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martedì 16 ottobre 2012
Anche il Portogallo colpito dalle misure anticrisi
Anche il Portogallo entra nella fase acuta della difficoltà per la crisi finanziaria. Il pesante passivo di bilancio del paese lusitano obbliga l'esecutivo in carica, di orientamento conservatore, ad agire nei modi consueti con i quali i governi dei paesi del sud europa hanno affrontato la questione e cioè un aumento generalizzato delle tasse che va a colpire i redditi bassi e medi, accompagnato da un drastico taglio del sistema del welfare. Questo schema è, ad oggi, il tratto comune che distingue più di tutti, l'appartenenza all'Unione Europea dei paesi colpiti dalla crisi economica. Si tratta di un insieme di riforme finanziarie che hanno come scopo la riduzione del debito dello stato, andando a colpire la parte del tessuto sociale che vive di salari e pensioni, che vedono ridotto il loro potere d'acquisto e contemporaneamente diminuite le prestazioni socio assistenziali, per le quali pagherebbero le tasse. L'esecutivo di Lisbona, oltre al problema materiale del debito pubblico, ha un problema di scarso gradimento nei sondaggi, che spera di risollevare tramite il recupero del gradimento all'estero ed in special modo negli apparati comunitari, dove, per essere apprezzato, deve mantenere una linea di profondo rigore, tralasciando le ovvie conseguenze sociali. Passos Coelho, il capo del governo portoghese, ha affermato che non devierà dalla linea intrapresa per sanare il bilancio dello stato, restando indifferente alle critiche di chi, come l'ex Presidente della Repubblica Jorge Sampaio, ha intravisto nelle misure decise, un pericolo per l'ordinamento democratico, messo a dura prova da una austerità senza speranza. Dello stesso avviso anche il Presidente in carica, Aníbal Cavaco Silva, che non ritiene giusto perseguire a tutti i costi l'obiettivo della copertura del disavanzo. L'opposizione di sinistra, pur concordando sulla necessità dell'abbattimento del debito, non è d'accordo sui modi e sui tempi, in quest'ottica si inquadra la proposta di rinegoziare i termini del debito sovrano o, in alternativa, cambiare la durata degli interventi, per potere dilazionare i sacrifici imposti alla popolazione. Tuttavia anche l'esecutivo lusitano non vede il pericolo derivante dalla compressione del potere di acquisto, che va ad incidere, inevitabilmente, sia sulla circolazione di denaro e quindi sulla vendita delle merci, sia sul conseguente minore introito derivante dalla tassazione indiretta. Anche il Portogallo dovrà affrontare, come già Grecia, Spagna ed Italia, una diminuzione dei consumi che contrasta con i propositi di crescita che la riduzione del debito dovrebbe innescare. Risulta stupefacente come si continui ad applicare medesime ricette che portano ad eguali riscontri, senza apportare alcuna variazione capace di cambiare i risultati. Anche se non si vuole tenere conto della profonda ingiustizia sociale consistente nel fare pagare soltanto ad una determinata parte del tessuto della società, che è anche la meno colpevole, la responsabilità del debito accumulato, questa strategia, è ormai provato che non paga, perchè provoca una enorme contrazione della spesa, che provoca una decrescita economica, fenomeno che va nella direzione opposta di quello attraverso il quale si vorrebbe risollevare l'economia. I provvedimenti intrapresi dal governo del Portogallo hanno già scatenato manifestazioni e scioperi ed altri ne sono attesi e sono in preparazione, tutto il paese è attraversato da sentimenti contrari alle disposizioni decise, Lisbona si affianca quindi ad Atene, Madrid e Roma nel deterioramento della pace e della coesione sociale, facendo percepire l'Unione Europea e la Germania come i nuovi nemici delle popolazioni degli stati dell'Europa del sud: un sentimento sempre più diffuso e pericoloso.
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