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giovedì 20 ottobre 2011

UE e Balcani, un processo lungo e difficile

L'Unione Europea aprirà a nuovi paesi come soci nell'organizzazione. La strada delle nuove adesioni punta a sud-est, verso i paesi nati dalla dissoluzione della Jugoslavia. In effetti sulla carta geografica manca la continuità territoriale, che si interrompe proprio in corrispondenza della penisola Balcanica. Tuttavia la situazione dei balcani non presenta affatto una uniformità nel processo di ammissione della UE. Se per la Slovenia essere un paese UE è un dato di fatto fin dal 2004, completato anche dall'appartenenza alla zona euro e per la Croazia diventare membro a tutti gli effetti sarà realtà a Luglio 2013, grazie ad avere maturato tutti i requisiti necessari per l'ammissione, in una trattativa tutt'altro che facile e durata diversi anni, richiesti da Bruxelles, per gli altri paesi balcanici l'iter in corso non è dei più semplici. Il paese più importante, la Serbia, ha compiuto diversi progressi sul piano internazionale, ma deve ancora risolvere difficili questioni interne relative ai movimenti nazionalisti presenti nel paese ed ai problemi con il Kosovo.
Problemi analoghi, sebbene ancora più esasperati, creano difficoltà alla Bosnia Ezegovina, dove i difficili rapporti tra le tre etnie del paese (serbi, croati e musulmani) provocano sia l'impasse interna, con l'impossibilità di creare un governo stabile, sia l'avvio di concreti negoziati con Bruxelles per l'ingresso nell'Unione Europea. Più vicino all'organizzazione europea pare il Montenegro, che, sulla carta, ha avviato una politica legislativa in grado di fermare la malavita e la corruzione, tuttavia sarà necessario che alle intenzioni seguano i fatti con una reale applicazione delle leggi emanate in un paese che fa degli affari illeciti uno dei motori della propria economia.
I paesi in maggiore difficoltà nell'ingresso nella UE sono il Kosovo, che ha difficoltà ad essere riconosciuto come entità statale dal panorama internazionale (solo 83 paesi lo riconoscono come stato sovrano sui 193 dell'ONU) ed è parte attiva nella controversia con la Serbia, insieme con l'Albania che attraversa una lunga crisi politica e non è in grado di assicurare la stabilità necessaria per avviare riforme strutturali, che garantiscano i requisiti richiesti dalla UE. Oltre ai problemi dei singoli stati, la situazione balcanica va vista in un quadro di insieme su di un territorio che presenta contrasti atavici tra le varie popolazioni e sacche di arretratezza in cui sarebbe essenziale l'intervento UE da subito e non successivo alla risoluzione di requisiti difficilmente raggiungibili. Se la UE vuole veramente inglobare queste zone nel suo seno deve, forse fare uno sforzo preventivo per ottenere un maggiore convolgimento, prima di tutto ottenendo più convinzione delle popolazioni, che vivono nelle zone in questione. Ma vi è anche l'altra faccia della medaglia, dove si deve considerare se la UE, in questo momento deve insistere su di questo processo di integrazione o se deve valutare meglio se nell'attuale momento storico sia da posporre tale azione. La situazione economico finanziaria in corso, una delle più difficili degli ultimi anni, il problema migratorio, molto sentito, che in caso di ammissione dei paesi balcanici è destinato ad aumentare, andando così ad aggravare la situazione sociale dei paesi europei, sono fattori su cui Bruxelles deve compiere attente valutazioni, perchè non sempre una maggiore unione determina una maggiore forza.

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