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lunedì 24 settembre 2012

La triste evoluzione della Tunisia

In Tunisia, la nazione che ha inaugurato le primavere arabe, si respira una situazione di profondo disagio in gran parte della società civile. Le aspirazioni, che avevano mosso la rivolta contro il dittatore Ben Ali, partivano dalla necessità di instaurare uno stato fondato sui diritti civili, che attraverso questa trasformazione, favorisse la crescita economica della gran parte di popolazione, gravata da difficoltà oggettive di povertà. La velocità dell'affermazione della rivoluzione giunta alla caratteristica di essere stata la meno sanguinosa, non potevano che fare sperare, anche agli osservatori internazionali, un successo del processo che veniva stato intrapreso e di cui la cacciata del presidente tunisino era considerata soltanto il primo passo. Tuttavia l'affermazione alla consultazione elettorale da parte dei movimenti islamisti aveva già generato notevoli dubbi sul nuovo indirizzo del paese, specialmente tra i componenti delle forze laiche, quelle che si erano impegnate maggiormente nella rivolta contro la dittatura. L'instaurazione al governo di forze confessionali di matrice islamista ha favorito la sempre maggiore influenza di gruppi estremisti, come i salafiti, che pur essendo numericamente esigui, sono composti da persone fortemente indottrinate e motivate ad affermare la necessità dell'applicazione della legge coranica, anche attraverso mezzi violenti. Questi gruppi hanno iniziato una occupazione strategica e sistematica dei luoghi di studio, individuati come il terreno più fertile per fare attecchire le proprie idee, grazie alla presenza di giovani sempre più ben disposti verso un islam inteso come elemento distintivo della società araba, capace di esserne allo stesso tempo, fattore identitario ed unificatore e profondamente contrario ad una politica laica sempre più confusa con i sistemi politici occidentali. Questa considerazione pone, però, degli interrogativi sulla reale convinzione dell'intera popolazione tunisina all'adesione della rivoluzione ed alla effettiva condivisione dei valori che sembravano averla mossa. Infatti nelle istanze che parevano avere provocato la prima delle primavere arabe, l'aspetto religioso pareva del tutto assente e le tante analisi che si erano effettuate vertevano su motivi che dalle rivendicazioni economiche si ampliavano al tema dei diritti civili e politici. L'inatteso risultato elettorale aveva, invece, svelato una tendenza inaspettata, sia nei commentatori internazionali, che negli stessi organizzatori della rivolta, sopraffatti dall'affermazione dei partiti confessionali. E' stato un errore fondamentale, che si è poi ripetuto anche nelle valutazioni delle cancellerie occidentali, anche riguardo alle primavere arabe che sono seguite e che si sono evolute secondo uno schema analogo. E' da rilevare, comunque, che tali tendenze non sono state immuni da influenze straniere, con stati islamici sovrani, impegnati a finanziare direttamente questi movimenti estremisti per favorire l'affermazione di un radicalismo che possa impedire, quello che loro considerano una possibile deriva occidentale. In Tunisia si imputa, infatti, ai fondi provenienti dall'Arabia Saudita la causa principale della crescita degli islamici radicali. Se ciò fosse vero, si rivelerebbe da parte di Riyad un comportamento non troppo leale con il suo principale alleato, gli USA, sempre più vittima delle manifestazioni contro l'occidente e svelerebbe un tentativo di colonizzazione culturale e religiosa sulle nazioni da poco liberate da sistemi dittatoriali della sponda sud del Mediterraneo. Ma per la Tunisia, vera o falsa che sia la presunta influenza dei sauditi, il pericolo di scivolare verso una dittatura di tipo diverso è sempre più concreta; nonostante la dittatura vi era comunque una convivenza pacifica tra le diverse tendenze politiche e sopratutto religiose, uno stato di fatto che sembrava l'esatto punto di partenza per lo sviluppo di una democrazia libera da condizionamenti e che ora è messo in seria difficoltà dalla mancanza di una visione islamica mitigata dai suoi aspetti più duri, incapace di conciliare la religione con la democrazia e con il rispetto di chi non rientra in quella cerchia. Per l'occidente la situazione tunisina rappresenta la delusione più grossa, perchè il paese sembrava maggiormente libero dai condizionamenti religiosi, che si erano preventivati in Egitto e Yemen o dalla rigida divisione tribale presente in Libia. Ma ciò costituisce una lezione che difficilmente non avrà ripercussioni in termini di diffidenza verso tutti quei paesi dove i partiti islamici, anche i più moderati, sono al potere: e così il solco tra i due mondi sarà sempre più profondo.

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