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mercoledì 5 settembre 2012

Nei mari orientali sarà in discussione la libertà di navigazione?

La questione della navigabilità dei mari intorno alla Cina resta prepotentemente di attualità. L'argomento risulta essere sempre più centrale ed al centro di trattative e movimenti diplomatici, che impegnano in prima persona i massimi vertici delle maggiori potenze: Cina ed USA. Le centralità strategiche del Mare Cinese Orientale, del Mare Cinese Meridionale, del Mar Giallo e del Mare del Giappone, rappresentano una rete fondamentale per il passaggio delle merci che giustifica tale attenzione, sopratutto in relazione alle sempre crescenti dispute che si stanno sviluppando per il possesso di gruppi di isole presenti nei diversi mari, per lo più disabitate, ma decisive in quanto ad importanza logistica. Questi contrasti, oltre a svilupparsi tra potenze non alleate, se non praticamente nemiche, si sono evolute anche tra nazioni abitualmente in buoni rapporti, come Giappone e Corea del Sud, innalzando il livello di preoccupazione della diplomazia americana. Le possibili situazioni che possono evolversi, rischiano di andare verso pericolosi sviluppi, capaci di minare l'equilibrio di una regione al centro dell'economia manifatturiera del mondo. La Cina rivendica la sovranità su tutto il Mar Cinese Meridionale, comprese le zone vicino alle coste dei paesi della regione, Vietnam, Filippine, Brunei e Malesia in particolare. Un conflitto, anche parziale, potrebbe avere conseguenze devastanti sul commercio mondiale, andando ad aggravare direttamente, come elemento di disturbo determinante sull'economia del pianeta. In questo quadro preoccupante, il Segretario di Stato statunitense Hillary Clinton ha intrapreso una serie di incontri con i paesi del sud-est asiatico per evitare un ultriore sviluppo delle controversie regionali. La missione diplomatica può essere interpretata come una risposta all'atteggiamento cinese che ha denotato chiaramente le crescenti velleità cinesi. La questione della navigabilità dei mari intorno alla Cina resta prepotentemente di attualità. L'argomento risulta essere sempre più centrale ed al centro di trattative e movimenti diplomatici, che impegnano in prima persona i massimi vertici delle maggiori potenze: Cina ed USA. Le centralità strategiche del Mare Cinese Orientale, del Mare Cinese Meridionale, del Mar Giallo e del Mare del Giappone, rappresentano una rete fondamentale per il passaggio delle merci che giustifica tale attenzione, sopratutto in relazione alle sempre crescenti dispute che si stanno sviluppando per il possesso di gruppi di isole presenti nei diversi mari, per lo più disabitate, ma decisive in quanto ad importanza logistica. Questi contrasti, oltre a svilupparsi tra potenze non alleate, se non praticamente nemiche, si sono evolute anche tra nazioni abitualmente in buoni rapporti, come Giappone e Corea del Sud, innalzando il livello di preoccupazione della diplomazia americana. Le possibile situazioni che possono evolversi, rischiano di andare verso pericolosi sviluppi, capaci di minare l'equilibrio di una regione al centro dell'economia manifatturiera del mondo. La Cina rivendica la sovranità su tutto il Mar Cinese Meridionale, comprese le zone vicino alle coste dei paesi della regione, Vietnam, Filippine, Brunei e Malesia. Un conflitto, anche parziale, potrebbe avere conseguenze devastanti sul commercio mondiale, andando ad aggravare direttamente, come elemento di disturbo, sulla situazione economica generale, con un impatto fortemente negativo. Per evitare un pericoloso deterioramento della situazione, il capo della diplomazia USA, Hillary Clinton, ha intrapreso una serie di negoziati con i paesi del sud-est asiatico; questa azione è stata letta da più parti come la risposta USA alle crescenti ambizioni cinesi sulle rotte marittime regionali. Il Segretario di stato americano ha dichiarato che: "Noi crediamo che sia nell'interesse comune della Cina e l'Associazione del Sud-Est asiatico (ASEAN) ha avviato un processo diplomatico per l'obiettivo comune di un codice di condotta". La frase, pronunciata a Pechino, indica bene quale via intendano seguire gli Stati Uniti: intensificare l'azione diplomatica per mantenere la libertà della navigazione mercantile e nello stesso tempo, impedire favorire i legami dei paesi all'interno dell'ASEAN, per scoraggiare i ripetuti tentativi che i cinesi hanno fatto per inserirsi tra i paesi membri dell'associazione, divisi da dispute interne. Per Pechino una ASEAN divisa, significa anche indebolita e quindi un avversario più malleabile, che al contempo diventerebbe un alleato americano indebolito. Questa tattica è chiara ad entrambi i contendenti, che stanno vivendo un momento di raffreddamento diplomatico evidente e che le parole di circostanza del Presidente cinese Hu Jintao, che ha accolto con favore gli sforzi della Clinton per fare avanzare le relazioni sino-americane, non possono smentire. La situazione, quindi è in uno stato di evoluzione contraddistinto da profonda incertezza, tuttavia, ameno di iniziative unilaterali eclatanti di qualche paese della regione, una soluzione più definitiva è rimandata alla fase successiva ai passaggi di potere di cui USA e Cina saranno oggetto nei prossimi periodi.

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