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mercoledì 28 marzo 2012
Le implicazioni della missione di Kofi Annan per la Siria
Mentre la Siria afferma di accettare il piano di Kofi Annan, che comprende un pacchetto in sei punti per le esigenze più immediate della popolazione, come un cessate il fuoco per permettere aiuti sanitari ed alimentari, allo stesso tempo respinge ogni iniziativa proposta dalla Lega Araba, in ragione della sospensione avvenuta in modo unilaterale di Damasco da questo organismo. La reazione siriana, invero scontata, rischia di aprire nuovi motivi di contrasto in un organismo già lacerato da profonde differenze. Va ricordato che la sospensione della Siria è avvenuta per il rifiuto di quest'ultima di di applicare, come promesso, un piano arabo per porre fine alla crisi. Questo contrasto rischia di diventare un punto forte della politica estera iraniana, ormai l'ultimo alleato di Assad. Un primo risultato è la partecipazione a Teheran dell'ex segretario delle Nazioni Unite, Kofi Annan, per un incontro con il governo iraniano sulla questione siriana. La necessità di Annan di incontrare i vertici dell'Iran, testimonia l'importanza della Repubblica Islamica, direttamente coinvolta nella questione e ridà visibilità ad una diplomazia appannata. L'occasione si presta, però, ad essere anche una cassa di risonanza dei soliti proclami iraniani contro gli USA, l'Europa e le monarchie arabe del Golfo, colpevoli di alimentare la rivolta contro Damasco e di praticare una politica anti iraniana. Alla base del viaggio dell'ex segretario dell'ONU vi è lo strappo sostanziale per le enormi differenze di vedute tra Iran e Turchia, che sulla Siria si trovano ormai su posizioni opposte; tuttavia è difficile che si riesca a colmare le differenze e fare rientrare in gioco la Lega Araba, proprio bloccata da questi contrasti, come organismo univoco. Per il momento tutti sembrano attendere l'esito della missione di Annan, che per altro ha già dato buoni risultati in Cina, ed ha aperto possibilità sulla variazione dell'atteggiamento russo. In questa fase anche gli USA e l'Europa stanno alla finestra, attendendo gli eventi. Devono restare in attesa, quindi, anche le monarchie del Golfo, prima fra tutte l'Arabia Saudita, che deve frenare la sua volontà di armare i ribelli siriani. Ma l'ipotesi non è scartata. Questa fase attendista da modo a tutti i contendenti di ripensare le proprie strategie ed una delle ragioni che hanno permesso che il piano di Annan venisse accettato, si sospetta che sia proprio l'esigenza di Assad di riorganizzarsi in vista del possibile annientamento della ribellione. Il Presidente siriano, d'altro canto, non ha soluzioni alternative, la sua permanenza al potere è possibile soltanto cancellando l'opposizione presente sul territorio e questa tregua conviene più a lui che ad altri proprio per elaborare una strategia definitiva. Se le esigenze geopolitiche Russe continueranno a considerare Damasco uno dei propri cardini strategici, per Assad potrebbero esserci ancora delle possibilità di rimanere al comando della Siria, viceversa, anche in ragione del mutato atteggiamento cinese, la sola alleanza con l'Iran non basterebbe a mantenerlo al potere. Quindi, se nell'immediato la missione di Annan, può portare benefici alla popolazione, in un'ottica di più lungo periodo, rischia di agevolare Assad, lasciando le ambizioni del popolo siriano di diventare una democrazia una vana speranza. Ma questo è il massimo che è riuscito a fare l'ONU bloccato dai veti incrociati nel Consiglio permanente, una prova in più della necessità più che urgente di una sua riforma.
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