Gli sviluppi della questione delle sanzioni sul petrolio iraniano stanno per aprire nuovi scenari diplomatici. Incassato l'appoggio di Europa e Giappone sulla riduzione dei quantitativi di acquisto di greggio iraniano, gli USA devono ora affrontare il problema Cina ed India. I due colossi economici necessitano per le loro economie del petrolio di Teheran e non intendono rinuciarvi, ma diverso è il loro atteggiamento di fronte a Washington. Per la Cina, sempre più intenzionata a recitare un ruolo di primario livello sul panorama internazionale, l'embargo contro l'Iran non è giustificabile perchè portato avanti, non in sede ONU, dove comunque farebbe mancare il suo appoggio in sede di Consiglio sdi sicurezza, ma in maniera autonoma dagl Stati Uniti, che si arrogano il diritto di controllare l'espansione nucleare iraniana. E' chiaro che una potenza nucleare ai confini dell'impero cinese non conviene neanche a Pechino, ma in questo momento prevale la ragione economica: infatti con il paese iraniano sottoposto a sanzioni, gli acquirenti possono spuntare considerevoli sconti sugli acquisti di greggio e questa motivazione va a giustificare il contrasto con gli USA, mascherato da ragioni diplomatiche e di equlibrio internazionale. L'atteggiamento indiano è diverso, più prudente, come tradizionale alleato americano l'India non vuole urtare la suscettibilità americana e cerca quindi di aggirare il problema trovando metodi alternativi di pagamento, che non possano violare le sanzioni. Si tratta di equilibrismi diplomatico finanziari, ma che possono contare sull'impossibilità da parte di Washington di rompere con l'India, alleato chiave nella questione pachistana. Sul lato della produzione mondiale di greggio gli USA hanno ottenuto rassicurazioni dall'Arabia Saudita, sull'incremento della produzione per compensare le quantità soggette ad embargo ed evitare così catastrofiche ricadute sui prezzi del petrolio, ma si capisce che se l'Iran abbassasse i prezzi in maniera considerevole ci sarebbe la corsa al mercato nero del petrolio di Teheran, vanificando così le sanzioni pensate da Washington.
Nel contempo la lotta sotterranea contro il nucleare iraniano si alza di livello a causa dell'ultimo attentato in cui è rimasto vittima uno scienziato nucleare della Repubblica islamica. I contendenti, essenzialmente tre: Iran, USA ed Israele stanno facendo un gioco sempre più pericoloso, che rischia di portare a situazioni di non ritorno e la sempre presente minaccia del blocco navale dello stretto di Hormuz mantiene alta la temperatura. D'altro canto l'aumento della tensione significa che i servizi segreti israeliani ed americani ritengono che i progressi iraniani sul nucleare siano stati consistenti ed anche l'intensificazione dell'azione diplomatica rende l'idea della preoccupazione che si respira. Difficile fare previsioni a lungo termine, il difficile equilibrio rischia di rompersi ormai per un nulla e questo significa doversi prepare a scenari molto difficili.
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