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giovedì 23 agosto 2012

L'India alle prese con l'intolleranza

L'India è attraversata da profondi sentimenti di intolleranza. Nella capitale economica del paese, Mumbai, più di 50.000 persone, hanno aderito alla manifestazione del partito nazionalista contro l'afflusso di emigrati provenienti dal Bangladesh. Sebbene il tutto si sia svolto senza incidenti di rilievo, la questione, che si incentra sia su motivi economici, che religiosi, gli emigrati del Bangladesh sono per lo più musulmani, la manifestazione è il sintomo di un disagio palpabile nella società indiana, dove la forte emigrazione richiamata dal miracolo economico indiano, viene avvertita sempre più spesso come minaccia alla stabilità nazionale. La questione religiosa riveste poi particolare importanza, a seguito delle continue manifestazioni che i musulmani stanno facendo nel paese e che sono poi spesso degenerate in atti di violenza. I nazionalisti indù vedono, dietro questi avvenimenti, l'ispirazione da parte del Pakistan, stato musulmano, tradizionale nemico dell'India con cui i rapporti, dopo una fase che sembrava di distensione, sono tornati ad essere tesi. Difficile dire se questa teoria possa corrispondere al vero, ma risulta comunque essere un buon argomento per l'attivismo del partito nazionalista, capace di aggregare intorno alle proprie idee, masse di scontenti. Questa strategia, peraltro ha provocato tensioni rilevanti in tutta l'India, che hanno provocato più di 80 morti e la fuga di più di 40.000 persone di religione musulmana, dai territori a maggioranza indù. Uno dei temi centrali è la proprietà della terra, che i leader indù ritengono intollerabile diventi di proprietà dei musulmani, perchè altererebbe l'identità stessa del paese. Per l'India si tratta di un grosso problema da affrontare in un periodo segnato da profonde trasformazioni, sia economiche, che sociali. Il paese è condizionato dai grandi contrasti dai quali è contrassegnato, benchè sia presente un ritmo di crescita con valori molto alti, tali da provocare preoccupazione in Cina, la ricchezza resta concentrata nelle mani di pochi ed il tasso di povertà ed indigenza, uno dei più alti al mondo, sopratutto per quanto riguarda la povertà infantile, non accenna a scendere. Inoltre le riforme dei governi recenti, che sono state tese a cambiare la struttura sociale delle caste, pur promulgate non hanno ancora attecchito in maniera incisiva in un tessuto sociale che non riesce ad uscire da usi e costumi atavici. In questo quadro, per il partito nazionalista risulta facile intercettare
lo scontento generale ed indirizzarlo verso gli emigrati musulmani, replicando un quadro già ben sperimentato nelle democrazie occidentali. Tuttavia la scarsa penetrazione delle strutture politiche nella società indiana, non mette al riparo la protezione dei diritti elementari, spesso calpestati da manifestazioni popolari violente.
E' uno scenario che non può permettere all'India quel salto economico che i suoi governanti rincorrono e che non consente al paese quella competizione, spesso cercata con la Cina, che, pur tra mille contraddizioni, sfrutta la sua maggiore organizzazione sociale e sopratutto il ferreo controllo sul paese.



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