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mercoledì 28 marzo 2012
La Tunisia non metterà la Sharia nella Costituzione
La Tunisia fa ancora da battistrada al mondo arabo. Dopo che la sua rivoluzione inaugurò la primavera araba, ora lo stato tunisino si sforza di presentarsi al mondo intero come laico, omettendo dalla nascente costituzione la tanto temuta citazione della Sharia. Tuttavia nel paese esistono profondi contrasti circa l'argomento, la crescente visibilità dei salafiti, minoranza religiosa che appoggia il governo, ha portato a crescenti differenze di vedute con i modernisti, che spingono per uno stato più laico, capace di affrontare i reali problemi del paese. In realtà il problema della Sharia è ritenuta da molta parte dell'opinione pubblica una falsa questione, giacchè la Tunisia già nell'articolo uno della Costituzione afferma che la religione dello stato è l'Islam. Quella della Sharia sarebbe una argomentazione per nascondere alla società civile le difficoltà dell'economia e la sempre più crescente disoccupazione. Ciò non è del tutto vero giacchè il programma di crescita economica del paese, che prevede un balzo del 4% ritenuto dai più troppo ottimistico, si basa maggiormente sul turismo. Diventa così essenziale arginare gli eccessi dei comportamenti da parte degli estremisti religiosi in nome di un pragmatismo sia politico, in grado cioè di presentare un paese moderno e non arroccato su posizioni troppo fondamentaliste, sia economico, per non deprimere il settore considerato trainante per l'economia, bollando come sconvenienti comportamenti, ormai quasi universalmente accettati, in special modo in paesi votati al turismo. Resta il fatto che, contrariamente ad altri paesi attraversati dalla primavera araba, la Commissione costituente ha respinto, con 59 voti contro 12, l'espressa citazione della Sharia nella legge fondamentale del paese, questo fatto, al di la di ogni considerazione di carattere accessorio, rappresenta un indubbio fattore di modernismo perchè indirizza il paese verso una democrazia di tipo laico, non contaminata da elementi estremistici fino da quella legge a cui dovranno conformarsi tutte le altre disposizioni legali elaborate dal parlamento. Si tratta, appunto, di una posizione che se farà scuola nel mondo arabo, permetterà una migliore convivenza con l'occidente, pur nel rispetto della diversa fede religiosa e consentirà ai propri cittadini una vita meno condizionata dal fattore religioso estremista. Per i paesi del Mediterraneo, sopratutto quelli europei della sponda settentrionale, si tratta di avere come interlocutore un paese che cerca di porsi non come stato teocratico ma come interlocutore laico. Questo aspetto non era scontato, ed anzi dopo i risultati elettorali che davano la vittoria ai partiti islamici moderati, vi era qualche apprensione nelle cancellerie europee, che temevano di avere come dirimpettaio un novello stato degli Imam. Le implicazioni, che potranno derivare dalla votazione della Commissione costituente Tunisina, sugli altri stati della primavera araba sono difficili da prevedere, le altre nazioni che si sono sollevate nello scorso anno sono maggiormente condizionate da formazioni islamiche a tendenza non moderata, tuttavia sullo slancio di quanto avvenuto a Tunisi non è escluso che il fatto dia un impulso maggiore alle formazioni laiche presenti nei vari paesi coinvolti nella trasformazione della forma di stato, verso una organizzazione maggiormente sganciata da vincoli religiosi.
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