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giovedì 22 marzo 2012
La necessità di un risveglio della sinistra in Europa
Mentre negli scorsi giorni i leader dei tre principali partiti progressisti di Francia, Germania ed Italia, si sono riuniti per fare promessa sostegno reciproco, praticando una strategia comune, sia nell'ambito elettorale all'interno dei singoli paesi, che nella più ampia platea continentale, non si può fare a meno di riflettere sul comportamento dei movimenti di quella che una volta era definita sinistra politica. Una delle eredità degli anni ottanta dello scorso secolo, caratterizzati dalla spinta liberista i cui effetti negativi sono alla base delle crisi economiche attuali, è stato lo stravolgimento ideologico dei partiti che tradizionalmente rappresentavano i ceti dei lavoratori, sopratutto subordinati, in una rincorsa ad una trasversalità che non ha potuto che nuocere alla originaria idea fondativa di questi movimenti. Perso il contatto, anche storico e materiale, con la base ideologica che assicurava l'ancoraggio all'autenticità della propria missione, i partiti di sinistra hanno subito una trasformazione irreale, che ne ha determinato il distacco da quel mondo reale da dove provenivano le idee ed i valori che ne costituivano l'aspetto sia fondativo che evolutivo, perdendo così la vera e propria ragione di essere. Venutosi a determinare questo stato di cose i movimenti progressisti sono più spesso andati incontro a sconfitte che a successi, che però, non sono riuscite ad insegnare nulla a dirigenti con idee ormai inquinate. Uno degli errori più rilevanti è stato quello di rincorrere chi abitualmente stava dall'altra parte della barricata ideologica, dando per scontato l'appoggio di chi fino ad allora aveva costituito la base fedele del serbatoio elettorale. Questa rincorsa è avvenuta con aperture particolarmente generose a politiche che hanno generato perdite effettive sia di diritti che economiche, a quelle parti sociali che più si identificavano nella ragione stessa di esistere dei partiti progressisti. Ciò ha determinato una emorragia elettorale nei consensi che sono transitati verso formazioni di carattere locale o sono andate ad ingrossare le percentuali di non votanti o astenuti. Il guadagno di consensi dai ceti tradizionalmente non inquadrabili nei partiti di sinistra non ha compensato la perdita di cui sopra ed in generale la sinistra europea, tranne poche eccezioni temporali, non ha ricoperto posizioni di governo. Ma questo succedeva in condizioni economiche, che potevano essere difficili ma non di crisi generale e che gli strumenti degli stati, anche se governati da destra, potevano tamponare senza mai costringere la società a provvedimenti di urgenza. Già con l'avvento della globalizzazione il collante sociale che permetteva uno stato di relativa pace tra le diverse componenti della società ha portato ad affievolirsi le condizioni economiche dei ceti più deboli, ma con la crisi conclamata degli ultimi tempi, la coesione sociale ha subito una pericolosa incrinatura, mettendo in risalto le estreme ineguaglianze che si sono venute a creare. Questo elemento, di estrema pericolosità per la tenuta delle società occidentali, deve essere il punto di partenza per una nuova politica delle formazioni che si richiamano ai principi progressisti, che devono, per prima cosa arginare le politiche ultra liberiste che si nascondono dietro provvedimenti spacciati per risolutivi per le crisi che stiamo attraversando. I governi europei in carica enfatizzano lo scontro generazionale del lavoro, per arrivare ad un impoverimento dei più anziani scambiato con salari da fame, al posto della disoccupazione, per i più giovani. Se i partiti di sinistra avvallano queste politiche dichiarano il loro suicidio, regalando le competizioni elettorali agli avversari per abbandono della partita. Mai come ora, almeno nella storia recente, la sinistra ha l'occasione per rifare sue lotte politiche basate sui suoi principi costitutivi ed insieme rilanciare le economie occidentali nel rispetto del lavoro. L'esigenza di politiche fiscali più eque non può che coincidere anche con le esigenze di un mercato basato sulla reale produzione e non alterato da falsi valori finanziari non più ammissibili. Se l'incontro a tre dei giorni scorsi partirà da queste premesse, mettendo in conto anche sconfitte necessarie a riformare quel sostrato necessario alla ripresa necessaria della politica, non potranno che trarne vantaggio anche i partiti avversari, stimolati a produrre nuove idee e soluzioni, viceversa quello che permarrà sarà una stagnazione uniformata di basso livello, che decreterà una sempre maggiore subalternità dell'Europa.
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