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martedì 6 marzo 2012

Sull'economia la Cina è ad un bivio

La globalizzazione. che costituiva il punto di forza dell'economia cinese, riverbera i propri effetti negativi anche su Pechino. L'andamento negativo delle economie occidentali, che costituiscono il principale mercato di sbocco delle merci cinesi, costringe a rivedere le stime di crescita ribassando di mezzo punto, dall'8% al 7,5%, la crescita prevista. Viene così abbattuta la barriera psicologica del fatidico 8% di crescita, valore mantenuto fermo per tutto il decennio scorso. Mezzo punto in meno per un gigante come la Cina significa molto, Pechino dovrà rinunciare a progetti in vari campi e sopratutto potrebbe avere a che fare con una crescente protesta, fattore sociale che già preoccupa molto i dirigenti cinesi, tanto da avere stanziato ben 85 miliardi di euro, con un incremento dell'11,5% rispetto all'anno precedente, la somma da destinare alle forze di polizia per prevenire e contenere i disordini interni. Si stima che ogni giorno in Cina vi siano circa 246 rivolte, dovute, in maggior parte, sia alla corruzione dei funzionari sia alla grande diseguaglianza che la grande crescita economica ha generato. Una causa individuata dai vertici del Partito è di natura squisitamente economica ed è l'elevato tasso di inflazione, sintomo negativo comune alle economie di mercato occidentali, proprio per questo le intenzioni dei governanti cinesi sono di contenere entro il 4% l'inflazione cinese, grazie ad una scrupolosa politica che controlli rigidamente il livello dei prezzi giunta ad una offerta creditizia mirata. Ciò dovrebbe scongiurare crisi di tipo finanziario, anche grazie alla volontà di mantenere stabile il tasso di cambio ed il contenimento del costo degli immobili. Questa ultima azione è necessaria per coprire due fronti: evitare le bolle speculative di tipo immobiliare e soddisfare la richiesta della popolazione, tema che è stato spesso fonte di proteste e manifestazioni. Il governo centrale ha finalmente riconosciuto anche il problema delle amministrazioni locali, che spesso con la loro cattiva gestione sono fonte di instabilità sociale, che può creare pericolosi e potenziali contagi dalla periferia al centro dell'impero, anche perchè il fenomeno della corruzione degli organismi locali è strettamente connesso con l'elevato debito pubblico relativo proprio alle amministrazioni locali. Su questo tema si innescano a loro volta tematiche che riguardano i dati finanziari cinesi nel loro complesso, in quanto il centro scarica sulle realtà locali il debito pubblico relativo alla massiccia costruzione di infrastrutture, che ha caratterizzato pesantemente il PIL generale. Le commesse della gestione delle infrastrutture generano corruzione a cascata andando a chiudere il cerchio del problema generale che affligge sia lo stato nel suo complesso, sia la preoccupazione per le rivolte e la stabilità sociale degli organismi centrali. Proprio per questi motivi Pechino ha dichiarato di aumentare l'attività ispettiva presso le amministrazioni locali per combattere e prevenire la dilagante corruzione. In ogni caso il problema del debito è stimato a circa 1.300 miliardi di euro frazionati nelle varie amministrazioni che gestiscono l'immenso territorio cinese, è un problema che prima o poi Pechino dovrà affrontare perchè altera i valori fondamentali dell'economia cinese, sui quali rischia di avere un impatto devastante. Tutti questi fattori nel loro complesso segnalano che per l'economia cinese è forse arrivato un momento cruciale, quello di ridurre la partecipazione dello stato nelle imprese. Secondo diversi economisti soltanto immettendo dentro al sistema forti dosi di economia di mercato, con l'aumento della concorrenza e del mercato interno, la Cina potrà riprendere la crescita a due zeri. Tuttavia tali scelte non potranno essere compiute se non in un quadro di maggiore libertà politica, necessaria a fornire gli spazi di manovra necessari per questo indirizzo. Al riguardo l'apparato cinese non appare ancora pronto a lasciare quote di potere e ad allentare il controllo ferreo sulla società, per questo motivo la Cina rischia una sorta di una transizione incompiuta a grande paese industriale, senza il riconoscimento dei diritti civili e sindacali prevedere una maggiore liberalizzazione dell'economia è soltanto un'ipotesi di scuola che non arriverà mai a compimento.

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