La scomparsa del caro leader nord coreano potrà turbare gli equlibri, complicati, della regione? L'apprensione di USA, Giappone e, naturalmente, Corea del Sud sta salendo velocemente, anche alla luce delle circostanze ancora poco chiare delle cause del decesso e delle pochissime informazioni filtrate, dall'ermetico paese unico caso di sistema comunista ereditario. Proprio il fattore chiusura, anche per i servizi segreti dei paesi che monitorano costantemente il paese, rappresenta un fattore di grande preoccupazione. La morte del dittatore sarebbe avvenuta sabato ed rimasta segreta fino al giorno dopo, confermando, se ce ne fosse stato il bisogno, l'alto grado di impermeabilità del paese a fare passare le proprie notizie. Del resto non è una novità, già nel caso della costruzione del reattore nucleare, Pyongyang è riuscita ad occultare il fatto per più di un anno e comunque la notizia è diventata di dominio pubblico solo quando la dirigenza nord coreana ha deciso autonomamente di rendere pubblica la notizia.
L'esigenza di ritardare la notizia della morte di Kim Jong-il, avvenuta nonostante le condizioni di salute critiche, è stata dettata dal fatto di essere comunque arrivata inattesa e di avere colto di sorpresa il gruppo dirigente del paese, costituito per lo più dalle alte sfere militari, che hanno cercato di guadagnare tempo prezioso per tirare le fila della transizione. In effetti una voce che ha preso a circolare nelle ultime ore, tutta da verificare, inquadra il decesso del dittatore come un possibile assassinio operato da una fazione avversa al potere dei militari, individuata in un gruppo di tecnocrati facenti capo al cognato del dittatore defunto. Si tratta comunque di congetture, quasi da fantapolitica, che testimoniano però lo stato di forte incertezza nel quale può sprofondare un paese poverissimo e con la popolazione allo stremo, ma dotato di un arsenale militare capace di impensierire gli eserciti di peasi ben più ricchi, come quelli circostanti. Formalmente per la successione, Kim Jong-il aveva indicato il proprio terzogenito Kim Jong-un, che non appare però in grado di prendere in mano il paese, secondo quanto affermano i servizi segreti sud coreani, i maggiori esperti degli affari del paese contiguo. Quello che si teme a Seul, Tokyo e Washington è che si ripeta la delicata situazione accaduta alla successione di Kim Il-sung, quando Kim Jong-li impiegò ben tre anni per regolare gli oppositori ed avere il potere saldamente in mano, ma era il 1994 e la situazione internazionale generale era molto più stabile di adesso. Il panorama diplomatico si attende molto dal ruolo stabilizzatore della Cina, ormai unico alleato di Pyongyang, nella definizione della situazione. L'implosione di un paese alla fame non conviene ad alcun attore internazionale, specialmente nelle vicinanze, il rischio di una marea di profughi che si riversano nei paesi vicini o addirittura di una guerra civile in una nazione con un arsenale atomico sul suo territorio è fonte di grande preoccupazione per tutti i paesi della regione, anche su fronti avversi. Resta da vedere il reale atteggiamento delle forze armate vera forza dominante del paese, se non ci saranno divisioni al proprio interno non sarà possibile scalzarle dalla guida del paese, viceversa tutte le soluzioni sono possibili.
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