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martedì 20 settembre 2011
Fronte UE per la Turchia
Le minacce turche alla UE, per la carica della prossima presidenza a Bruxelles, di Cipro, parte greca, nascondono, in realtà, altri fini ed hanno una responsabilità da cercare dentro all'Europa. Erdogan, dopo il rifiuto all'ingresso nella UE, ha rivolto lo sguardo della Turchia verso oriente, riscuotendo successi sia diplomatici che economici. Agendo fuori da un contesto normativo rigido, come poteva essere quello comunitario, Istanbul è riuscita a trarre maggiori vantaggi ed ha capito di potere prendere un ruolo da protagonista. L'occasione della primavera araba ha rappresentato la possibilità di incrementare ulteriormente la strategia diplomatica di aumentare l'influenza turca, tanto da fare pensare ad un chiaro fenomeno di neo ottomanesimo. Quando era in auge il dibattito sulla opportunità di fare accedere alla UE la Turchia, nessuno ha mai preventivato che lo sbocco, in caso di rifiuto, fosse di trasformare Istanbul, se non in un nemico, un avversario. Le tante obiezioni proposte, peraltro maggiormente di natura religiosa o sociale, provenienti dai gruppi di estrema destra o localistici, non hanno mai analizzato i costi ed i benefici dell'esclusione turca. Il dibattito si è focalizzato su temi troppo ristretti che ne hanno fatto perdere la visuale complessiva. La Turchia è da tempo un paese in crescita, che ha tentato di canalizzare le proprie capacità ed attitudini verso quello che doveva essere l'approdo naturale del più occidentale dei paesi islamici. Poteva trattarsi di una opportunità sia per Istanbul che per tutta la UE, l'allargamento verso l'oriente dell'Unione Europea avrebbe permesso, oltre ad un maggiore e più vasto mercato, anche una potenzialità diplomatica di ben altra portata. Inserire il paese turco, nell'alveo del vecchio continente, voleva dire allargare la sfera d'influenza comunitaria verso zone più restie all'ingerenza occidentale. Al contrario trattare il problema come un mero fatto religioso ha troncato pesantemente i possibili sviluppi positivi, creando gelo tra le due parti. Anche il recente confronto con Israele, dettato, al di là dei tragici fatti dello scorso anno, dalla necessità di figurare come rappresentante in tutto e per tutto del popolo arabo, si spotrebbe risolvere in altro modo, senza tenere costituire una minaccia per la pace. Ora la Turchia ha innestato una marcia, sul piano internazionale, contraria alla politica della UE, che tende al protagonismo nell'area araba del Mediterraneo del sud, nell'area del vicino oriente e fino oltre la pianura mesopotamica. Questa sorta di ritorno all'impero ottomano, non deve essere guardato con sufficienza dall'occidente, la Turchia possiede strutture politiche e strumenti di affinità tali da potere influenzare le nascenti democrazie arabe, prive praticamente di tutti gli strumenti per fare il salto nella nuova forma di stato. Istanbul si è preparata con dovizia a diventare il principale concorrente dell'Europa sul terreno del meridione del mediterraneo, dove si giocherà una partita fondamentale per il futuro del Mare Nostrum. La questione cipriota è in parte strumentale, perchè serve ad alzare la temperatura contro l'Europa in chiave di espansione verso i territori arabi ed in parte oggettiva, perchè riguarda la comunità e lo stato filo turco dell'isola. Se Cipro assolve il suo mandato di sei mesi alla guida della UE, acquista una visibilità troppo elevata per quello che vuole apparire Erdogan, che ne risulterebbe sminuito. Per il capo del governo turco costringere la UE ad abdicare rappresenterebbe una vittoria notevole da gettare sul tavolo del prestigio nel mondo arabo. Tuttavia appare difficile che Erdogan possa vedere le sue richieste esaudite, ciò non impedirà comunque, di intraprendere con la UE una battaglia diplomatica da cui ha tutto da guadagnare.
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