle modalita’ di questo eventuale intervento. E’ impossibile non richiamare esempi concreti, che l’attualita’ ci fornisce: la Libia, dove l’intervento, di tipo militare, e’ ancora in corso; la Siria, dove nonostante le sanzioni, si assiste impotenti al massacro dei civili e quindi rappresenta un esempio di assenza di ingerenza; la Somalia dove si attua un intervento, peraltro insufficiente, di tipo umanitario, ma si tralascia l’opzione militare, che sarebbe complementare alla riuscita dell’invio degli aiuti umanitari. Questi sono i casi piu’ eclatanti, ma chi ci vieta di pensare alla Cina, all’Iran, alla Corea del Nord, alla Bielorussia ed a molti altri casi, dove il potere statuale si fonda sulla negazione dei diritti. E’ chiaro che estendere cosi’ tanto il problema, che comunque esiste, non permette in concreto, di affrontare il discorso. Limitandoci ai tre casi sopra citati, che sono di maggiore attualita’, siamo di fronte a tre casi scuola, dove la presenza della violazione prevista dalla premessa, e’ stata affrontata con altrettante modalita’. La conseguenza diretta e’ l’assenza di uniformita’ della risposta, ed e’ il nocciolo da cui discende, semplificando in maniera estrema, la necessita’ di adeguare, in qualche modo, tempi e modi per intervenire. Ricordiamoci che siamo in un regime di autodeterminazione degli stati, quindi occorerebbe regolamentare a livello superiore l’ingerenza. L’ottimo sarebbe costituito da un riconoscimento universale di questa necessita’, ma per le ragioni di cui sopra cio’ e’ impossibile. Come superare quindi l’ostacolo? Il primo passo e’ una riforma radicale delle nazioni unite, che oltrepassi lo strumento del consiglio di sicurezza, per abbracciare una piu’ ampia suddivisione della responsabilita’ decisionale ed operativa, non e’ questa la sede per affrontare in maniera piu’ approfondita la questione, tuttavia occorre sottolineare la necessita’ di una maggiore autonomia finanziaria delle Nazioni Unite ed anche dell’assoluta obbligatorieta’ di una disponibilita’ di potere contare su di una propria forza armata. Seppure nelle profonde differenze culturali e politiche che sono presenti nei paesi del globo, la necessita’ di assicurare i diritti fondamentali in maniera stabile deve essere la prima missione dell’ONU e delle grandi potenze democratiche, non solo in un’ottica di rispetto delle leggi, ma anche un investimento sul futuro prossimo degli assetti economici e commerciali ai quali il mondo va incontro. Superare lo sfruttamento di una parte della popolazione mondiale significa aprire opportunita’ sempre maggiori per i mercati, ma sopratutto per la stabilita’ politica del globo, che deve fondarsi sempre piu’ su valori condivisi e comuni.

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