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martedì 13 dicembre 2011
La UE tedesca non è per i cittadini
Nella nuova Europa, che gravita intorno alla Germania, manca un progetto per lo sviluppo e la crescita, che possa consentire di dare un senso alla richiesta di sacrifici per la popolazione. L'ossessione dell'attenzione ai bilanci, da raggiungere esclusivamente mediante cospicui tagli di spesa pubblica, che, sostanzialmente, vanno ad intaccare l'impalcatura del welfare, non può che generare, come effetto accessorio, l'impoverimento delle classi sociali da cui si intende drenare liquidi. Gli iniqui interventi, spacciati per medicine amare, si contraddistinguono tutti per mancanza di equità e vanno a colpire i ceti medi e bassi, comprimendone la capacità di spesa e lasciando, invece, praticamente inalterato il potere d'acquisto delle classi più abbienti. Si tratta di uno schema ormai classico applicato dalla Thatcher, da Reagan, Bush fino a Berlusconi, ma che anche sia la Merkel che Sarkozy non paiono tralasciare. A parte la partenza ideologica, quello che si crede, detto più semplicemente possibile, è che se le classi ricche mantengono una adeguata disponibilità di spesa possono spendere e quindi incrementare l'economia, che dovrebbe innalzare o mantenere entro certi valori il prodotto interno lordo, attraverso il quale lo stato può incassare gettito fiscale. La miopia di questa visione ha il suo punto debole nel dare per scontato che le classi ricche continueranno a spendere per beni di cui già dispongono, per cui se questo requisito non viene soddisfatto si entra in recessione ed i sacrifici richiesti non sono sufficienti a compensare la diminuzione del prodotto interno lordo. Per il momento la leadership tedesca non appare in discussione, ma è chiaro che è data dai soli fondamentali della propria economia, più che dall'autorevolezza del proprio Cancelliere, che insiste ad imporre misure di rigore per gli altri, senza proporre valide alternative che consentano la crescita dell'intera area. Questa mancanza potrebbe rivelarsi presto fatale per la Merkel, il grado di salvatrice dell'euro non basterà più quando, superata la fase di emergenza, con le proprie forze o con l'aiuto esterno (vedi Cina), il resto dell'Europa potrebbe trovarsi in una situazione di stagnazione a causa del logoramento economico generato dalla stretta dei provvedimenti economici imposti da Berlino. Quello che si prospetta per la UE è il passaggio da una turbolenza economica ad una politica, perchè è inevitabile, a gioco lungo, che lo sbilanciamento imposto dalla Germania vada oltre i malumori già presenti. A quel punto, nella migliore delle ipotesi, si potranno avere degli stati con i conti in ordine ma con la gran parte dei cittadini impoveriti se non prostrati e quindi con economie comunque in difficoltà. Il punto è che, alla fine, i tanti sacrifici imposti saranno serviti soltanto per le grandi istituzioni, si saranno salvate le banche ma peggiorata la condizione delle famiglie, poco per gli obiettivi che si era posta l'Europa alla sua fondazione.
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